Alla fine Vladimir Putin ha attaccato l’Ucraina, Stato indipendente riconosciuto dalla comunità internazionale. Non si è limitato ad occupare le autoproclamate repubbliche filorusse di Donbass, Donesk e Lugansk, come sembrava possibile e prevedibile, anche se non auspicabile. No, egli spinge le proprie forze armate fino alla capitale Kiev e ad altre zone del Paese a occidente del fiume Dniepr, confine storico (o mitico) della “Grande Madre Russia”.
Ogni guerra d’aggressione è ingiustificabile. Si tratta anche in questo caso di un imbarbarimento delle relazioni internazionali (“Con l’inaccettabile invasione di Putin torna il Continente selvaggio” titola oggi ‘il Manifesto’ un articolo di Alberto Negri).
A pagare il prezzo più caro sono le popolazioni innocenti che cercano disperatamente di mettersi in salvo riproponendo le strazianti immagini di bambini in fuga con le loro famiglie.
Ma un tentativo di comprensione, uno sforzo di razionalità va tentato pur nella condanna dell’orrore generato da questa stolida avventura di guerra.
Le analisi che si leggono sui media nazionali e internazionali sono varie e diverse, ma sostanzialmente riassumibili in due tesi estreme: Putin è un pazzo oppure è animato da una lucida visione (o follia).
Tanto normale non appare la decisione di aggredire l’Ucraina con la violenza esibita in questi giorni. Si tratterà anche di una corretta tattica militare ‘shock and awe’ basata sulla ‘geometrica potenza’ delle forze armate russe che al momento sembra tragicamente efficace. La follia è una spiegazione facile per comportamenti così disumani. Folle è stato considerato Adolf Hitler che pure aveva dichiarato fin da subito quali fossero i suoi intenti di sterminio e di dominio. Eppure non fu subito riconosciuto come tale se fino al settembre del 1938 i grandi statisti europei (Neville Chamberlain Primo Ministro del Regno Unito ed Eduard Daladier capo del Governo francese) pensarono di acquietarlo concedendogli di ‘liberare’ popolazioni di lingua tedesca che, però, a torto o a ragione erano residenti in altri Stati sovrani indipendenti.
Con la conferenza di Monaco gli venne data via libera per l’annessione dei Sudeti. Winston Churchill, esperto, cinico e acuto, all’indomani della conferenza commentò “Potevano scegliere tra il disonore e la guerra: hanno scelto il disonore e avranno la guerra.”. In questi giorni, per chi volesse, è disponibile in tv il film “The edge of war”, che ricostruisce la conferenza di Monaco, girato nel 2021 da Christian Schwochow con Jeremy Irons nella parte di Neville Chamberlain.
Quando Putin dice che vuole andare in soccorso alle genti di lingua russa ancorché residenti entro i confini di altri Stati sovrani e indipendenti richiama sinistramente quei lontani eventi già esplicitamente annunciati dai lugubri proclami del Fuhrer tedesco. Altri, invece, non si arrendono alla facile spiegazione della follia o della disperazione derivante dall’isolamento interno (oltre che internazionale) del neo Zar e cercano una spiegazione più razionale per la sua decisione, quasi come voler affermare che ci sia del metodo nella sua (in questo caso apparente) follia.
La spiegazione consiste nella volontà di ricostruzione di una grande Russia con repubbliche più o meno autonome a far da cuscinetto tra i Paesi Nato più orientali e Mosca. Se ciò fosse vero, Putin si attesterebbe sulla riva orientale del fiume Dniepr, annettendosi, di fatto anche se non di diritto, le Repubbliche autonome filorusse e altro territorio utile. Lascerebbe l’Ucraina occidentale a un Governo fantoccio e a una ridotta Repubblica ucraina con capitale Leopoli la quale potrebbe a quel punto aderire pure alla Nato (fatto salvo la rinuncia formale ai territori occupati dalle forze russe o filorusse). In effetti, le ambasciate di diversi Paesi occidentali hanno già traslocato le proprie sedi a Leopoli abbandonando la capitale Kiev e pertanto, simbolicamente, rinunciandovi.
Una riedizione della conferenza di Potsdam a quel punto sanzionerebbe una nuova suddivisione dell’Europa per aree d’influenza e acquieterebbe le ansie, le ambizioni e le tentazioni della Russia.
La conferenza di Potsdam del luglio 1945 ebbe per protagonisti Iosif Stalin per l’Unione Sovietica, Harry S. Truman per gli Stati Uniti d’America, Winston Churchill e poi Clement Atlee per il Regno Unito. Fu l’ultimo dei vertici delle grandi potenze alleate nella guerra contro il nazifascismo e definì l’assetto dei confini tra Paesi e aree d’influenza che rimasero in vigore fino al crollo del muro di Berlino nel novembre 1989.
Non saprei dire quale scenario preferire, forse nessuno dei due anche se Potsdam chiuse una guerra devastante e inaugurò una fase di ricostruzione dell’ Europa (pur considerando la mancanza di democrazia nei Paesi del blocco orientale), mentre Monaco, al contrario, aprì la strada a una terribile guerra di sterminio.
Quel che sembra certo in ogni caso è che alla scuola per funzionart del KGB frequentata da un promettente Vladimir Putin la locuzione ciceroniana “Historia magistra vitae” o non l’hanno mai considerata o non l’hanno capita.
Pepito Sbazzeguti
(venerdì 25 febbraio 2022)