La riforma Gelmini con cui nel 2011 è stata decisa la trasformazione degli Istituti d’Arte in Licei Artistici ha eliminato dal panorama scolastico italiano le scuole che avevano rappresentato per oltre un secolo il bacino dell’artigianato e la culla del Made in Italy.
I Licei Artistici che ne hanno preso il posto erano orientati all’aspetto creativo astratto del pensiero immaginativo, mentre gli ISA hanno dovuto rinunciare all’intelligenza pratica e alla manualità creativa e soprattutto alla specializzazione che ne veniva dal rapporto con il territorio. Piuttosto che puntare ad una rivalutazione della reputazione degli ISA sulla base della loro storia, la riforma aveva preteso di crearne una nuova con una operazione di facciata (il Liceo) che eliminava i loro caratteri specifici, giustificata da una progressiva riduzione della presenza dell’artigianato.
La riduzione delle ore di laboratorio; la despecializzazione dei docenti a seguito dell’abolizione della tabella D; il mancato adeguamento del contributo statale, basato semplicemente sul numero degli alunni senza alcun riferimento all’effettivo costo dei materiali necessari allo svolgimento delle attività pratiche; un incerto impiego delle tecniche informatiche, hanno creato degli ibridi privi di efficacia.
La riduzione del numero di alunni seguita alla crisi della natalità e un atteggiamento delle famiglie che ha teso a privilegiare l’iscrizione ad istituti privi di un adeguato bagaglio storico in favore di una generica modernità, fanno sentire in maniera maggiore i loro effetti sui Licei Artistici ex ISA. Il rapporto con le attività artigianali nei progetti di alternanza scuola-lavoro è stato reso più difficoltoso dai costi organizzativi e logistici impossibili da sostenere.
Eppure, questi Licei sono depositari di un enorme patrimonio culturale ed artistico che deve essere valorizzato. Per il primo occorre tenere presente che gli ISA ed in particolare quello di Penne sono stati bacino di crescita di esperienze artistiche e artigianali, svolte sia in ambito scolastico che privato, afferenti a più settori: decorazione pittorica, edilizia, ebanisteria, metalli, oreficeria, ceramica, tessitura, ricamo, che producevano manufatti di alta qualità destinati al mercato locale e nazionale e che sono ancora presenti nelle scuole anche se non catalogati in maniera completa.
Da alcuni degli ex ISA provengono generazioni di artisti che dopo il diploma avevano approfondito la formazione presso il Magistero in altre città entrando a contatto con altre esperienze e correnti artistiche e lasciando un segno. La riforma degli ISA avrebbe dovuto piuttosto favorire l’evoluzione dall’artigiano tradizionale o che operava per un mercato tradizionale ad un artigiano operante su progetto di varie categorie professionali o in rapporto con l’industria.
Questo patrimonio va conosciuto e valorizzato in modo da poterlo difendere e rendere disponibile, attraverso progetti di catalogazione da svolgere in collaborazione con le Accademie di Belle Arti perché la bellezza deve essere l’ideale a cui la formazione artistica deve tendere proponendo poi le modalità realizzative adeguate. Per quanto riguarda la didattica gli ISA praticavano già una pratica avanzata, tutoriale e laboratoriale, mentre oggi il vero rischio è che quella generazione di docenti e il suo bagaglio di conoscenze scompaia senza che sia stato possibile trasmetterlo. La disponibilità di strumenti e supporti informatici non deve essere intesa come specchietto per attrarre l’iscrizione degli studenti né demonizzata, immaginando ritorni ad un passato antistorico, ma come supporto di potenziamento del processo creativo presupposto dell’artigianato artistico.
La ricostruzione del rapporto con l’Artigianato deve tenere conto che se la presenza delle botteghe che costituivano l’ossatura produttiva dei paesi e delle città si è rarefatta, il saper fare artigiano è da un lato indispensabile per la realizzazione di prodotti a tiratura limitata o di nicchia e dall’altro elemento caratterizzante dell’originalità produttiva che accompagna l’industria dell’alto di gamma con la quale è indispensabile ricercare un rapporto. La formazione scolastica dei Licei Artistici, se da un lato deve puntare sulla sperimentazione dell’artigianalità già in rapporto con la scuola secondaria di primo grado coinvolgendo in particolare i docenti di discipline artistiche, potrà trovare completamento grazie all’attività di quelle istituzioni e imprese che forniscono borse di studio e percorsi professionalizzanti per l’inserimento di figure artigiane nelle botteghe e nelle stesse aziende. Inoltre, è necessario fornire le competenze per iniziative di autoimprenditorialità e stabilire rapporti con tutte le iniziative di imprenditorialità diffusa che pongono al centro lo sviluppo dell’artigianato. Certamente non giova che in Italia non esista una legge sull’artigianato artistico e che il DDL 2117 su questo tema giaccia ancora al Senato.
Fabrizio De Fabritiis
(martedì 6 giugno 2023)
Ciao Fabrizio: hai detto Penne e io leggevo Monza, la Brianza, Milano.
Carlo Mariani