La decenza, diceva Tackeray, giova assai più della virtù. Questa affermazione mi è tornata in mente leggendo le delibere di giunta del 2019 e del 2021 sulla dichiarazione di “interesse pubblico” per la distruzione di San Siro e per il saccheggio delle aree pubbliche circostanti.
Il segretariato regionale lombardo del Mibact (13 maggio 2021) Per esempio, mi è parsa infatti oltre ogni decenza, l’affermazione del segretariato regionale per la Lombardia del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, contenuto nella relazione istruttoria (a pagina 6) della delibera del 5 novembre 2021, e parte integrante della delibera stessa: “Trattasi di manufatto architettonico in cui le persistenze dello stadio originario del 1925-26 e dell’ampliamento del 1937-39 risultano del tutto residuali rispetto ai successivi interventi di adeguamento e ampliamento realizzati nella seconda metà del novecento e pertanto non sottoposti alle disposizioni di tutela (dlgs 42/2004) perché non risalenti ad oltre settanta anni”
La Soprintendenza di Milano (4 ottobre 2019) Rilevo che nella relazione istruttoria della delibera del 2019 (pag. 4), e parte integrante della delibera stessa, la Soprintendenza di Milano dice il contrario: “invita a valutare e proporre ipotesi alternative alla demolizione”, poiché “ha una estrema rilevanza non solo locale ma nazionale ad anche internazionale, in quanto percepito come una icona dello sport calcistico” e continua evidenziando che lo Stadio conservi “le strutture del 1955 (ing. Ferruccio Calzolari e arch. Armando Ronca), il secondo anello e le rampe elicoidali che si ritengono degne di considerazione nella prospettiva conservativa di un suo adeguamento e/o nuova trasformazione”. Aggiunge che se l’opzione della demolizione fosse considerata prevalente, “deve essere necessariamente coinvolta la Superiore direzione Generale APAB” ovvero la Direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio.
Solo una stupidaggine, solo un errore madornale? Il segretariato regionale lombardo del Mibact non ha alcuna competenza in materia e non può sostituire né la Soprintendenza di Milano né la Direzione generale APAB. E per dirla tutta, è andata oltre le sue competenze anche dicendo una sciocchezza: non solo lo stadio è una sovrapposizione organica e continua di interventi che si integrano fra loro, e non si può separare un intervento dall’altro, proprio perché ciascuno, ampliando, conserva e ingloba l’intervento precedente, ma ha sbagliato clamorosamente le date.Fino al 2026, San Siro, ovvero il “Meazza Stadium” (faceva più chic chiamarlo così nei documenti ufficiali, prima della smania di demolirlo), non si può toccare poiché è stato designato dal Presidente della Regione Lombardia Fontana, dal Sindaco di Milano Sala, dal presidente del Coni Malagò e dal Cio come sede per la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici invernali 2026.
Il “Meazza Stadium” Sotto il titolo “Meazza Stadium”, il sito del “comitatomilanocortina2026.org” scrive:“Lo stadio Giuseppe Meazza di Milano, noto anche col nome di San Siro dal quartiere in cui sorge, è il principale impianto sportivo di Milano. La cosiddetta Scala del Calcio ospita le partite del Milan e dell’Inter, ed ha una capacità di 80.018 posti a sedere: ciò lo rende il nono stadio d’Europa in termini di capienza. Sarà l’impianto che ospiterà il 6 febbraio 2026 la Cerimonia d’Apertura dei XXV Giochi Olimpici invernali di Milano Cortina.”
Come minimo, un bene culturale di 70 anni compiuti Ora la nostra premurosa segretaria regionale del Mibact non sa che nel 2026 sono esattamente 71 anni da quando è stato finito il secondo anello che ingloba, per scelta, il primo nucleo dello stadio? Forse non tutti sanno che sono beni culturali le cose immobili la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni. E la segreteria regionale del Mibact compie un abuso d’ufficio, a mio parere, se pretende di sostituirsi all’Apab come richiesto dalla Soprintendenza di Milano. E la vedo un po’ dura che la direzione generale delle Soprintendenze dichiari che lo Stadio Meazza non ha nessun valore storico, artistico o etnoantropologico. Per cui con buona pace del Sindaco (e delle due società cino-americane) lo Stadio Meazza non si può abbattere. Come minimo, fino al secondo anello, poi, peraltro, voglio proprio vederli demolire il terzo anello che si è integrato con tutto il resto.
1955: viene completato il secondo anello Lunedì 26 dicembre 1955 era una giornata gelida e c’era anche la nebbia: a San Siro, rinnovato, si giocava Milan-Juventus che finì 3 a 0 per il Milan: goals di Ricagni, Schiaffino, Schiaffino per il Milan e di Colella per la Juventus. Alla testa del Milan vi era Angelo Rizzoli con l’allenatore Hector Puricelli; alla Juve tornavano gli Agnelli alla presidenza, con Umberto, e ad allenare la squadra c’era Sandro Puppo.
