Caro Segretario, lei per un anno ha subito il ricatto di Renzi che non voleva la minima apertura verso le 5S: o per meglio dire, si poteva fare solo alle condizioni di Renzi. Questa situazione vi ha portato a non fare nessuna mossa: siete rimasti di sale, come paralizzati dallo sbalordimento. E così non avete fatto nulla che potesse impedire al Paese di perder un anno e tanti miliardi di interessi in più, di avere tante spese assistenziali e di allontanarci dall’Europa. Con il duplice risultato di lanciare Salvini sul piano elettorale e di farlo diventare leader di un centrodestra, sempre più spostato su posizioni reazionarie.
In quel momento, dopo il 4 marzo 2018, – perse le elezioni anche per il dualismo nefando tra il Presidente del Consiglio in carica Gentiloni e il candidato Premier e segretario del PD, già sconfitto pesantemente al referendum, da lui stesso personalizzato – potevate fare alcune mosse per impedire la saldatura tra due populismi e sovranismi, deleteri sul piano economico, sociale, istituzionale, culturale e di costume. E non parlo di governo con le 5S.
Bene, dopo un anno, Renzi vi ha praticamente imposto di andare al governo con le 5S: peraltro il termine “imposto” per alcuni ”governisti” del PD è fuori luogo, non stavano nella pelle di tornare al governo.
Mi pare evidente che Renzi ha colto al volo una esigenza largamente sentita, di evitare forzature istituzionali, di non consegnare il Paese a Salvini e di evitare elezioni anticipate con il loro carico di disastri sul piano economico e sociale (aumento Iva, spread oltre i 300 punti, ecc). E questo andava bene a Renzi che con le elezioni anticipate avrebbe perso parte dei suoi 50 parlamentari e non avrebbe potuto mettere in atto il suo piano di lanciare un nuovo partito con un solo leader “carismatico”, lui sé medesimo, nei tempi da lui prescelti, ovvero ad agosto-settembre con la Leopolda a ottobre.
Adesso, il governo è stato fatto; la manovra di bilancio, con le poche possibilità praticabili, è stata fatta per evitare i rincari dell’Iva e avviare qualche misura di sgravio fiscale per il lavoro dipendente (piuttosto che niente, è meglio piuttosto) e qualche misura per la lotta all’evasione fiscale e il rilancio dell’economia.
Non entro nel merito, constato che adesso ci sono i furbetti che pensano di tirare la coperta dalla loro parte e farsi la propaganda alle spalle del PD, (ho trovato molto delicata e riconoscente la battuta dell’on. Boschi sul “PD partito delle tasse”).
Questo gioco non va bene per il Paese, disturba e crea confusione, quando tutti dovrebbero avere la testa sulle spalle ed operare per il bene comune. Il governo non può reggere a questa guerriglia interna della coalizione. Tutti pensano che il Pd non farà nulla nel timore di consegnare il Paese alla destra meloniana-salviniana (con il totale naufragio di Berlusconi) e che quindi continuerà a subire i ricatti e le mattane dei compagni di avventura.
E invece il PD, per evitare il logorio del governo, deve adottare una contromossa, decisa e coraggiosa. Il PD, caro Segretario, deve smarcarsi da questa situazione e mettere tutti con le spalle al muro. Il PD a questo punto dovrebbe sfilarsi dal governo, in modo che i suoi rappresentanti vengano sostituiti da Italia Viva e 5S. Il PD dovrebbe continuare a sostenere il governo in Parlamento, ma la compagine governativa sia composta dagli attuali alleati, che si assumano totalmente la responsabilità delle proposte e delle necessarie mediazioni. Se non vogliono, si vada pure alle elezioni anticipate: il PD ha le carte in regola per presentarsi come la forza responsabile in Italia e in Europa, che ha fatto gli interessi del Paese. Altri che pensano al loro tornaconto partitico debbono giustificare il prima, il durante e il dopo del governo Conte/bis.
Coraggio, Segretario, è il momento di chiedere a tutti, responsabilità, è il momento della contromossa: basta con i giochetti. Rimetta lei la palla al centro. E non si preoccupi dei suoi “governisti”: con quelli, il PD non farà tanta strada. Anzi, con questa mossa, farà ritornare le correnti a quello che dovrebbero essere: una fucina di idee, e non agenzie di posti di governo o sottogoverno.
E non si preoccupi neanche di quelli che già si sentono futuri candidati alla Presidenza della Repubblica: a parte il fatto che sono già troppi, vale comunque il proverbio “Chi entra papa in conclave, ne esce cardinale”.
Luigi Corbani
(sabato 19 ottobre 2019)