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L’Europa c’è, l’Italia no

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Domenica  26  maggio ha avuto luogo  il secondo più grande evento democratico al mondo: dopo l’India, le elezioni per il Parlamento europee coinvolgono il più grande numero di persone, 400 milioni,  e per queste elezioni 2019  c’è stato il record di affluenza da vent’anni a questa parte: oltre 200 milioni, pari  al 51%.

Gli europei hanno scelto l’Europa e hanno messo in un angolo i sovranisti e i nazionalisti. Ma stando a sentire politici, analisti e giornalisti, nella varie maratone televisive, prima e dopo voto, in Italia noi abbiamo votato per il governo italiano, non per il Parlamento europeo.

Cascano le braccia di fronte a tanto provincialismo, che si ripete senza un minimo di ravvedimento, di resipiscenza. Non si coglie la diversità di ogni elezione, sono tutte un referendum sul governo: anche se votasse Maccastorna, da solo, quel voto sarebbe indicativo della tenuta del governo. La verità storica e politica è che ogni elezione ha la sua specificità e le elezioni europee sono diverse da     quelle politiche, come le regionali sono diverse da quelle ammnistrative. E se c’è un voto che gli italiani percepiscono come più libero da implicazioni dirette o indirette è quello delle europee, ne sottovalutano le implicazioni per il nostro futuro. Sbagliano, ma la colpa non è loro, è del sistema politico, dei media e delle campagne elettorali in cui l’oggetto vero della scelta dell’elettore è messo in secondo piano. E il tutto si accompagna alla diffusione di vere e proprie menzogne, di notizie false, o, come si dice adesso, di “fake news”.  Prendete la storia per cui i “sovranisti” sfondano, volano. Una balla colossale: il Gruppo ENL,  a cui appartengono le Rassemblement national della Le Pen, la Lega di Salvini più gli amici “russi” di Ibiza della FPÖ – Freiheitliche Partei Österreichs arrivano a 58 deputati: certo 22 in più della passata legislatura ma sono solo il sesto gruppo del Parlamento con solo il 7,86%.

Se considerate il Gruppo EFDD, in cui ci sono le 5Stelle, il Brexit Party di Farage, avete il settimo gruppo del Parlamento (54 seggi ), con il 7,19% e con solo 12 deputati in più.  I due gruppi messi assieme fanno 14,91% dei seggi (112). Considerate anche l’ECR – Gruppo dei Conservatori, i cui più numerosi rappresentanti sono il PIS della Polonia (Diritto e Giustizia dei fratelli Kaczyński ), e Fratelli d’Italia della Meloni: è il quinto gruppo  con 59 deputati, ma ne ha persi per strada  ben 18, grazie anche alla  débâcle dei Tories in Gran Bretagna. Pur mettendoli insieme a ENL di Salvini-Le Pen e a EFDD di Farage-5S fanno 171 deputati ovvero il 22,71% dell’emiciclo di Strasburgo.

Ora come si vede bene, l’uragano sovranista che doveva travolgere l’Europa non c’è stato ed anzi quel poco che c’è stato è destinato ad esaurirsi per interne contraddizioni: ciascuno è sovranista a casa sua, contro gli altri e non solo sui temi dell’immigrazione ma su quelli della gestione dei bilanci e del rigore finanziario.

Chissà perché nei giornali italiani e nei talk show non sentite nessuno parlare dei veri vincitori delle elezioni europee, forse perché in Italia il riferimento è “+Europa”: i liberal democratici dell’Alde che aumentano di 40 i seggi a Strasburgo, con l’arrivo anche di En Marche di Macron;  con 109 deputati sono il terzo gruppo (14,51%) e la forza decisiva per i nuovi assetti dell’Unione europea.

