Leggo una dichiarazione del Ministro Franceschini: “Ho ricevuto molti appelli e attacchi. C’è molta preoccupazione. Sono franco: penso non si sia percepita la gravità della crisi, non si è capito a che punto siamo”. Sembra una denuncia di lesa maestà, e per questo è del tutto fuori luogo e inaccettabile: “state a casa e non rompete le scatole”. Fra l’altro, forse non è vera, ma appare plausibile, la voce che ci sia stato uno scambio tra Spadafora che acconsentiva di chiudere le palestre e le piscine, e Franceschini che accettava di chiudere i teatri. Il tutto nella logica che le palestre, le piscine, i teatro sono cosa loro
Noi sappiamo dove siamo, non posso dire che lo sappia il ministro; ancora oggi un suo collega ministro delle 5S ha dichiarato che il governo Conte non ricorrerà al MES: silenzio del PD. Non voglio qui affrontare i motivi per cui gli ospedali sono pieni, e perché non sono stati allestiti reparti separati covid o perché non sono stati approntati spazi (alberghi, pensioni, caserme, ecc.) per i positivi covid che devono stare in isolamento o perché non sono stati creati i reparti di terapia intensiva previsti, e potrei continuare.
Oggi sento il Presidente della Repubblica che ci ricorda che il nemico è il covid. Bene, lo sappiamo, ma, dopo 396 provvedimenti o atti monocratici dall’inizio della pandemia, se ce lo ricorda all’indomani del ventiduesimo dpcm che chiude teatri, cinema, sale da concerto e spettacoli all’aperto, non mi suona affatto bene. E per di più di fronte al fatto che anche con l’ultimo dpcm, non si è fatto nulla per creare una vera “concordia nazionale”, coinvolgendo il Parlamento e anche le opposizioni, per davvero. Il garante della Costituzione dovrebbe richiamare al rispetto delle norme della nostra democrazia parlamentare e delle libertà individuali sancite dalla Costituzione.
Parlo della libertà della cultura, dell’espressione artistica e culturale, delle libere attività artistiche. Se si chiudono le attività di “spettacolo”, senza nessuna evidenza scientifica, senza nessun dato che comprovi che gli utenti di teatri, cinema, sale da concerto, spettacoli dal vivo sono quelli che diffondono il morbo o sono uno dei principali focolai del virus, si compie un attentato alla libertà dei cittadini, dell’arte, della cultura. Nessuno, né Conte né Franceschini, hanno spiegato per quale concreta ragione, sanitaria, epidemiologica, si devono chiudere queste sale: sono posti controllati e controllabili, a differenza dei mezzi pubblici. E una limitazione delle libertà fondamentali, nello specifico, di espressioni artistiche e culturali, non può essere presa dal Governo, o da un atto monocratico del Presidente del Consiglio, ma solo dal Parlamento.
E come si fa ad accettare che i Presidenti di Regione dichiarino il “coprifuoco”? Ma siamo impazziti? Invece di controllare i focolai, (dicono che sia la movida), i Presidenti di Regione sospendono le libertà individuali, di spostarsi, di muoversi, liberamente (con gli strumenti di protezione sanitaria individuale)? Le libertà individuali possono essere limitate solo da un atto del Parlamento, con apposite e circostanziate motivazioni, limitate nel tempo e non prorogabili, se non con atto del Parlamento stesso.
Né il Presidente della Repubblica, né il Presidente del Consiglio, né i Presidenti di Regione possono compiere atti che spettano solo ed esclusivamente al Parlamento. La lotta alla pandemia non può essere fatta saltando a piè pari le regole di una democrazia costituzionale parlamentare. Se accettiamo tali violazioni, con la motivazione della lotta alla pandemia, cosa ci differenzia da uno stato autoritario? E qual è il limite a queste violazioni?
