È buona creanza in genere ammettere il beneficio del dubbio, anche se in qualche caso specifico non pare ci siano le condizioni. Questo è uno di quei casi.
Parliamo degli Stati Generali dell’Economia indetti a sorpresa dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ancora in corso di svolgimento.
Il dubbio è il seguente: era inconsapevole l’ideatore di questa kermesse o non lo era nel prefigurare una riedizione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni di mussoliniana memoria?
Nel primo caso, dovremmo riflettere attentamente sull’attentato al sistema democratico parlamentare realizzato con tale iniziativa.
Nel secondo caso, dovremmo solo parlare di ignoranza storica. I segnali di questo fenomeno (anche di ignoranza geografica), i nostri governanti ne forniscono spesso e volentieri.
Eppure…
Eppure, il ruolo del Parlamento viene da tempo costantemente e con metodo ignorato (qualcuno direbbe negato) dal Presidente Conte che preferisce proclami televisivi, conferenze stampa in stile Eliseo, Casa Bianca o Downing Street, kermesse a porte chiuse al democratico e costituzionale confronto parlamentare.
Ecco, allora, che l’iniziativa degli Stati Generali dell’Economia ricordano nella loro formulazione e nel loro svolgimento proprio quell’istituzione pre-repubblicana, voluta da Benito Mussolini alla vigilia della seconda Guerra Mondiale, nel 1939, e che costituiva un simulacro di organo legislativo poiché svuotato di fatto di ogni potere e funzione effettiva dalla produzione normativa per decreti della Presidenza del Consiglio.
La nostra Costituzione conserva traccia del tentativo e della volontà di coinvolgere i soggetti interessati nella formulazione di politiche economiche e sociali nel CNEL (Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro), la cui funzione peraltro non si è mai manifestata e di cui è ormai ampiamente riconosciuta l’inutilità tanto da ritenersi doverosa e non solo opportuna l’abolizione.
La sede deputata per definire e decidere le politiche in materia di economia è il Parlamento che ha strumenti idonei, conoscitivi e deliberativi, per farlo come conseguenza di un processo di confronto democratico, trasparente e, se ben gestito, anche efficace.
Ogni tentativo per ignorarne la funzione storica e costituzionale del Parlamento e sostituirla con procedimenti o iniziative direttive o di mera rappresentazione mediatica ha il sapore di vecchie memorie, che ciò sia consapevole o frutto dell’ignoranza.
Ne facciamo una questione di metodo e una di sostanza.
La questione di metodo: gli incontri avvengono a porte chiuse (solo qualche ripresa televisiva e qualche foto per la cronaca), nulla si sa di quel che viene detto se non per le sintesi per la stampa elargite dal portavoce presidenziale.
La questione di sostanza: il “dialogo” diretto, punto a punto si direbbe, tra Governo e attori sociali, privo di interazioni strategiche tra gli stessi attori, ha un precedente inquietante.
Nella cultura politica fascista il conflitto di classe, in particolare il conflitto capitale/lavoro, non aveva ragione di esistere e pertanto i vari attori del sistema economico e sociale, le Corporazioni interclassiste, appunto, avevano il dovere di collaborare per la tenuta del sistema medesimo.
Se si vuole riesumare la Camera delle Corporazioni (lasciamo pure stare i Fasci, al momento) lo si dica. Altrimenti si torni in Parlamento e si lavori per ricostruirne la centralità che è fondamento di ogni sistema politico democratico.
Ma il PD non ha proprio niente da dire?
Pepito Sbazzeguti
(venerdì 19 giugno 2020)