Infatti, i due maggiori partiti ( PPE e PSE, popolari con 180 seggi (-36)  e socialisti 146 seggi (- 39) ) non hanno più la maggioranza assoluta: hanno il 43%. Quindi liberal democratici e verdi hanno un ruolo importante per la Unione europea dei prossimi anni. E questo anche per l’affermazione del gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea (Verdi/Ale) che passano da 52 a 69 seggi e diventano il quarto gruppo con il 9,19%: l’apporto decisivo viene dalla Germania, dalla Francia e dal Regno Unito, mentre nella Svezia di Greta Thunberg i verdi si dimezzano. A proposito di particolarità: avete saputo che fine hanno fatto i gilets jaunes ? meno dell’1%;  sono stati eletti al parlamento Europeo i due leader dell’indipendenza della Catalogna, Puidgemont rifugiatosi a Bruxelles e Junqueras, tuttora in carcere preventivo dopo più di due anni dal referendum. Dal voto di domenica la “Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica” esce con 13 deputati in meno e con 39 seggi si colloca come ottava forza con il 5,19.  C’è una sconfitta precisa delle sinistre euroscettiche (tipo Melenchon in Francia) o euro ambigue (socialisti francesi e Corbyn).

Ma i sovranisti non conteranno nulla sugli assetti di governo anche per altre ragioni: le nomine sono elaborate e concordate dal Consiglio europeo dei capi di Stato: su 28 capi di governo, 8 sono popolari, 6 sono socialisti e 9 sono liberali ovvero 23 su 28 sono delle tre principali famiglie politiche europee. Fuori rimangono i 2 conservatori (Gran Bretagna e Polonia), l’Ungheria di Orban (formalmente sospeso dal PPE), la Lituania. E l’Italia? Visto l’isolamento politico e geografico – la Spagna ormai è l’interlocutore della Francia e della Germania ed è la capofila dei Paesi del mediterraneo – avrà solo il commissario che le spetta di diritto, il cui ruolo dipenderà dal prestigio della proposta. Ma sarà una Italia ridimensionata e fuori dalle postazioni che contano: oggi abbiamo il presidente delle Bce e del Parlamento europeo e l’Alto commissario per la politica estera, per statuto vicepresidente della Commissione.

Il voto italiano del 26 maggio non ci dà peso in Europa, è andato a forze inutili sul piano europeo: dagli statisti del dopoguerra siamo precipitati ai politicanti impostori e cialtroni.  E a Bruxelles non ci faranno dei favori su conti pubblici e immigrazione, tanto più se li sbeffeggiamo come fa Salvini sulla “letterina” per i conti dell’Italia in disordine e i più cattivi con noi saranno gli amici di Salvini e Di Maio. L’Italia rimarrà un osservato speciale dunque, anche per le sue anomalie: un voto ondivago, con fluttuazioni elevatissime in un senso (PD) o nell’altro (Lega), senza una presenza di una forza verde di tipo europeo e di una forza liberal democratica riformista di centro. E questo sarà un bel problema nei prossimi anni.

Ma coraggio, dell’Europa non sappiamo nulla e non sapremo nulla fino alle prossime elezioni europee, grazie ai media e alla Rai.

Sappiamo però già che l’Europa sarà il capro espiatorio dell’inettitudine, della incapacità, dell’ignoranza, del pressapochismo e della furbizia dei magliari di casa nostra .

Ma noi ci affidiamo alla Madonna, con il beneplacito degli italiani  con il rosario.

““La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle ma in noi stessi”. Buona notte e buona fortuna”

Luigi Corbani

(martedì 28 maggio 2019)

1 thought on “L’Europa c’è, l’Italia no”

  1. Veles ha detto:
    Maggio 30, 2019 alle 11:02 am

    L’Italia è isolata certo ma è pur sempre la terza manifattura e la seconda per esportazione . Questo governo può far male a noi e all’Europa intera. Trump ha suggerito a UK di andare duro su brexit , Putin spinge per la disgregazione dell’Europa . Basta un incidente ( forse in Libia ) per innescare la miccia.

    Rispondi

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