528 giorni senza intralciare lo svolgimento delle partite Di fatto, era ormai da settembre che lo stadio funzionava a pieno regime: il cantiere per l’ampliamento dello stadio fu aperto il 31 maggio del 1954 e venne concluso definitivamente il 10 novembre 1955, senza disturbare il pubblico dei tifosi. Con 19 rampe e 19 scale, in 528 giorni venne completato il lavoro di raddoppio dello stadio senza intralciare il normale svolgimento delle partite. (E oggi, con le moderne tecnologie, e dopo l’esperienza del 1955 e del 1989, e con la realtà della trasformazione del Bernabeu a Madrid, con il pubblico presente, qualche impostore cerca di far credere che non si possa ammodernare lo stadio perché si dovrebbero sospendere le partite. Mah!? )
Le partite a San Siro rinnovato da settembre 1955 “Lo sterminato catino è apparso in tutta la sua imponenza” scriveva il “Corriere d’informazione” ; “un complesso di scale e di spalti degno di una grande città”aggiungeva “L’Avanti!”;“l’armonioso e quasi colossale catino di cemento costituirà la meraviglia degli stranieri e l’orgoglio delle folle che lo riempiranno” annotava ancora “Il Popolo di Milano” in un crescendo di commenti entusiastici. E proprio quando i cantieri erano al massimo dei lavori finali, fu possibile far disputare alcune partite. Per esempio, un Milan-Inter, domenica 16 ottobre 1955 con 87.000 spettatori e un incasso record di 70 milioni di lire, rivalutati ad oggi sarebbero oltre 2,1 miliardi di lire, ovvero quasi un milione e centomila euro. Vinse l’Inter con reti di Nesti e Lorenzi e per il Milan segnò Nordhal. Angelo Moratti aveva preso l’Inter con allenatore, per una parte della stagione, Aldo Campatelli e poi Peppino Meazza. Il campionato era a diciotto squadre e fu vinto dalla Fiorentina, con il suo primo scudetto.
A San Siro si disputarono:
18 settembre Inter-Novara 2-0
25 settembre Milan- Sampdoria 6-1
2 ottobre Inter – Pro Patria 4-0
9 ottobre Milan-Napoli 0-0
16 ottobre come si è detto il derby, Inter-Milan 3-1
23 ottobre Inter Torino 1.0
30 ottobre Milan-Spal 2-0
1 novembre ottavo di finale di Coppa dei Campioni Milan-Saarbrücken 3-4
6 novembre Inter-Lazio 2-3
13 novembre Milan-Lanerossi Vicenza 0-0
20 novembre Milan-Fiorentina 0-2
11 dicembre Inter-Atalanta 1-2
26 dicembre, come detto, Milan-Juventus 3-1
Per inciso, il Milan andò in semifinale di Coppa dei Campioni e venne battuto dal Real Madrid che poi vinse il titolo contro lo Stade Reims al Parco dei Principi. di proprietà del Comune di Parigi, al confine con il Comune di Boulogne-Billancourt.
La prima del nuovo stadio C’era stata anche una partita, domenica 4 settembre 1955 tra Milan e Dynamo Mosca; la prima volta di una squadra sovietica in Italia, che venne anche ricevuta dal Sindaco di Milano Virgilio Ferrari. Nella Dynamo in porta c’era il mitico Lev Jashin e la formazione del Milan era “Buffon Maldini Beraldo Liedholm Pedroni Bergamaschi Mariani Dalmonte Nordhal Schiaffino Frignani” Il titolo del “Corriere d’Informazione” di lunedì 5/martedì 6 settembre 1955 era “Eccezionale spettacolo di folla – Nel rinnovato stadio di San Siro la Dynamo batte il Milan (4 a 1)”
Nel suo articolo, Ciro Verratti scrive: “Prima di tutto leviamo un inno alla folla di Milano che ha dato ieri al rinnovato stadio di San Siro una formidabile e quasi irreale cornice che ha saputo creare da sola uno spettacolo che non si cancellerà tanto presto dal nostro ricordo. Lo stadio si può ormai considerare finito e c’è solo un piccolo settore alla sinistra della tribuna centrale che ha ancora bisogno di essere collaudato e che perciò era vuoto. Tutto il resto era una sola barriera di umanità compatta e multicolore, a comporre un quadro fiabesco. Ci hanno detto che gli spettatori presenti nello stadio arrivavano a centomila. Questo è un primato che onora la nostra città, un primato degno della tradizione di Milano, capitale sportiva d’Italia.”
