Pensavo di non sentire più “Lei non sa chi sono io!”, ma una ruvida signora ha voluto far sapere che “è vicepresidente del Senato e a ottobre sarà Dottore in Scienze politiche”. Perbacco ! Non ho capito se la mamma ha lasciato la casa popolare che occupava senza averne più titolo. Ma queste sono briciole di onestà.
Pensavo anche che ci fosse o, per meglio dire, ci dovesse essere una certa distinzione tra ruolo politico e ruolo istituzionale: mi sbagliavo. Il ministro dell’Interno si è sarcasticamente dispiaciuto dei fischi a Macron, tanto per tenere dei buoni rapporti con la Francia. E ovviamente mettete anche nel conto una riunione impropria, promossa per far dimenticare il LegaRussia, nella sede impropria del Viminale, con presenze improprie (un senatore, già condannato a un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta, che diventa sottosegretario e poi viene revocato, ma, essendo il responsabile del programma della Lega e inventore di una “farlocca” flat tax, siede al posto del sottosegretario al Lavoro, che si sposta più in là).
Ma in tutto questo brilla l’assenza del primo ministro, che dovrebbe mettere in riga il Ministro dell’Interno da lui designato, e la compiacenza delle 40 sigle che hanno accettato un invito improprio, fuorviante, inopportuno e fuori luogo, sia nei tempi, che nei contenuti che nel luogo. Perché se Salvini era nelle vesti di vicepremier, la riunione doveva essere a Palazzo Chigi; se era nel ruolo di segretario della Lega (aspetto che sembra prevalente), doveva essere nella sede di via Bellerio, quella adiacente alla sede di “Lombardia Russia”. Di certo, non era una riunione da Ministero dell’Interno.
Fa una certa tenerezza il capogruppo del PD alla Camera che, dopo che Salvini ha detto che lui non perde tempo in Parlamento (tale apprezzamento per il Parlamento l’avevate già sentito? Non guardate indietro, è tutta roba nuova ), invita Salvini a “non scappare dal Parlamento”: dovrebbe sapere che il Nembo Kid della Padania rifugge dai giudici e dalle assemblee elettive. E allora perché – mi viene da chiedere al PD – non presentare una mozione di sfiducia, con cui stanare la maggioranza e una scomparsa Forza Italia (che sia andata in Russia?): per le motivazioni bastano le bugie sul LegaRussia e la riunione del Viminale.
Una delle funzioni dei partiti politici era e dovrebbe essere la formazione politico culturale dei propri iscritti, dei propri rappresentanti nelle istituzioni, anche attraverso una severa selezione della classe dirigente. Pensate che fa il sottosegretario agli Affari Esteri, un tal Manlio Di Stefano. È quello che per le 5S ha avuto più rapporti con “Russia Unita” (come testimoniano i libri di Jacopo Iacoboni “L’esperimento” e “L’esecuzione” EditoriLaterza). In 72 anni di vita della Repubblica, nessun sottosegretario agli Esteri si è mai permesso di affermare che gli italiani “non hanno scheletri nell’armadio, non abbiamo una tradizione coloniale, non abbiamo sganciato bombe su nessuno e non abbiamo messo il cappio al collo di nessuna economia”. Ma il fatto grave è che, dopo una simile dichiarazione, nessuno gli ha detto che era il caso se ne tornasse a casa a studiare.
Ora, salvo lodevoli eccezioni, siamo in presenza di un ceto politico che occupa le istituzioni senza avere una vaga idea della storia (vi ricordate la “millenaria democrazia francese” di Di Maio, e il genio Di Battista che confonde Austerlitz con Auschwitz?), dell’italiano (per Salvini “migrante è gerundio” da cui la battuta “Migrante è gerundio e Salvini è imperfetto”; l’”egidia” dell’Onu di Roberto Fico, che non voleva ricordare il nome di una traduttrice ma ha aggiunto una i a “egida”), della cultura scientifica e tecnologica (il Ministro in un comunicato attribuisce la tavola degli elementi al genetista Mendel anziché al chimico Mendeleev). Sarebbe bene che almeno la conoscenza della storia italiana dal 1945 in poi fosse patrimonio di chi fa politica. Mi viene il sospetto che il disprezzo per tutto quello che c’era prima, viene anche dalla rimozione di una imbarazzante ignoranza della storia recente.
Sia mai che qualcuno chieda loro di parlare di “Consulta nazionale”(5 aprile 1945 – 24 giugno 1946), di “Assemblea costituente” (25 giugno 1946-31 gennaio 1948) o di “Commissione per la Costituzione o dei 75” (15 luglio 1946- 1 febbraio 1947) o della ratifica (31 luglio 1947) del Trattato di Parigi (firmato il 10 febbraio 1947) e che entrò in vigore il 15 settembre 1947.
Ho citato il trattato di Parigi perché così forse il sottosegretario agli Esteri apprenderà che, con quell’atto, l’Italia rinunciò all’Albania (che era stata aggredita dall’Italia), alle isole del Dodecaneso, alla concessione di Tientsin (oggi Tianjin, Cina), alla Libia, alla Somalia Italiana, alla Eritrea, a Fiume, Zara, a parte dell’Istria e ad altre zone (81% del territorio della Venezia Giulia, disse De Gasperi) a favore della Jugoslavia, a comuni e a zone a favore della Francia; venne poi formato il “territorio libero di Trieste”, (risolto solo nel 1954 con la suddivisione del territorio tra Italia e Jugoslavia, e i cui confini sono stati sanciti in modo definitivo nel 1975) e venne preso atto della autonomia della Provincia di Bolzano, definita dal trattato De Gasperi-Gruber (allora Ministri degli Esteri dell’Italia e dell’Austria) stipulato il 5 settembre 1946.
Ci sembra quindi più che opportuno, diremmo necessario, d’ora in avanti, fornire sul “Migliorista” documenti e riflessioni su alcuni anni cruciali per la storia del nostro Paese.
““La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(lunedì 15 luglio 2019)