Forse oggi fanno una riunione per mettere insieme la loro sbrindellata maggioranza. Ma, oltre allo spettacolo di un governo di annunci sconclusionati, ma con il piglio del regime cesarista, c’è una cosa che mi fa pensare sullo stato della democrazia in Italia: a me sembra inverosimile che i giornali dedichino pagine e pagine a una manovra economica che non c’è. Ogni giorno dal governo o dai suo rappresentanti esce una novità, contraddetta il giorno dopo da altri rappresentanti del governo e questo spettacolo indecoroso occupa pagine dei quotidiani.
Una bella immagine di governo, non c’è che dire. Sarà felice quel trenta per cento dell’elettorato che ha votato centrodestra, confidando in una coalizione con le idee chiare e con il piglio decisionista. Certamente, la Meloni decisionista lo è, visto che non vuole che nessuno in Parlamento discuta la manovra di bilancio: una bella prova di democrazia e di apertura al confronto.
È da lunedì 16 ottobre che va avanti questa sceneggiata di arruffoni: la Meloni alla conferenza stampa ha presentato il disegno di legge (che non c’era e non c’è) e poi se ne è andata non rispondendo alle domande dei giornalisti. Cosa mai successa negli ultimi dieci anni. Poteva organizzare la conferenza stampa dopo l’incontro con il re Abdullah II di Giordania. Ma anche a settembre scorso (il 27) non aveva neanche partecipato alla conferenza stampa di presentazione del Nadef, ovvero la “Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza che viene preparata ogni anno prima della manovra di bilancio vera e propria e rappresenta un passaggio fondamentale per la programmazione degli interventi del governo in materia di economia e finanza pubblica.” Ma già l’anno scorso (22 novembre 2022) sulla legge di bilancio 2023, la Meloni aveva accettato poche domande, poiché doveva andare all’Assemblea nazionale di Confartigianato. Ma è il nuovo corso? Poche chiacchiere e tanti fatti? No, non è neanche quello. È la sciatteria, la confusione, il disordine, il pressapochismo. Basta pensare alla tassazione sugli extraprofitti delle banche: fumo, fumo, fumo.
Tanto non succede nulla: nessuno condanna duramente un metodo sbagliato. Compito che dovrebbe essere in primo luogo dei giornalisti “liberi e indipendenti”. Non stiamo parlando di una legge sulla nutria nella Vettabbia di Milano, stiamo parlando della legge essenziale dello Stato: sanità. istruzione, previdenza, sicurezza, ecc.
A mio parere, il Capo dello Stato farebbe bene a mandare un messaggio al Governo e al Parlamento, per ammonire tutti che da troppo tempo non si rispettano i termini di legge (20 ottobre) per la presentazione della Legge di Bilancio. Nel complesso, sulle ultime 19 leggi di Bilancio, 14 sono state trasmesse in ritardo al Parlamento. Il disegno di legge di bilancio per il 2023, contenente il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e il bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025, è stato presentato alla Camera il 29 novembre 2022: 39 giorni di ritardo.
Pensate che a Milano se, entro la mezzanotte del giorno in cui si è entrati nell’area B, non ci si registra sul sito di Area B, si incorre in una sanzione che in base alla propria categoria di veicolo va dalle 163 alle 658 euro.
Se il governo non rispetta le leggi, non succede nulla. Anzi, il governo decide che il parlamento non deve neanche discutere del Bilancio. Confusionari ed autoritari.
E se è vero che “nelle pieghe della nuova bozza, compare inoltre un inasprimento delle imposte per i pannolini e i seggiolini auto per i bimbi, la cui aliquota torna al 22% dopo aver beneficiato di una percentuale agevolata al 5%; assorbenti femminili e latte in polvere passano invece a una Iva al 10%, dal precedente 5%.”, siamo alla follia. Per di più, dopo che la Meloni ha detto che “la donna che mette al mondo due figli (quindi lei non appartiene a questa categoria) ha già offerto un importante contributo alla società” (le altre no, e quelle che magari non possono avere figli, che fanno?) e quindi lo Stato paga i contributi previdenziali e dà gli asili nido (che non ci sono) gratis.
