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Periferie, uffici comunali e regali volumetrici

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Quali vantaggi per i cittadini?

Comunicato del Comune di Milano del 7 gennaio 2021: “Il nuovo anno si apre con l’acquisto da parte dell’Amministrazione di tre immobili destinati all’apertura di nuove sedi comunali….Per le casse di Palazzo Marino si tratta di un investimento complessivo di 102 milioni di euro.

L’immobile di via Sile 8 in zona Corvetto di 34mila mq per sette piani (che verranno opportunamente adattati alle richieste del Comune dal venditore) è stato acquistato dall’Amministrazione per una somma di 65 milioni di euro.

Sono 30,5 i milioni di euro spesi per acquistare il palazzo di via Durando 9 in zona Bovisa, anch’esso di sette piani per complessivi 22mila mq.

È invece costato 6,9 milioni di euro lo stabile di via Principe Eugenio 33 di zona Cenisio, acquistato dalla Città metropolitana.”

“Con questo passaggio procediamo in modo concreto verso la riorganizzazione degli uffici comunali – spiega l’assessore al Demanio Roberto Tasca –. È un investimento economico importante che riteniamo essenziale per offrire servizi ai cittadini in tre diversi quartieri della città, spostando l’offerta amministrativa in zone meno centrali ma facilmente connesse con il trasporto pubblico.”.

Addio sede unica degli Uffici comunali che, pomposamente e da provinciali esterofil, veniva chiamato “Federal Building”. Con quale logica si spostano gli uffici centrali in tre diverse zone della città? per fare servizi di zona ? o sono servizi per tutti i milanesi ma sparpagliati e decentrati? Non era meglio fare prima un piano dei servizi  comunali e poi fare gli acquisti ? 

E il “lavoro a distanza”?

Ma – ripeto – c’è una cosa che non mi è chiara: tutta questa vicenda della pandemia, peraltro ancora in corso e fra l’altro non si sa quando finirà, aveva fatto mettere i dipendenti comunali in “smart working”. In realtà il lavoro a distanza è cosa ben più complessa che demandare il lavoro di ufficio a casa, richiede una organizzazione orientata per progetti e obiettivi. In realtà l’operazione appare come una pura operazione di bilancio, come ammette l’assessore: “Lo spostamento di circa 2.550 impiegati da diversi stabili nel centro cittadino consentirà all’Amministrazione di ottenere importanti economie di spesa e di entrata dalla valorizzazione economica degli immobili liberati, con una chiara indicazione in tema di modello di spending review”.

Si parla di “spending review”, e lo ripeto, fra l’altro  il 19 gennaio 2020 è stato emanato un decreto del presidente del consiglio dei ministri per dare attuazione ad una norma del 2019 che consente ai Comuni e alle Province di richiedere allo Stato di accollarsi i propri debiti, quindi il Comune di Milano non avrebbe una urgenza drammatica a fare cassa. 

Ma non mi sembra che il Comune, d’intesa con i sindacati, abbia previsto una qualche forma di piano per lo “smart working”, con la definizione di organici, metodi e obiettivi e quindi il rischio di comprare uffici che poi rimarranno in parte vuoti è reale. 

Saggezza vorrebbe che durante la pandemia si fosse fatto un piano organizzativo del comune per definire quantità di dipendenti negli uffici e quantità di dipendenti in ”lavoro a distanza”.

Quale idea di città?

La Giunta Sala  ce la mette tutta a vendere alcuni edifici comunali o mettere sul mercato dell’affitto quelli di piazza Duomo. Se il Consiglio Comunale non sta attento, Sala e Tasca  affittano anche gli uffici dei gruppi consiliari (5.876 mq.), parte del patrimonio che il Comune ha nel centro di Milano (12.603 mq).

“Nel piano di valorizzazione (ovvero piano di vendita o di affitti. N.d.A.) ci sono sedi in zone di prestigio come via Bergognone 30,  (Ansaldo, che in realtà dovrebbe essere destinata alla cultura come stabilito nell’atto di acquisto dell’Ansaldo N.d.A.), largo Treves 1 (palazzo costruito negli anni 50 tra via Palermo e via Statuto, al posto della prima sede della Università Bocconi del 1902 ) e via San Tomaso 3 (tra via Broletto e via Rovello, edificio  originariamente del XVI secolo,  un palazzo a corte chiusa, caratteristico dei palazzi nobiliari milanesi) , Galleria Ciro Fontana 3 (tra via San Raffaele e via Santa Radegonda), via Dogana 2 e 4 (piazza Duomo) e anche largo De Benedetti 1 (vicino alla stazione Garibaldi, vicino a Melchiorre Gioia) o via Edolo 19 (vicino alla Centrale).”.

