L’altro giorno il Sindaco di Milano Beppe Sala si è nuovamente esibito in una conversazione al caminetto digitale, cioè in un ennesimo sermone via web.
Dopo aver rassicurato i suoi sodali e affezionati elettori sul fatto che egli sia in costante contatto con i sindaci e le sindache delle più importanti città del mondo, ha esposto le sue idee di programma per la sua prossima campagna elettorale (che poi questo coincida con il programma del suo eventuale nuovo mandato, come l’esperienza sempre dimostra, è tutto da vedere).
Tutto ruota intorno all’idea di una città da vivere e consumare in 15 minuti.
Ascoltando e riascoltando, però, la sua omelia programmatica ci si accorge che in 15 minuti in realtà un cittadino milanese dovrebbe e potrebbe aggirarsi solo nel suo quartiere. In effetti, Beppe Sala insiste su questo: l’idea sarebbe quella di confinare i cittadini milanesi nei propri quartieri di residenza che diventerebbero, quindi, dei centri sub urbani autosufficienti.
Qui il milanese residente dovrebbe trovare tutti i servizi di cui abbisogna e che gli possono garantire la sopravvivenza metropolitana.
Tra l’altro, Beppe Sala cita servizi pubblici e opportunità che non appartengono alla sfera di competenze, responsabilità e possibilità di un Sindaco e di un’Amministrazione comunale: salute (competenza regionale), istruzione (competenza prevalentemente statale e regionale, se si parla di formazione professionale), lavoro (compete al mercato, a meno di considerare i pubblici servizi di competenza comunale), trasporti (questi sì, di competenza comunale in gran parte) e ambiente (qui non si capisce bene a che cosa si riferisca: un maggior impegno di AMSA nei quartieri periferici? Auspicabile. O a interventi strutturali, per esempio sui sistemi di riscaldamento pubblici e privati? Auspicabili. O al fatto che anche in periferia si renderà praticamente impossibile l’uso dell’auto come in centro città? Non auspicabile senza stravolgere la vita dei cittadini che non hanno alternativa per muoversi. Non si capisce.).
Un’idea, volendo portarla all’estrema conseguenza, un po’ alla Serge Latouche: nasci, vivi e muori dove ti capita di nascere, così non te ne vai in giro per il mondo a dar fastidio, consumando risorse energetiche e inquinando l’ambiente. Il tutto facilitato dallo smart working, dalla banda larga (per chi ce l’ha), ecc..
Il tutto ispirato dal proposito di “rallentare i ritmi” grazie a una “nuova organizzazione di spazi, tempi e servizi” che non si capisce bene da chi dovrebbe essere garantita e realizzata.
Un inno alla decrescita (in)felice, insomma, che anche i grillini più fanatici sembrano non intonare da tempo.
Peccato che questa idea venga promossa da chi rappresenta per appartenenza sociale, frequentazioni e indirizzo di residenza una élite.
Facile è girare in Zona 1 (Milano centro) in 15 minuti e trovare tutto quel che occorre per una vita serena, soddisfatta e financo felice.
Meno facile è farlo in un quartiere periferico.
Tra l’altro, e non sarà un caso, nella sua omelia, Beppe Sala non ha speso neppure una parola in tema di cultura.
Chi vive in zona 1 ha il Teatro alla Scala, altri teatri, cinema, sale concerti.
Chi sta in periferia non ha più neppure le balere o le bande musicali.
E l’assenza di ogni riferimento programmatico da parte di Beppe Sala in tema di cultura non fa ben sperare che vi sia l’intenzione di decentrare anche attività culturali nei quartieri periferici.
Siamo ben lontani dalle iniziative di Paolo Grassi che portava teatro e musica nelle fabbriche e nei quartieri.
Però, se Beppe Sala non pensa alla cultura, pensa di assumere altri 500 vigili che andrebbero ad aggiungersi ai circa 3.000 già in carico (e che pochi milanesi hanno la ventura di vedere in istrada).
Questa è la sua interpretazione dell’impegno “law and order” che sembra essere una degli elementi di novità della strategia di campagna elettorale di Beppe Sala per contrastare l’avversario di centrodestra sui suoi temi vocazionali (sicurezza, ad es.).
Qualche spin doctor del suo comitato elettorale deve avergli detto che sarebbe bene coprire anche quest’area programmatica, che la compagine dell’attuale Sindaco non sembra aver mai coltivato con attenzione (storcendo il naso anche per la presenza dei militari di “Strade Sicure”), tanto per non lasciar niente di non detto.
Ma questa idea della città in 15 minuti cosa rappresenta?
Forse la dinamicità di una popolazione residente che non ha tempo da perdere tra impegni di lavoro e vita personale e che ha necessità di una assoluta rapidità degli spostamenti da un capo all’altro della città (ma la turbociclocircolazione spinta è compatibile con una città di business come è comunque Milano?).
Tale dinamicità sembra in effetti tradursi nella fretta di una classe privilegiata che consuma il proprio tempo in uno spazio metropolitano esclusivo, ristretto e protetto per appagare i propri bisogni elitari.
Una sorta di incontinenza di lusso, da radical chic (oddio, ci risiamo!).
Agli altri, cittadini periferici, resta la clausura nel proprio quartiere dove tornare a dormire dopo il lavoro o dove restare se si pratica lo smart working. Sempre che si abbia un lavoro.
Però con la soddisfazione di poterlo girare a piedi o in bicicletta. Vuoi mettere?
Pepito Sbazzeguti
(venerdì 19 febbraio 2021)
Aiuto…..abito in periferia!!!