Era meglio avere pazienza, era meglio riflettere, era meglio rispettare la complessità del problema. Nelle invettive che si sono incrociate prima del Congresso delle famiglie c’era, come al solito, più campagna elettorale che non ricerca per il progresso delle famiglie, per la loro felicità. Così si sono levati epiteti, mai proposte, e questo purtroppo ha accomunato l’una e l’altra parte, i difensori dell’antico e gli amanti dei diritti personali.
Tra chi grida che “la famiglia è una sola” e chi urla “si torna a Mussolini” non si ravvisa niente che sia costruttivo e che aiuti a capire i cambiamenti così rapidi della nostra sfera privata. La sinistra si è distinta per i ripetuti “no” a questo e a quello. Tanto per fare un esempio, il “non si tocca la legge 194” (tristemente simile al “non si tocca la Costituzione perché è la più bella del mondo”). Alcuni (pochi purtroppo) ritengono invece che la 194, legge che regolamenta l’aborto, potrebbe essere aggiornata con qualche sanzione di carriera o di stipendio per gli obiettori. Alcuni decenni fa gli obiettori al servizio di leva venivano sbattuti a pulire i bagni, perché gli obiettori dell’aborto figurano come eroi del dissenso? Non c’è coscienza in tutti e due i casi nel rifiuto a partecipare a un’azione che non si condivide?
Nelle campagne elettorali i grandi temi della nostra epoca sono enunciati per slogan, mai approfonditi. Nel caso del destino delle famiglie italiane è perciò sfuggito, prima, durante e dopo il Congresso veronese, il punto focale della questione. Negli anciens régimes europei vigeva lo Stato etico, che aveva potere sulla sfera privata delle persone. Da noi è sopravvissuto fino alla Costituzione, grazie al ventennio fascista. Poi è sparito, ma lentamente, un pezzo alla volta. I comportamenti personali, anche se innocui alla società, erano passibili di punizioni da parte dello Stato etico: tortura, rogo, patiboli, prigione, emarginazione. I figli nati fuori dal matrimonio, per quanto innocenti, erano “bastardi”, privati di qualsiasi diritto. Le mogli adultere – in Italia fino al 1968, vent’anni dopo la Costituzione – commettevano un reato penale, i mariti no (in contrasto con la parità dichiarata dalla Carta). Il controllo delle nascite, grazie al Codice penale Rocco del 1931, configurava un reato contro la stirpe, e anche in questo caso la legge 194 ha raddrizzato un torto. La parità tra figli legittimi e figli naturali risale a giorni molto vicini, l’ha finalmente attuata il governo di Enrico Letta. Negli anni Sessanta Oscar Luigi Scalfaro, allora sottosegretario allo Spettacolo giustificava la censura chiamando in causa lo Stato etico: è suo dovere tutelare i giovani, diceva. Soltanto dagli anni Ottanta, grazie a un governo socialista, la religione cattolica non è più religione di Stato.
Con parole molto efficaci nel 1969, una volta liberalizzata la contraccezione, l’allora capo del governo canadese Pierre Trudeau affermava: «Non c’è più posto per lo Stato nelle camere da letto». Sulle questioni di famiglia la modernità liberale vorrebbe (anche se non ha sempre attuato) la fine dello Stato etico. Per tutti quelli che perseguono il progresso dunque il confine è questo: vogliamo che ci vengano dettate le scelte personali, purché responsabili e innocue alla società, o vogliamo che il governo ci dica se possiamo farlo “strano” o “normale”? Di quanta prole dobbiamo caricarci (come dal 1927 voleva Benito Mussolini con la campagna demografica, senza apprezzabili risultati)? Dovremo togliere il saluto alle coppie formate da due mariti o da due mogli? A quelle composte da un bianco e un nero perché inquinano la stirpe? Frustare le donne che hanno abortito o allinearci al sultano del Brunei che accetta la lapidazione per gli omosessuali?
Se è intenzione dei progressisti di seppellire lo Stato etico una volta per tutte, era forse meglio lasciare indisturbati i congressisti di Verona, preti, moralisti, parlamentari, sottosegretari o ministri, e soltanto dopo, a congresso chiuso, mettere in luce quali e quanti guai i loro principi e le loro regole potrebbero procurare alle nostre famiglie presenti e future. E fissare il confine che lo Stato – non più etico ma democratico – non dovrà mai superare, lasciando ai singoli adulti e consapevoli di scegliere come condurre la propria vita, anche se “diversa” da quella dell’ancien régime.
Marta Boneschi
Bello complimenti! Chissà se è il caso di suggerire ai bigotti di Verona, a proposito dello Stato nella camera da letto, il ripristino della prova della “mano calda”. La polizia che tampinava la sospetta coppia di adulteri, che entrava di sorpresa nella loro camera e il poliziotto verificava se il letto era ancora caldo, appoggiandovi la mano. Dopodiché verbalizzava la riuscita dell’operazione che costituiva prova assoluta in giudizio per la condanna penale degli adulteri e soprattutto dell’adultera…..non so se i veronesi lo sanno….in tempi di recuperi vintage potrebbe essere un’idea carina …