Siamo in presenza di una maggioranza con un disturbo dissociativo dell’identità, che in passato veniva definito come disturbo della personalità multipla: due o più identità che si alternano nel controllo del governo.
Ma nelle bozze di bilancio ci sono anche buone notizie per i milanesi: 80 milioni (spalmati su quattro anni, a partire dal prossimo) per la realizzazione del nuovo Campus dell’Università degli studi di Milano sull’ex sito dell’Expo. Domanda, che fine fanno le aree di Città Studi, abbandonate dalle facoltà scientifiche ? Magari sarebbe cosa buona e giusta sapere anche cosa succede alle aree del Besta e dei Tumori, se andassero a Sesto come insiste la Regione (anche con un ordine del giorno del Movimento 5 Stelle).
In manovra ci sarebbe “anche un contributo di 560 milioni in 15 anni al Comune di Milano per coprire gli oneri del rimborso dei prestiti relativi alla realizzazione delle linee metropolitane M4-M5: 20 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2026 al 2038 a favore del Comune per «coprire gli oneri del rimborso dei prestiti relativi alla realizzazione delle linee metropolitane M4- M5, compresi quelli accesi dalle società veicolo della M4 e della M5”.
Vi ricordate quanto hanno propagandato la “finanza di progetto”? Nel sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze è scritto che “E’ possibile sintetizzare le principali caratteristiche del Project Financing come segue: il progetto é valutato dai finanziatori principalmente (ma non esclusivamente) per la sua capacità di generare flussi di cassa; i flussi di cassa, connessi alla gestione del progetto, costituiscono la fonte primaria per il rimborso del debito e per la remunerazione del capitale di rischio; ecc.”. E devono finite questi flussi di cassa, “fonte primaria per il rimborso del debito” , questa “finanza di progetto, mista pubblico-privato se poi lo Stato e il Comune (ovvero i cittadini che pagano le tasse) coprono l’80% del finanziamento?
Non sarebbe il caso che il Consiglio Comunale dedicasse una seduta sulla base di un libro bianco che ci spieghi bene cosa sono costate al contribuente le due linee (MM5 e MM4, quest’ultima non è finita ed è in ritardo di dieci anni) ?
La società Metro 5 spa è costituita da: “Alstom Ferroviaria S.p.A., Astaldi S.p.A., ATM S.p.A., Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., Hitachi Rail S.p.A. E Hitachi Rail STSS.p.A.: oltre il 40% dell’opera è stato finanziato con il contributo di Metro 5 S.p.A che ha curato la progettazione, la costruzione e curerà la gestione fino al 2040 attraverso i suoi soci”.(dal sito della MM5 spa). L’Atm ha dunque partecipato per il 20% al 40% della operazione. Ma il 60% della operazione è sulle spalle del contribuente, ma i soci privati con il 40% hanno la gestione della metropolitana fino al 2040.
M4 SpA è la società per azioni costituita il 16 dicembre 2014 dal Comune di Milano, socio pubblico di maggioranza (66,67%) e da soci privati (c’è anche l’ATM con il 2,33%) per “la progettazione, costruzione, manutenzione e gestione tecnica, amministrativa, economica e finanziaria della linea metropolitana 4 di Milano, nonché l’erogazione del relativo servizio di trasporto pubblico, in concessione dal Comune di Milano”
Sembra che il costo complessivo abbia sfiorato i 2 miliardi di euro e che i privati abbiano dato solo il 23% , allo stato attuale. Ma forse è il caso di sapere come sono andate le cose e cosa esattamente costano all’anno le due linee al Comune di Milano: si parla di 240 milioni all’anno per 15 anni. E quindi la manovra del centrodestra vine in soccorso del Comune di Milano.
E allora, visto che per la alluvione della Emilia Romagna, il governo Meloni non è stato molto disattento, questa generosità a destinazione Milano sembra sospetta: qual è lo scambio tra Meloni e Sala?
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(lunedì 30 ottobre 2023)