Ci risiamo. Da 25 anni, ogni due per tre, si torna a parlare di cambiare la legge elettorale. Per un disegno organico costituzionale? Nossignori, sulla base della convenienza partitica immediata: qual è la legge elettorale più utile per farmi vincere le prossime elezioni ? Si arriva persino a teorizzare una follia politica e istituzionale: il partito “a vocazione maggioritaria” (cioè che vorrebbe rappresentare tutto il Paese) per sua natura, nel suo dna, ha il sistema elettorale maggioritario. Oggi se ne parla perché si riducono le “poltrone”. La definizione di “poltrone” è espressione antipolitica e antidemocratica: le “poltrone”, che rimangono dopo il taglio, non sono più “poltrone”? Mah!? Dobbiamo convivere con la cialtroneria ? È questo il nostro destino ?
Da 25 anni a questa parte non c’è stato immobilismo, c’è stata confusione, anche alimentata dalla campagna mediatico giudiziaria (reazionaria) contro la casta e la politica. Sta di fatto che nella situazione di confusione e d’instabilità politica (e di governo) è aumentato il ruolo del Presidente della Repubblica come arbitro e garante dell’unità nazionale e delle istituzioni democratiche. Il che non vuol dire che non si possano modificare. Nel 1987, prima delle elezioni anticipate, la federazione milanese del PCI, di cui ero il segretario, propose la riduzione del Parlamento a una Camera sola, con quattrocento deputati: non per ridurre le “poltrone” (retorica reazionaria), ma per un equilibrio di funzioni e di poteri tra il Parlamento nazionale, le Regioni e il Parlamento europeo. Nel contempo, si riteneva giusto salvaguardare la “democrazia rappresentativa” sancita dalla Costituzione con il mantenimento della legge elettorale proporzionale pura. Ricordo che la legge in vigore dal 1946 al 1993 (con la parentesi della legge “truffa” del 1953) prevedeva delle circoscrizioni che eleggevano, in base al numero di abitanti, un certo numero di deputati e un collegio nazionale con cui venivano assegnati i deputati non assegnati localmente, sulla base dei resti. La partecipazione alla distribuzione dei resti era solo per le liste che avevano avuto “almeno un quoziente in una circoscrizione e una cifra elettorale nazionale di almeno 300.000 voti di lista validi”.
La cosiddetta “frammentazione” (molto relativa rispetto ad oggi) non nasceva dal meccanismo della legge, ma da due collegi che assegnando un elevato numero di deputati, avevano un quoziente elettorale basso. Per esemplificare. La circoscrizione di Milano-Pavia eleggeva 48 deputati, per cui il quoziente elettorale circoscrizionale (“la somma dei voti validi diviso il numero dei deputati da eleggere nella circoscrizione più due”), era il 2%: nelle elezioni del 1987, il PSDI (Partito socialdemocratico italiano) prese un deputato con il 2,23% dei voti; la Lega a Milano-Pavia prese solo l’ 1,64% e non ebbe deputato. Ma il risultato più “frammentato” era nella circoscrizione di Roma-Viterbo-Latina-Frosinone con 54 deputati: il quorum dunque era 1,79% e infatti Democrazia proletaria prese un deputato con l’1,88%. Bastava suddividere quelle circoscrizioni e il quorum aumentava: se dividevi la circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone in tre, avevi da eleggere 18 deputati per circoscrizione con un quorum del 5%; se dividevi Milano-Pavia in tre circoscrizioni, eleggevi 16 deputati per circoscrizione con un quorum del 5,5%. Noi, miglioristi, ci battemmo per questo, ma venimmo travolti dall’orgia del maggioritario: “è bello, semplifica e dà stabilità”. Tutte cose non vere, alla prova dei fatti.
Avete presente cosa è successo dal 1994 ad oggi ? Con “Il Paese ha bisogno di governabilità” ci hanno fatto fare dei referendum (1991-1993), poi il Mattarellum (1993), poi il Porcellum (2005), poi il Consuntellum (2014), poi l’Italicum (2015), poi il Rosatellum (2017). Il risultato di tutte queste ubriacature di maggioritario vario sono 15 governi in 25 anni (il Conte II è il 16°) della durata media di 21 mesi. In questi 25 anni la Lega ha governato per 12 anni (è stata nella maggioranza anche del governo Dini).
Il Paese non ha bisogno di “governabilità”, ha bisogno di governo e il governo si realizza con la politica, non con una legge elettorale.
Le difficoltà nascono dalla crisi politica dei partiti e dei movimenti che non hanno interpretato la società italiana e i cambiamenti internazionali: è una grave illusione pensare che i sistemi elettorali risolvano questi problemi, anzi come si è visto dal 1994, si continuano a cambiare le leggi elettorali e le cose peggiorano con un Paese che regredisce perché la politica non è in grado di rispondere. La continuità di governo e la continuità politica non solo la stessa cosa: l’Italia ha avuto una lunga stabilità politica (48 anni) con una instabilità di governo (45 governi con durata media 13 mesi) e questo ci ha consentito di diventare una delle dieci più importanti economie del mondo. Tra il 1945 e il 1994 il prodotto interno lordo è aumentato di 13,2 volte, mentre tra il 1994 e il 2018 solo di 1,3. In compenso, in questi ultimi 25 anni, la media percentuale del debito pubblico sul PIL è stata più del doppio della media dei precedenti 44 anni (1950-1993): 117% contro il 52%.
Se si vuole il maggioritario, bisogna avere il coraggio di superare il principio della “democrazia rappresentativa”, a favore della “democrazia del leader” con le conseguenze immaginabili: cosa contano oggi i consigli comunali e regionali? Chi esercita il controllo sugli esecutivi, sui sindaci, sui governatori? Non certo le assemblee elettive, che quando va bene, sono chiamate a ratificare decisioni prese dalle Giunte. Né più né meno di quello che si vorrebbe fare con il Parlamento, che già adesso tra decreti legge e voti di fiducia sui decreti legge è svuotato della sua funzione legislativa. Ricordate forse la discussione sulla manovra di bilancio tra settembre e dicembre 2018 o è passato troppo tempo?
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte e buona fortuna”.
Luigi Corbani
(sabato 5 ottobre 2019)
beĺissimo articolo per chi fosse senza memoria. e sono in tanti.
Ottimo articolo perché basato sull’oggettivita e non sul pregiudizio come sa fare Corbani.
Certo e lo dico io che partecipai all’impegno per il maggioritario. Ma la “fine della politica” non é responsabilità della legge elettorale, ma da altri eventi. In particolare mano pulite e la magistratura che fecero fuori i partiti tradizionali d permisero l’affermazione della prima “antipolítica”, cioè Berlusconi