È davvero imbarazzante sentire e leggere le dichiarazioni dei fautori della demolizione di Sam Siro, che hanno subito una sconfitta che non si aspettavano, sicuri come erano dell’appoggio di alcuni quotidiani “d’informazione” e dei giornali sportivi. Ha ragione un caro amico che mi ha mandato, per celia, le parole del generale Armando Diaz : “risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.
Ho trovato davvero umoristica la scelta di intervistare un architetto che aveva fatto il progetto per il “nuovo” stadio. Se “Repubblica” aveva bisogno di un sostenitore della sua causa, ha scelto la persona sbagliata in palese conflitto di interesse. Il quale architetto fra l’altro aggiunge una bugia sul “quartiere Selinunte-Segesta”: in tutte le delibere, nel progetto e nei documenti presentati al farlocco “dibattito pubblico” non vi è un centesimo di oneri di urbanizzazione per il “quadrilatero San Siro”.
Siamo poi alle amenità con le dichiarazioni della “sindaca d’agosto” Anna Scavuzzo: “decisione incomprensibile della Soprintendenza”. Come? Incomprensibile per chi non rispetta le leggi e per chi non le conosce e per chi non ha interesse a tutelare il patrimonio del Comune. È stata presa la decisione prevista dalla legge sui settant’anni di una opera, pubblica per di più. E che il secondo anello di Ronca e Calzolari avesse un valore culturale, il Comune lo sapeva da quando è stato realizzato nel 1954-1955 e quando è stato fatto il terzo anello, che non ha per niente modificato il secondo anello e che aveva integrato la costruzione originaria, dando allo stadio di San Siro una forma unica al mondo.
Nella dichiarazione al “Giornale”, la vicesindaca – nota per la guerra di religione contro la scuola di via Vivaio allo scopo di trasferirla in viale Gabriele D’Annunzio – fa delle affermazioni imbarazzanti: “la struttura andava trasformata invece che congelarla così come è”. Forse non si rende conto di quello che dice, ma la decisione della Soprintendenza, molto intelligente, non congela la struttura così com’è, impedisce la demolizione dello stadio, ma apre alla sua riqualificazione o alla sua ristrutturazione o al suo ammodernamento. E quando la vicesindaca (non una che passa per strada, ma una che come minimo ha votato due delibere di giunta) dice che lo stadio doveva essere trasformato – non dice “demolito” – dice una cosa in contrasto con quello che il suo Sindaco ha fatto per quattro anni, tentare di demolire San Siro. E così facendo, – come noi avevamo sostenuto – il Comune andava contro la legge che imponeva “prioritariamente” il “recupero” dell’esistente. Ma siccome più della legge, per Sala, contavano le tesi di Scaroni, ha sposato la scellerata opzione “demolizione”, senza il parere di una commissione terza, di esperti.
E come dice il proverbio, “chi lava il capo all’asino, perde il ranno e il sapone”, il Sindaco ha fatto perdere tempo, fatica e soldi al Comune di Milano, aggiungendo costi a costi per un “interesse puramente privato” dei fondi esteri: altro che costi di via Vivaio, la vicesindaca vada a vedere quanto è costato ai contribuenti un inutile “dibattito pubblico” fatto per Scaroni & soci.
Di progetti di rifacimento e di ammodernamento dello stadio ce ne sono, ma la cosa che dovrebbe fare oggi il Comune (visto che non l’ha fatto quattro anni fa, perdendo tempo e soldi) è quello di fare un concorso internazionale per l’ammodernamento (interno, esterno e dell’area circostante) e per la gestione del Meazza.
Si continua poi con questa specie di manfrina, di lagna ripetuta, “che ne sarà dello stadio? Come si affronteranno i costi di gestione?. Come se fosse scontato che i due club se ne vanno da San Siro. Ma con quali soldi fanno il loro stadio ? E qualcuno del Comune ha provato a vedere i bilanci delle due società e a farsi dire esattamente chi sono i proprietari delle due squadre? Sono cinesi, americani, lussemburghesi, singaporiani, caymaniani, olandesi, verginiani ? Chi sono i veri proprietari?
Ci hanno raccontato la barzelletta di investimenti miliardari, grazie anche al fatto che il Comune non è mai andato a vedere quanti soldi di loro davvero investivano: un Comune serio avrebbe dovuto chiedere una fidejussione, visto che i fondi pensavano di utilizzare una area pubblica.
Il Comune non ha mai reso pubblici i conti esatti della “convenzione per la concessione d’uso e la gestione dello Stadio Giuseppe Meazza e dei relativi servizi” dal 1 luglio 2000 al 30 giugno 2030: quanto ha incassato in contante, quali sono i lavori di manutenzione ordinaria e quelli di manutenzione straordinaria a carico del concessionario, ma a scomputo dell’affitto. E quali costi (che ha fatto anticipare dal concessionario, a scomputo) ha avuto il Comune per le verifiche sulla “solidità statica e strutturale dello stadio e di ogni sua parte, comprensivo delle operazioni di monitoraggio permanente dello stadio”. E quanto ha incassato il concessionario per i concerti che si sono svolti allo Stadio Meazza dal 2000 ad oggi? Stiamo parlando di oltre centotrenta concerti e solo questa estate 19 concerti nello stadio.
E anche qui, la vicesindaca si informi: ci sono già stati coloro che hanno manifestato interesse a gestire lo Stadio, con vantaggio economico per il Comune. Solo che forse non piacevano al Sindaco e a Scaroni.
Lasciamo stare le fantasie su due stadi nella stessa area di San Siro, che però nascono da una concezione della città davvero particolare, con una scala di priorità deleteria. Il Sindaco e la sua Giunta sono preoccupati che le squadre vadano fuori dai confini di Milano, ma non gliene frega nulla che vadano a Rho le facoltà scientifiche della Statale o che vadano a Sesto San Giovanni, due eccellenze milanesi di ricerca scientifica e di assistenza sanitaria, come il Besta o l’Istituto dei Tumori.
Del resto, che dire di un Comune che fa la lotta agli automobilisti e ai pendolari , con ticket aumentati delle aree B e C, e tiene il mercato all’ingrosso nel centro della città, senza collegamenti ferroviari, con 4500 transiti al giorno di autotreni, camion, furgoni, e per di più autorizza l’unica società pubblica, comunale al 100%, a investire sulla struttura del mercato 300 milioni (dicasi 300 milioni) ?
Quos Deus perdere vult dementat prius.
Paolino Casamari
(venerdì 11 agosto 2023)
PS: Oggi mi andava di fare citazioni, e per chi non lo sapesse, il ranno è una soluzione o miscuglio di cenere di legno e acqua bollente, usati, soprattutto nel passato, come detergente per lavare i panni.
Approvo e condivido tutto quanto e sono pure contenta che la caparbia volontà di Sgarbi abbia portato alla salvaguardia dell’architettura del 900 milanese e con essa di ambiente e territorio!