Parafrasando Georges Clemenceau si potrebbe dire che la guerra è una cosa troppo seria per non lasciarla in mano ai militari. Bisogna temere i dilettanti, infatti, non i professionisti.
Peggio ancora, bisogna temere i dilettanti fanatici.
I professionisti sanno bene quali siano le sofferenze inflitte da una guerra.
Per lo meno lo sanno quelli sul campo, forse non sempre e non tutti gli Alti Comandi. Così è stato nelle guerre passate, soprattutto nelle due Guerre Mondiali, così è anche oggi nelle missioni internazionali di pace (o di ‘guerra trattenuta’ o di ‘guerra dissimulata’ come preferisco chiamarle) che vedono impegnati i nostri militari e i nostri ufficiali sul campo.
Tanti sono gli episodi che vedono i nostri comandanti impegnati a ‘trattenere’, appunto, la forza in situazioni dove altri, soprattutto irregolari, hanno fatto disastri.
Ricordo solo il caso dei contractors della Blackwater (compagnia militare privata americana tanto amata dal Pentagono) che a Badgad nel 2007 fecero una strage di civili sparando con mitragliatrici e lanciagranate in piazza Nisur sulla folla e uccidendo almeno 14 persone. La società nel 2011 cambiò nome e quattro contractors furono condannati nel 2014 ma graziati poi da Donald Trump nel dicembre del 2020 a scadenza di mandato.
Perché ne parlo? Lo faccio proposito dell’Ucraina.
Le cronache dei giornaloni nazionali ignorano che in Ucraina agiscono milizie paramilitari a sostegno del Governo ucraino e, comunque, in contrasto con le aspirazioni indipendentiste o, almeno, autonomiste della popolazione filo-russa del Donbass.
Si parla spesso e volentieri delle milizie filo-russe (così come si parla spesso della compagnia militare privata russa Wagner), che ci sono sicuramente, ma mai (a meno di una mia colpevole disattenzione) di quelle ucraine. Che, poi, sono molto particolari.
Un caso su tutti: il battaglione Azov o, meglio, Reggimento Operazioni Speciali Azov (chiamato anche Ciorny Korpus, cioè Corpo Nero per il colore delle divise). Il motto del Reggimento “Smert Vorogam!” (Morte al nemico) ne esprime pienamente la vocazione. Il simbolo-insegna del Reggimento ricorda la svastica nazista (si chiama “Wolfsangel”, trappola per lupi), anzi ne è l’antesignano.
Secondo la stampa internazionale (The Guardian, Der Spiegel, etc.) il Reggimento inquadra, oltre che cittadini ucraini, neonazisti provenienti da vari Paesi d’Europa e dagli Stati Uniti, in Italia pare (da fonti web di destra) abbia rapporti con Casapound.
Una ricerca nemmeno troppo approfondita sul web può fornire a chiunque informazioni sul Reggimento Azov e su analoghi e numerosi reparti paramilitari ucraini.
Il fenomeno è attentamente monitorato dai servizi di intelligence occidentali (oltre che, ovviamente, da quelli russi, iniziando dal GRU, servizio di intelligence militare) per i rischi di ritorno in patria di questi combattenti irregolari. La stessa attenzione riservata ai combattenti jihadisti con potenziale rischio di rientro e impiego per atti terroristici nella patria d’origine.
Rimando a fonti specializzate e comunque disponibili ogni approfondimento in materia.
Ne ho parlato qui perché ritengo che il vero pericolo di escalation nella situazione ucraina non derivi dalla cieca volontà di potenza di Vladimir Putin o di Joe Biden o dei vertici politici (più che militari) della NATO, ma dalla cinica volontà di arricchimento e potere di questi soggetti irregolari.
Sono soggetti irregolari, ancorché come il Reggimento Azov, inquadrati nella Guardia Nazionale Ucraina, ma soprattutto dilettanti e fanatici come le loro imprese dimostrano ampiamente: sono numerose e circostanziate le accuse da parte di Amnesty International e dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) di crimini di guerra e tortura.
Non so se in Ucraina sia in scena una recita condivisa di entrambe le grandi parti in gioco o se sia un bluff USA per poi dire (quando nulla fosse successo) di aver piegato la Russia o se Putin veramente voglia impadronirsi delle regioni russofone dell’Ucraina.
Non lo so e, da quel che leggo, pare che non lo sappia nessuno.
Ma alcune domande per disperdere la nebbia della campagna di disinformazione sul caso Ucraina sono lecite.
I milioni di dollari riversati in Ucraina dove vanno a finire? Chi e cosa finanziano?
Le tonnellate di armamenti riversate in Ucraina (sovrabbondanti rispetto alla reale necessità operativa) in che mani finiscono? Chi arricchiscono in partenza e a destinazione?
Questi irregolari, dilettanti e fanatici, hanno interesse a tenere viva la tensione che li rende importanti, influenti e forse determinati politicamente, perché capaci di condizionare il fragile Governo ucraino. Ma anche ricchi.
Temo i dilettanti, dunque, non i professionisti della guerra.
Pepito Sbazzeguti
(venerdì 18 febbraio 2022)