La vicenda del Piccolo si ingarbuglia sempre di più in una logica di picche e ripicche, di veti incrociati, di prepotenze e di infantilismo politico.
Mi spiace per il Piccolo, per Milano e per gli amici che ne sono stati o ne sono coinvolti. L’altro giorno ho partecipato, su gentile invito del consigliere D’Alfonso, alla commissione Cultura del Comune di Milano.
Per inciso, nella città leader del nord sviluppato, a proposito di banda larga, era impossibile il collegamento audio e video in contemporanea di tutti i 40 partecipanti. In questa riunione ho capito che il passato è il futuro. Sono intervenuti solo persone di una certa “età” politica: Carrubba, Adamo, D’Alfonso, Rizzo e il sottoscritto. La cosa mi ha lasciato molto perplesso, per più motivi: per i consiglieri più “recenti”, il Piccolo non interessa, non sanno niente del Piccolo, o pensano che non sia di loro competenza.
Comunque, la sostanza è che in quella riunione ci si è fatto capire che il nuovo direttore generale sarebbe stato Claudio Longhi e ci è stato detto esplicitamente che il giorno dopo il consiglio di amministrazione avrebbe nominato il nuovo direttore. Quindi, io (ma non credo di essere stato il solo) mi ero convinto che avessero trovato un accordo con la Regione, i cui rappresentanti si sarebbero astenuti, o, addirittura, come i pettegoli dell’ambiente bisbigliavano, che ci fosse una intesa tra Comune e Ministero per il direttore generale (PD) e Regione per il direttore artistico (CL).
Nulla di tutto questo: la maggioranza del consiglio, contro la Regione, voleva a tutti i costi nominare questo Longhi, recuperato in extremis dopo che aveva rinunciato a luglio. I rappresentanti della Regione hanno rifiutato questo diktat.
Anche per la Scala il padrone del Ministero aveva indicato, per la sovrintendenza, un “suo” candidato, ma è stato respinto. Fra parentesi, nella rosa per la Scala era stato messo uno di Torino (Filippo Fonsatti) che è anche nella rosa per il Piccolo: un uomo per qualsiasi ente?
Certo, il Ministero ha tutto il diritto, attraverso il suo rappresentante, di proporre candidati alla direzione del Piccolo, ma non ha il diritto di imporre nessuno: i soldi o il riconoscimento del Piccolo come “Teatro d’Europa” non sono gentili concessioni del sovrano, del padrone del Ministero, ma atti dovuti e riconoscimenti meritati dal Piccolo, nel corso della sua storia da Paolo Grassi a Sergio Escobar. Per cui il Ministero non ha più diritti degli altri. Fra l’altro, nel caso specifico, proporre una persona, indubbiamente valida, del 1953, per sostituire una del 1950 non mi è sembrata una idea geniale. Ma del resto siamo abituati a tutto: così a Napoli viene portato il pensionato Lissner (classe 1953), e a Firenze, viene indicato Alexander Pereira (classe 1947), in barba alla “legge Madia”. Certe leggi si applicano solo ai nemici, per gli amici ci sono altri criteri.
Ora tutte le cose sembravano andare a posto, poiché Rosanna Purchia veniva nominata “commissario straordinario del Regio di Torino”: vi era l’ostacolo della Appendino, che voleva anche una opportuna dote per sistemare il Regio, cosa che adesso sembra sia stata garantita.
Visto che un altro candidato si era tirato fuori (Claudio Longhi), era del tutto evidente che il Consiglio poteva procedere a scegliere tra i tre candidati in lizza, valutando meriti, competenza culturale e professionale, esperienze e capacità manageriali, risultati conseguiti nelle gestioni precedenti.
No, si va a ricercare e recuperare il quarto, quello che aveva rifiutato la proposta di una audizione e gli si fa una audizione speciale, dopo un mese da quella fatta a tutti gli altri, con indubbio vantaggio per l’ultimo, fra l’altro. Perché si va a recuperare uno che aveva rifiutato la proposta? Perché gli altri tre sono considerati scarsi? No. Perché questo emiliano è un genio della organizzazione teatrale? Non mi pare. Perché il candidato, che ha tutti i titoli e i meriti ed ha i requisiti più validi, è sostenuto dalla Regione, che si era opposta al candidato del Ministero, e allora bisogna farlo fuori? Ne ho sentite delle belle, in queste settimane, compreso che non si può mettere uno di “destra”, perché sostenuto dalla Regione e che per di più ha lavorato con la giunta Moratti (peraltro, aggiungo io, ha continuato con Pisapia). Con buona pace di Sala, city manager della Moratti.
La cosa migliore per il Consiglio è ricominciare dai tre candidati.
E se nessuno vuole mollare e trovare una intesa, non rimane che chiedere a questo consiglio di amministrazione di farsi da parte, far sbollire gli ardori e ricominciare daccapo per trovare una intesa tra Comune e Regione, in primis, per una soluzione adeguata al ruolo nazionale e internazionale del Piccolo.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi”. “Buona notte e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 17 settembre 2020)
Surreale sudditanza della ragione e del bene comune a logiche non già della Bella Politica, dotata di visione e di futuro, ma di quella triste e miope. grazie infinite per questo riassunto che nessuno si è degnato di fare