Sembra questo il disegno del governo e della sua maggioranza: uno scenario desolante.
Per anni, si tratta con un investitore straniero che vuole acquistare per 1,8 miliardi l’Ilva, che sottoscrive un accordo per rilanciare l’azienda (1,25 miliardi di investimento) e mettere a posto le questioni ambientali (costo 1,15 miliardi di euro, che salgono a 2,2 con i soldi sequestrati ai Riva in Svizzera): si assicurano così 10.700 occupati e 3.100 in cassa integrazione con il rientro nel 2023.
Si tenga conto che, quando nel 2012 arrestarono i Riva, padroni dell’acciaieria, l’Ilva venne sequestrata dalla magistratura, poi venne commissariata e poi affidata a vari commissari: il costo scaricato sulle casse dello Stato ammonta a 3,6 miliardi di euro. Solo i due anni di ritardo per il passaggio dai commissari ad Arcelor Mittal (dal 2016 al 2018) sono costati oltre 700 milioni.
Ora, siamo in un momento in cui ci sono quasi 1.300 lavoratori in cassa integrazione, con un mercato dell’acciaio depresso; con la guerra dei dazi; con i Paesi extra Ue (Turchia, Cina, Corea, ed altri) che riversano in Europa le produzioni a costi più bassi ; con impianti a regime ridotto per la precedente scarsa manutenzione; con il sequestro da luglio del quarto sporgente portuale (per l’infortunio mortale sulla gru), cosa che crea problemi agli approvvigionamenti.
Ora, in uno scenario di queste difficoltà, al Senato, la maggioranza di governo, guidata dai grillini, cancella una parte dell’accordo stipulato, l’immunità penale per l’Arcelor Mittal, che giustamente aveva posto il problema che la giustizia non fosse retroattiva: rispondono di reati eventualmente commessi dal momento in cui hanno avuto la cessione della proprietà; per quelli precedenti rispondono quelli di prima. Sembra una misura ragionevole, ma nella vicenda Ilva non c’è molto di ragionevole.
«Nella migliore delle ipotesi si profila il rischio di una drastica riduzione dell’occupazione, nella peggiore è solo il prologo ad un disimpegno e a lasciare il nostro paese» lamentano i leaders di Fim, Fiom e Uilm, secondo i quali l’accordo sottoscritto «con grande fatica» l’anno passato, potrebbe «diventare carta straccia».
Ma la cosa pazzesca è che nello stesso lasso di tempo, il Ministro per lo sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha concesso l’ennesima proroga per la presentazione di una offerta vincolante di acquisto, la settima in ordine di tempo da quando l’ex compagnia di bandiera, in mano a tre commissari, è alla ricerca di un compratore.
Un discorso a parte merita la questione dei commissari, il numero dei loro incarichi e i loro emolumenti, ma lasciamo perdere per il momento.
«L’auspicio è che Fs unitamente agli altri soggetti che allo stato (allo stato de che ?) compongono il consorzio acquirente possa formalizzare quanto prima il proprio impegno e che si possa arrivare alla firma dei contratti» ha spiegato ieri Federico D’Incà, Ministro dei rapporti con il Parlamento.
Quelli della Delta Airlines non vogliono prendersi più del 15% delle azioni della nuova Alitalia e quelli di Atlantia vorrebbero un partner più forte della Delta. Chi li firma i contratti ? Mah?!
Ora, che le Ferrovie dello Stato si imbarchino in una impresa di questo genere, con il 35% del capitale, è una follia: dovrebbero investire quei soldi per il trasporto locale, per ampliare la rete ferroviaria e far arrivare in orario i treni ad alta velocità. Per inciso, l’Alitalia ha subito un contraccolpo dalla realizzazione della “Freccia Rossa” Milano-Roma.
Ma è oltremodo demenziale che lo Stato continui a mettere soldi in una impresa che dovrebbe essere venduta a privati. Dal 1975 ad oggi. il conto Alitalia per lo Stato e gli italiani è stato di nove miliardi e cento milioni, compresivi di un ulteriore, di questi giorni, finanziamento oneroso di 350 milioni per le «indilazionabili esigenze gestionali»; l’Alitalia dovrebbe pagare il 9,646% di interesse e viene da ridere, pensando che Alitalia non ha mai rimborsato il precedente «prestito» di 900 milioni né gli interessi (145 milioni). Nel 1997 l’Alitalia trasportava il 48% dei passeggeri in Italia; nel 2017, con il numero complessivo di passeggeri aumentato del 35%, la compagnia “italiana” trasportava il 15%.
Ben undici governi hanno messo soldi in Alitalia: i due maggiori “finanziatori” sono stati il governo Berlusconi (1,908 miliardi) e quello Prodi (1,674 miliardi). Prodi almeno vendette in borsa una quota di minoranza e tentò la strada di vari partners (Air China, Lufthansa). Vi fu anche un accordo con KLM, che voleva fare della Malpensa l’hub principale: apriti cielo, Fiumicino e Roma reagirono molto male. Anni dopo Berlusconi respinse l’idea di vendere a AirFrance-KLM e affidò la compagnia alla CAI, ai “capitani coraggiosi”. Poi, presidente del Consiglio Matteo Renzi, a CAI si affianca Etihad. Gestioni a dir poco disastrose, che hanno anche ridotto l’azienda, togliendole le tratte più lucrose, quelle a lungo raggio. A maggio 2017, si arriva all’amministrazione straordinaria e il Ministro Calenda nomina tre commissari.
Oggi, oltre alla ricerca dei compratori, c’è un’altra grana. Etihad reclama in tribunale un risarcimento danni di 75 milioni di dollari per l’interruzione del costoso contratto di leasing dell’Airbus 340 noleggiato quando era premier Matteo Renzi.
La storia dunque è semplice: abbiamo un governo “manettaro” che non vuole i soldi degli inglesi-francesi-indiani di Arcelor Mittal, ma continua a mettere soldi in una impresa che non si decide di vendere.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 24 ottobre 2019)
Corbani scrive il vero . È cosi chiaro quello che si deve fare (dare corso al piano ILVA , liquidare Alitalia ) che non è comprensibile perché non lo si faccia. Il M5S si sa come la pensa su ILVA ma è il PD che non c’è più. L’operazione Renzi ( il governo coi 5S ) ha colpito Salvini , ha toccato DiMaio e cinque stelle ma ha tramortito il PD che pur di salvare Umbria e Calabria ( L’ Emilia si salva se le danno l’autonomia richiesta) perde se stesso. Alla fine lo shock che molti temono arriverà.