La cultura, di cui lo spettacolo dal vivo, è parte essenziale, è un bene tanto importante quanto delicato, che non può essere manipolato a piacimento. Forse non sono consapevoli, Conte e soci, della gravità dell’atto di chiusura dei teatri e degli spettacoli. Tale atto, lesivo della libertà della cultura, non impedirà, purtroppo, al virus di svilupparsi e non servirà neppure a nascondere l’impreparazione del governo nella organizzazione della struttura sanitaria in previsione della “seconda ondata”.
E trovo francamente stupefacenti le dichiarazioni per cui si faranno altri debiti dello Stato italiano per aiutare il settore, chiuso dalla imprevidenza del Governo. Verrebbe da dire, ci mancherebbe altro. Ma come cittadino, mi sento umiliato da tali dichiarazioni che pensano che i soldi risolvano un problema di libertà, di buon senso, e di rispetto di un settore fondamentale per il Paese. Così sono al limite del ridicolo le affermazioni per cui si può risolvere con lo streaming questa chiusura.
Forse il Ministro non ha presente che, per la massima parte, queste attività sono dette di “spettacolo dal vivo”, in cui il rapporto con il pubblico è essenziale; e per di più, si dimentica che ogni teatro è una struttura che promuove la socialità, il teatro è l’espressione nobile per eccellenza dell’uomo come animale che vive in società con altri individui. Non solo è un danno per l’arricchimento culturale della società, ma la chiusura dei teatri è l’espressione dell’isolamento degli individui, ne fa degli esseri asociali, è l’esasperazione dell’individualismo isolato contro la convivenza sociale. E io scrivo da una città che ha conquistato un ruolo in Italia e nel mondo, non per i “danee” (visione deformata di Milano), ma per il binomio stretto tra attività culturali ed economia, nel corso dei secoli.
E quando sento parlare di creare una rete “Netflix” per lo spettacolo, un brivido mi corre per la schiena. Non tanto per la faciloneria di pensare che con pochi soldi sia possibile mettere in piedi un sistema simile, ma quanto per il fatto che non si pone il problema della Rai. Siamo sempre in attesa del resto che la Rai realizzi un sito informativo, stile BBC o CNN.
Il servizio pubblico ha una serie di canali televisivi e radiofonici, che hanno una audience da prefisso telefonico, e che non hanno una programmazione a contatto con la realtà culturale e di spettacolo del Paese, da Trapani a Belluno. Il problema non è quello di fare dello streaming, ma di fare dei canali radio e tv (non specialistici) con un progetto che promuova l’arte, la cultura e lo spettacolo in Italia. Le idee non mancano: ci vorrebbe la capacità di raccoglierle. La Rai potrebbe anche promuovere un sito internet dedicato esclusivamente alla cultura italiana, fornendo un servizio ai cittadini, italiani e stranieri, e alle strutture che operano nel nostro Paese. Ma forse è chiedere troppo a chi pensa che “il ministro sono io e voi non capite un tubo”.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(lunedì 26 ottobre 2020)
Scandaloso e soprattutto…pericoloso! Tutte le dittature sono iniziate con:
la distruzione d libri
la limitazione delle libertà individuali
la possibilità di “fare teatro” solo con testi inneggianti alla “sicurezza” e “all’ordine”
Comincio ad avere paura: ma non del Covid…
Da italiano e piu’da milanese sconfortato condivido ogni parola e continuò a chiedermi che cosa in concreto possiamo fare per dimostrare che accada altro, almeno all’insegna della ragione
Come abbiamo fatto a ridurci così? Perché lo abbiamo permesso?
Chiudere alle persone i luoghi in cui l’etica e la morale possono in qualche modo mitigare la brutalità di questo periodo in cui è sempre più dilagante la prepotenza, l’arroganza e la prevaricazione sui più deboli è un atto irresponsabile. Non voglio pensare (ma in realtà quest’ inquietudine fa parte delle mie giornate dall’inizio della pandemia) che si possa da qui arrivare ad una dittatura ma è certo che la libertà individuale e collettiva sta correndo un grosso rischio.