In questa smania di vendere e affittare, si dimentica anche il valore storico della presenza di certi negozi  o il valore culturale e sociale di certe attività, ma di questo non importa nulla al Comune.  

Ora che il Comune metta lo stabile di via Pirelli 39 nell’elenco degli edifici abbandonati non sta né in cielo né in terra, al di là della legge regionale che regala il 25% delle volumetrie sui recuperi edifici. Legge che, secondo me, doveva essere circoscritta alle aree periferiche di Milano  e delle zone più disagiate dei Comuni dell’area metropolitana. 

Ma come ?  Il Comune di Milano vende nel 2019 l’immobile in cui ha speso milioni per il rifacimento e poi lo considera abbandonato da cinque anni ? Una svista, un “errore di sbaglio”? In ogni caso è una puttanata grande come il Pirellino.

Fra l’altro, il “codice dei beni culturali e del paesaggio”, la legge Urbani del 2004, tutela l’architettura contemporanea, e l’interesse culturale e il valore artistico degli edifici pubblici, quindi devo dedurre che il Comune di Milano non ritiene il Pirellino, a cinquant’anni dalla sua costruzione,  una opera da tutelare e salvaguardare. Una scelta  che doveva essere sancita da una delibera del Consiglio Comunale.  

Non sono gli investimenti immobiliari a fare grande Milano

Leggo sul “Corriere” (Andrea Senesi) un avvertimento minaccioso. “Catella ha però messo le mani avanti, presentando ieri il progetto: senza bonus volumetrici si farà comunque la Torre Botanica e ovviamente si procederà al recupero del Pirellino. Salterà invece il restyling del «braccio» che collega i due palazzi, il ponte su via Gioia da trasformare in serra e hub per eventi culturali. Il messaggio spedito ai politici di Palazzo Marino non poteva essere più chiaro ed esplicito. C’è tempo fino ad aprile e la sensazione è che nessuno abbia particolare fretta (eufemismo) di approvare la delibera e concedere i bonus volumetrici.”

Certo perché l’obiettivo sono le Olimpiadi: “Sull’altro lato, verso la Biblioteca degli Alberi, crescerà il nuovo grattacielo residenziale, 110 metri d’altezza, 25 piani (i primi tre riservati a spazio pubblico») e almeno un centinaio di appartamenti in vendita. La Torre Botanica, rivisitazione aggiornata del Bosco verticale, «sarà però orientata verso i canoni più classici dei giardini all’italiana», spiega Stefano Boeri, papà di entrambi i progetti. Un grattacielo con 420 alberi, 13mila arbusti e 1.700 metri quadrati di vegetazione distribuiti in modo tale che le fioriture cambino i colori dell’edificio al variare delle stagioni. Il costo dell’intero progetto si avvicina ai 300 milioni di euro (compresi i 193 già investiti nell’acquisto del palazzo), mentre per i tempi di realizzazione si ragiona su un arco di quattro anni: nel profilo della Milano olimpica del 2026 svetterà anche la Torre Botanica.”  

E tutto questo sarebbe la politica dell’ambiente del Comune di Milano? Perché c’è un pò di verde verticale? Ma in termini energetici, quanto consumano questi palazzi ? E quanto incidono sull’ambiente le camionate di trasporto degli alberi e la manutenzione di questo verde collocato in posizioni particolari? 

Il Lorenteggio non sta a Milano

Quindi, il “Nuovo Pirellino” per gli uffici e la “Torre Botanica” per gli appartamenti si faranno di sicuro, mentre il “Ponte Serra” come spazio verde e pubblico no, dipende se il Comune gli regala la volumetria del “Pirellino abbandonato”.  E qui non c’entra il ricorso alla Corte costituzionale, c’entra un “errore” del Comune.  La politica  può essere contro certi ricatti, perchè altrimenti – come dice il Sindaco – “fa solo i “disegnini”?  O dobbiamo accettare tutto anche operazioni immobiliari come quella di San Siro in cui lo stadio finisce per essere un accessorio rispetto alle volumetrie di edilizia residenziale e commerciale?  Una domanda suppletiva, che rifaccio: la gestione e la manutenzione del “ponte Serra” quanto costa?  Ed è possibile che in due aree, come Porta Nuova e City Life, l’unica attività culturale è quella di un privato che è ammalato di cinema e che almeno mitiga l’idea di  una città solo di uffici o di abitazioni superlusso.  Ma forse qualcuno pensa che il Lorenteggio, il Giambellino, San Siro di piazzale Segesta o via Gola  non siano Milano.  Milano non è sempre pronta al  Natale, “Che quando passa piange / E ci rimane male / Milano sguardo maligno di Dio / Zucchero e catrame”–

“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(venerdì 19 febbraio 2021)

3. continua

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