A pagina due un articolo parla dello stadio “I milanesi hanno fatto conoscenza, ieri, col loro nuovo grande stadio capace di novantamila- centomila persone. Già nei primi dell’anno gli assidui di quelle straordinarie “kermesses” che sono le partite di calcio avevano potuto vedere le vecchie gradinate allungarsi, salire: lo stadio cresceva. Ieri lo sterminato catino è però apparso, salvo il buco ancora vuoto di una curva, in tutta la sua imponenza. Si deve dire subito che lo stadio è senz’altro bello, funzionale, comodo. Si poteva avere dei dubbi sulla visibilità dai punti più elevati degli spalti, ma anche questi, alla prova dei fatti, sono scomparsi: la visibilità è perfetta. S’è visto anche che lo “svuotamento” è rapido e tranquillo: in pochi minuti la folla ha potuto lasciare le gradinate, senza spinte, senza fermate forzose, senza ingorghi. Milano ha dunque il teatro sportivo motivo che meritava.”
Poi il “Corriere di Informazione” commenta le difficoltà del traffico viabilistico “Che pena tornare a casa!”.
Integrare ed ampliare, non un nuovo stadio Dunque, già nell’autunno del 1955 lo stadio era finito, e poi la partita ufficiale di inaugurazione si svolse solo il 22 aprile 1956 con la partita Italia Brasile finita 3 a 0 per l’Italia, Il progetto dell’ingegnere Ferruccio Calzolari e dell’architetto Armando Ronca era andato in porto grazie anche alla direzione dei lavori, affidata all’ing. Bonzano, dell’Ufficio tecnico municipale. L’idea di ampliare lo stadio con il secondo anello su progetto Calzolari-Ronca era già stato fatto proprio nel 1948 dalla Giunta di Antonio Greppi con l’assessore allo sport Guido Mazzali. Sarà poi la Giunta di Virgilio Ferrari (25 giugno 1951-21 gennaio 1961) e il Consiglio Comunale il 3 marzo del 1953 a deliberare l’avvio dell’appalto per un’opera da realizzare in 500 giorni e con un costo di 750 milioni /quasi 24 miliardi di lire rivalutati ad oggi, cioè 12 milioni e 400 mila euro).
Le due giunte avevano escluso di abbattere il vecchio stadio del 1926, ampliato nel 37-39, come prevedeva un progetto dell’architetto Ladislao Kovacs, presentato da privati che volevano costruire a San Siro in fianco a quello esistente, da demolire, uno stadio anche con la pista di atletica (per una eventuale candidatura di Milano alle Olimpiadi). I privati chiedevano le aree al Comune in concessione per quindici anni, che sarebbero loro bastati per rientrare dal loro investimento di 1,1 miliardi di lire.
“Le rampe di accesso un suggestivo significato simbolico” Ma il Comune disse che preferiva l’ampliamento a sue spese, con una opera significativa dal punto di vista architettonico e ingegneristico.“Gli aggettivi “sterminato, imponente, armonioso” cercavano così di adeguarsi all’importanza di una opera che era stata capace di tradurre i vincoli tecnici in espressività, ed aveva acquisito quell’aspetto fortemente caratterizzato dalle rampe avvolgenti la costruzione in fasce plastiche di aggetti e rientranze e in alternanze di chiari e di scuri. Le stesse assumevano inoltre un suggestivo significato simbolico, portando la folla, vera protagonista delle architetture degli stadi, fin sulle pareti e trasformandone le ordinarie murature in luoghi vissuti di percorsi dinamici.
Ma la capacità di trasformazione è, come si è visto, una delle prerogative più salienti di San Siro, così che la sua storia architettonica non può in effetti che continuare, trasfigurandone l’immagine per tappe successive, ampliando e rimodernando, edificando in altezza e intorno al nucleo originario, a quel primo campo di “football” che non è mai stato distrutto e le cui strutture, seppure invisibili, partecipano ancora della vita del nuovo stadio”
Così scriveva Ornella Selvafolta, docente di storia dell’architettura del Politecnico di Milano, nel libro “San Siro storia di uno stadio”, a cura di Silvana Sermisoni. 1989, edizioni Electa. In questo libro si presentava un’altra opera, il terzo anello, che sviluppava lo stadio, conservando i suoi tratti originali, ampliando e rimodernando, valorizzando uno dei pregi dello Stadio Meazza in San Siro: la trasfigurazione per tappe successive, trasformandosi e mantenendosi moderno, conservando i suoi nuclei antichi e recenti. Un simbolo di Milano, non solo perché è conosciuto in tutto il mondo, ma perché l’edificio è l’immagine di una città che sapeva trasformarsi mantenendo la sua identità originaria. “Non bastano gli atti onesti: occorrono anche le parole oneste: e forse più queste che quelle.” scriveva Mario Borsa e quanto aveva ragione!
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(lunedì 27 dicembre 2021)