Secondo una stima in Italia ci sono 110.000 leggi, secondo un’altra ce ne sono 99.000. Poi, pare che ci siano 71.000 leggi regionali. E poi ci sono circolari, decreti ministeriali, ordinanze dei Sindaci. Insomma siamo sepolti da leggi, leggine e normative varie. Meglio non fare il confronto con altri Paesi.
Non vi è solo un problema di quantità, ma anche di qualità. Un esempio alla portata di tutti: “Il comma 1 all’art. 10 del decreto legge del 31 dicembre… n° 669, dalla legge di conversione del 28 febbraio… n° 30 modifica l’art. 3, comma 206, sostituisce il comma 207 e aggiunge il comma 208-bis alla L. 28 dicembre …, n. 549.”
Per fortuna, che in materia penale, la Corte Costituzionale ha stabilito che vi è “l’ignoranza inevitabile”, mitigando l’art. 5 del codice penale (“Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”).
Ma la pubblica amministrazione deve tenere conto di leggi, leggine, circolari: alla fine gli aspetti formali, e giuridici prevalgono, sulla sostanza. Non parliamo poi delle norme in materia di edilizia e di urbanistica, comprese quelle dei Comuni.
Quindi nella pubblica amministrazione ci sono più esperti di diritto che ingegneri, geologi, architetti, matematici, fisici, ecc. E il cittadino ritorna suddito , assillato da richieste di documenti, a volte assurdi.
E allora ogni tanto qualcuno si sveglia e propone un “ministero per la semplificazione delle complicazioni delle cose semplici”. Un po’ di sceneggiata e tutto torna come prima. Anzi, altre leggi, leggine, normative, circolari, ordinanze, ecc.
Avanti verso Bisanzio.
Anche se non si studia più il latino, è facilmente comprensibile quello che scriveva Tacito, Annales, Libro III, 27: “Corruptissima re pubblica plurimae leges”.
Luigi Corbani
(domenica 14 gennaio 2024)