Alcuni giornali e giornalisti si sono commossi di fronte alla Meloni che ha dichiarato, in occasione della manifestazione alla Camera, che Matteotti è stato ucciso da “squadristi fascisti”.
“Forse Meloni avrebbe potuto spendere qualche parola in più in questo senso, senza fermarsi soltanto alla versione pluriaffermata dalla storiografia fascista, secondo la quale, appunto, la faccia più feroce del sistema mussoliniano non era diretta responsabilità del Duce, ma dei suoi peggiori seguaci che lui era comunque costretto a coprire” scrive Marcello Sorgi su “La Stampa” (31 maggio 2024).
Meloni in questo caso non poteva dichiarare – come ha fatto tardivamente per la strage di Brescia – la sua condanna di “tutti i terrorismi”, dichiarazione ambigua ed equivoca di fronte a una strage di chiarissima matrice fascista. Vi è per di più da rilevare che Meloni è andata a Caivano in concomitanza con la presenza di Mattarella a Brescia: pura coincidenza? Disattenzione istituzionale? O calcolo preciso per sminuire il ricordo della strage fascista di Brescia e imbastire mediaticamente una campagna che oscurasse tutto il resto. E allora paginate e trasmissioni su chi bullizza, su chi affronta il bullo, sulla donna che non ha paura di nessuno, su chi è più duro, se il De Luca, o la Schlein o la Meloni, di fatto mettendo in secondo piano le ferme parole di condanna della strategia della tensione fascista pronunciate dal Presidente Mattarella a Brescia.
È a tutti noto, al di là della disinformazione e dei depistaggi tentati dalla dittatura fascista, che nella uccisione di Matteotti, vi era la responsabilità diretta del duce, che non aveva per niente gradito l’intervento di 72 minuti di Matteotti con la richiesta di invalidare le elezioni del 6 aprile 1924, svoltesi con la truffa della legge Acerbo, e in un clima di violenze, di intimidazioni, di brogli che imponevano l’annullamento del voto in ogni circoscrizione. Come scrive Mimmo Franzinelli in un bellissimo libro (“Matteotti e Mussolini: Vite parallele. Dal socialismo al delitto politico Mondadori editore): “Il lessico è rivelatore dell’analisi politica matteottiana. In quattro diversi passaggi, per definire i nuovi assetti politici utilizza la parola «regime»: «regime di violenza», «oppressione del nuovo regime», «esistenza del regime di violenza», «la politica, o per meglio dire il regime del governo fascista». Regime, rimarca il deputato, fondato sul «sistema della violenza»…
Il discorso di Matteotti ha steso un’ombra indelebile sulla prova elettorale e rovinato il successo di Mussolini. Vi è una seconda rilevante novità: il segretario del PSU ha unito social-massimalisti, social-unitari, comunisti, liberal-democratici amendoliani, repubblicani e sardisti; presentatisi alle elezioni divisi, si sono coalizzati alla Camera in un fronte antifascista che – pur minoritario numericamente – ha dominato la giornata parlamentare…
Rientrato al Viminale, a Giovanni Marinelli, che lo avvicina con espressione lugubre, Mussolini dice stizzito: «Cosa fa questa Ceka?!? e Dumini? Che fa?!? Quell’uomo, dopo quel discorso, non dovrebbe più circolare!!»… (Marinelli era il cassiere del partito nazionale fascista e della banda di Dumini, quella che uccise Matteotti)
Il discorso del 30 maggio è comunemente ritenuto l’ultimo intervento parlamentare di Matteotti. In realtà, nelle cinque sedute precedenti il suo assassinio (3-7 giugno) si registrano continui scontri tra lui e Mussolini…
L’operazione contro il segretario del PSU è dunque programmata, commissionata e finanziata con accuratezza. Come osserverà Renzo De Felice, essa non sarà «realizzata a caldo» come altri agguati a oppositori di Mussolini (Amendola, Forni, Misuri). Stavolta si tratta di ben altro: un’imboscata con modalità estreme.”
Tutti gli storici sono concordi nell’affermare che questo crimine ha mutato la storia d’Italia: alla Camera dei Deputati il 3 gennaio 1925, Mussolini rivendicò la violenza: “Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. (Vivissimi e reiterati applausi – Molte voci: Tutti con voi! Tutti con voi!) […] Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico, morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento a oggi.”
Ci vuole ben altro che una dichiarazione scontata per prendere le distanze dal fascismo, quando poi anche si frequentano i franchisti spagnoli di Vox: “Un continente stanco, sottomesso e coccolato che ha pensato di poter scambiare l’identità con l’ideologia, la libertà con la comodità, e che oggi paga inevitabilmente il prezzo delle sue scelte. Ma non tutto è perduto. Quando la storia chiama, quelli come noi non si tirano indietro. Non lo abbiamo fatto finora e non lo faremo, tanto meno adesso“. “Contrasteremo soprattutto chi, come la sinistra, accecato dal desiderio di cancellare le identità, intende usare Bruxelles per imporre la sua agenda globalista e nichilista, dove le nazioni sono ridotte a incidenti della storia, le persone a meri consumatori, dove multiculturalismo e relativismo etico sono spacciati come i pilastri necessari dell’integrazione europea”. Parole della Meloni, piene di retorica nazionalistica e di terminologia dannunziana-mussoliniana. E sarebbe bene che, con maggiore forza e determinazione, i liberali e i democratici del centrodestra prendano le distanze da un comiziaccio con Vox e con le destre reazionarie.
Il fascismo non è alle porte, ma i fascisti ci sono, in Italia e in Europa. Il ministro degli affari economici della Finlandia Wille Rydman, quando la fidanzata gli suggerì il nome ebraico Immanuel, tagliò corto: «Questa spazzatura non piace a noi nazisti». (Corriere della Sera 30 luglio 2023).
E che dire di quelli che invocano la necessità di fare politica, come se chiedere ai fascisti di condannare, senza equivoci, titubanze e furbizie, un ventennio di nefandezze, e di riconoscere la Resistenza, la Costituente e la Costituzione, non sia politica. Per anni costoro hanno chiesto, giustamente, ai comunisti di prendere le distanze dalla Unione Sovietica (vi ricordate il famoso “Fattore K” ?) , e adesso non si deve chiedere ai nostalgici di dissociarsi da un passato vergognoso, illiberale, antidemocratico, di dittatura, di servilismo allo straniero e di rottura dell’unità del Paese.
In verità, non abbiamo mai fatto i conti con il passato fascista, con le sue origini profonde nella storia d questo Paese. Il 2 giugno 1962 il Presidente della Repubblica Italiana, Antonio Segni, conferiva la medaglia d’oro “benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte” al Prof. Giacomo Acerbo, a cui si doveva la legge tanto contestata da Giacomo Matteotti.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(venerdì 31 maggio 2024)