Una sana misura da adottare sarebbe quella di obbligare ogni parlamentare europeo uscente, ricandidato o no, a presentare sul suo sito web un resoconto dettagliato delle cose fatte, delle presenze in commissione, in aula, delle attività di relazione su progetti, ecc. Pensate cosa dovrebbe scrivere l’uscente parlamentare europeo Salvini, definito dai suoi colleghi in aula un “fannullone”. Ma il livello dei giallo neri è contraddistinto anche dai due fancazzisti grillini che qualche mese fa si fecero ritrarre davanti al Parlamento di Strasburgo, parlando a vanvera. “Dobbiamo avere la serietà di ammettere che a sessantanove anni dalla Dichiarazione che istituì la Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio, i giovani governanti italiani non sanno perché il Parlamento europeo è nato a Strasburgo, non comprendono il valore simbolico dell’Alsazia nella pacificazione franco-tedesca, non reputano rilevante che a Strasburgo risiedano il Consiglio d’Europa e la Corte europea dei diritti dell’Uomo – scrive Nicola Pedrazzi sulla “rivista Il Mulino” – Insomma, ignorano la storia europea, i suoi simboli e in ultima istanza i suoi valori”.
Del resto, i giallo neri non conteranno nulla in Europa. Anche se la Lega prendesse 25 deputati, in totale la destra reazionaria europea conterebbe il 10% (74 su 751). Le 5 S (date a 19 seggi) e gli amici loro del Brexit Party farebbero 48 seggi: il 6%.
Si consideri che è previsto un tracollo dei Tories: il gruppo dei conservatori starebbe a 59 seggi, l’8%. In sintesi, un’alleanza tra popolari (in calo, ma sempre prima forza politica, 168 seggi) e nazionalisti, e conservatori – come auspica Berlusconi con i suoi previsti 7 parlamentari – non avrebbe che il 40% dei seggi. Se poi Berlusconi volesse anche 5S e Brexit Party, non avrebbe comunque la maggioranza assoluta dei seggi (gliene ne mancano 27). Nè i socialisti ( con 146 seggi di cui 18 seggi del PD ), con i verdi e con la sinistra/verdi nordici, avrebbero la maggioranza: farebbero il 34% dei seggi.
La verità è che tutti in Europa danno per scontato che i liberal democratici saranno i veri vincitori delle elezioni, con 106 seggi, più dei sovranisti nazionalisti dunque. I libdem avranno 37 seggi in più, con un gruppo più consistente e determinante per il governo dell’Unione europea. Infatti, i libdem con popolari e socialisti fanno 420 deputati, la maggioranza assoluta. Si consideri che i partiti decisamente a favore dell’unità europea sono dati a 470 deputati, oltre il 62%, poi ci sono anche quelli a metà strada. Nel Regno Unito, se il Brexit Party di Farage è dato al 34% (appena +6% sul 2014), la vera grande novità sono i lib dem, che fanno un balzo dal 7% al 17%, superando il Labour (15%) e i Tories che crollano al 9% (dal 23%); inoltre sono previste affermazioni di verdi, di formazioni gallesi e scozzesi e nord irlandesi favorevoli al “Remain”, per cui la partita in United Kingdom sembra pendere dalla parte dei favorevoli all’Europa.
Se il voto italiano premiasse Lega e 5S, dunque abbiamo la garanzia dell’isolamento politico. Il che si accompagna al fatto che i giochi per i futuri assetti della Commissione europea e degli incarichi principali nell’Unione sono già iniziati nelle riunioni dei capi di governo in carica, dove non contiamo nulla. Anche qui conviene fare quattro conti: su 28 capi di governo, 8 sono popolari (Germania, Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Irlanda, Lettonia, Romania), 6 sono socialisti, compreso Tsipras (Spagna, Portogallo, Malta, Slovacchia, Svezia, Grecia) ) e 9 sono liberali (Francia, Olanda, Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Estonia, Finlandia, Repubblica Ceca, Slovenia): ovvero 23 su 28 sono delle tre principali famiglie politiche europee. Fuori rimangono i 2 conservatori (Gran Bretagna e Polonia), l’Ungheria di Orban (formalmente sospeso dal PPE), la Lituania. E l’Italia? L’Italia aveva tre posizioni: il presidente BCE, il presidente del Parlamento, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, questo ultimo incarico più di immagine che di consistenza, scelto in modo sbagliato da Renzi. Ora l’Italia rischia di avere solo un commissario e in un ruolo marginale. Perché oltre all’isolamento politico, conta anche quello geografico: il Paese del Sud Europa, che dialoga anche con Francia e Germania e che trascina gli altri del Mediterraneo (Portogallo, Malta, Grecia) è la Spagna. Del resto per contare qualcosa l’Italia dovrebbe avere un governo unito (il duopolio giallo nero non è sinonimo di unità), essere capace di fare squadra (ma Lega e 5s hanno difficoltà a stare insieme fra loro, figuratevi con Forza Italia e PD) e poi dovrebbe avere nomi forti da proporre. E qui l’unico nome forte per la Presidenza della Commissione Europea è quello avanzato da +Europa e dai liberaldemocratici, quello di Emma Bonino. Gli italiani tutti dovrebbero puntare su una candidata già sostenuta dalla famiglia politica europea decisiva sugli assetti generali. Purtroppo temo che prevalga la miopia, non solo dei partiti di governo.
““La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi.” Buona notte e buona fortuna.”
Luigi Corbani
(giovedì 23 maggio 2019)