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Dopo il comizio di Catania, non voglio più pagare le imposte, né tantomeno il “pizzo” alla Rai

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Non sono prevenuto nei confronti della Meloni, e ritengo che sia sbagliato confondere le manifestazioni di una destra reazionaria con la violenza fisica e verbale del fascismo, con l’uso del potere esercitato con la violenza, senza il rispetto degli altri e senza l’accettazione del pluralismo culturale e politico.

Credo però che le forze politiche che siedono in Parlamento, di destra, di centro e di sinistra, non possano passare sotto silenzio o sottovalutare quanto è avvenuto venerdì. E lo dico perché credo che certi atteggiamenti, certi comportamenti autoritari e antidemocratici debbono essere combattuti subito.

E quando il servilismo viene elevato a regola, e si utilizzano gli strumenti pubblici per compiacere e creare un vantaggio a chi ha il potere protempore, si aprono scenari preoccupanti.  E questa regola vale sempre, a mio parere, sia che governi il centrosinistra o il centrodestra.

Ma quando platealmente, si dichiara di voler abbattere non l’egemonia culturale, ma l’egemonia di potere della sinistra, utilizzando e abusando  della sciagurata regola dello “spoil system”  (introdotta nella legislazione italiana da un opportunista  che ha cambiato più partiti di mutande), bisogna essere ancor più corretti maneggiando le leve del potere, di cui evidentemente la Rai è parte rilevante e importante per chi governa.

Trovo vergognosa e antidemocratica, in violazione del pluralismo politico e della correttezza di informazione, che la Rai, attraverso Rai News24, abbia trasmesso in diretta, badate, in diretta, il comizio del centrodestra per le elezioni di Catania. Un comizio elettorale in diretta Rai non l’avevo mai visto!

Una manifestazione di servilismo e di prepotenza politica di cui è responsabile l’amministratore delegato della Rai e chi (il Presidente del Consiglio dei Ministri) non ha sentito il dovere istituzionale di rifiutare questo abuso di potere.

In un sistema democratico e pluralista, i lecchini smaccati vengono derisi, attaccati, e loro stessi sono portati a provare vergogna; oggi, invece, i lecchini se ne vantano e il leccaculismo è garanzia di carriera, di potere e di soldi. Una volta, anche l’oggetto del lecchinaggio provava una sorta di pudore, di ritrosia, di fastidio, oggi si sente gratificato e omaggiato.

E questo è un primo fatto a riprova che il confine tra democrazia e democratura non è definito una volta per tutte e che gli sconfinamenti, temporanei, quando non sono ostacolati a dovere,  portano ad abituarsi a ad andare oltre le regole,  in una terra pericolosa per il Paese.

Per esempio, ripeto qui, ancora una volta, che non è compito del governo,  né tantomeno del Presidente del Consiglio, proporre, o avviare confronti sulle riforme costituzionali: in questo modo si violano le prerogative del Parlamento e le norme della Costituzione, che definiscono le materie di competenza dell’esecutivo e quelle di competenza delle assemblee elettive, in un sistema di democrazia rappresentativa come la nostra.

Ma il lecchinaggio obbediente della Rai è parte di una operazione ancora più grave, squallida, antistatale, espressione di strafottente disprezzo dello Stato che il Presidente del Consiglio dovrebbe rappresentare. Una violazione palese dei propri doveri istituzionali e un insulto ai diritti dei cittadini. Definire, nella foga di un comizio elettorale ripreso dalla televisione di stato, pubblica, le imposte ai piccoli commercianti un “pizzo di Stato” è l’espressione di una concezione antistatale propria di una cultura che ha fatto del “me ne frego” il suo motto. Aggiungere che il fisco se la prende  con il piccolo commerciante “solo perché deve fare la caccia al reddito, più che all’evasione fiscale” è di una inaudita gravità, anche per il messaggio che il Presidente del Consiglio lancia alla Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza. Associare le imposte al pizzo mafioso è di una irresponsabilità istituzionale gravissima. E di questo dovrebbe rispondere in Parlamento sia la Meloni, che coloro che erano al suo fianco sul palco, Salvini, Tajani e Lupi.

Una destra liberale, moderata o conservatrice  non potrebbe accettare un tale livello di becerata, anche se è alleata e siede nello stesso governo di una Presidente del Consiglio che non  ha idea del suo ruolo e si muove, spesso,  come il capo  di un partito reazionario, populista, che pesca nei sentimenti e nelle opinioni demagogiche, qualunquistiche e antistatali.

Mi auguro anche che gli intellettuali che sul “Corriere della Sera” ci spiegano che non bisogna guardare indietro, prendano posizione su due aspetti non secondari della convivenza democratica: la informazione e le imposte. Peraltro, dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio,  non voglio più pagare le imposte : perché devo essere più pirla dei piccoli commercianti di Catania?  Né tantomeno  voglio pagare  il “pizzo” alla Rai.

Siede in terra negletta e sconsolata,               

Nascondendo la faccia

Tra le ginocchia, e piange.

Piangi, che ben hai donde, Italia mia,

 (Leopardi, All’Italia, 1818)

Il Picchio

(domenica 28 maggio 2023)

1 thought on “Dopo il comizio di Catania, non voglio più pagare le imposte, né tantomeno il “pizzo” alla Rai”

  1. Renato Ferrari ha detto:
    Giugno 1, 2023 alle 11:30 am

    Poco a poco la nostra faccetta nera scopre il suo volto da ducetta . Una smorfietta di qua e una di là e via!

    Rispondi

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