Ettore Conti, magnate dell’industria elettrica, nel 1922 scriveva: “Non mi posso lamentare dell’andamento degli affari della mia azienda…Le forze organizzative dei combattenti (gli squadristi, per capirsi) e le affermazioni del fascismo hanno creato un clima di resistenza al propagarsi delle teorie bolsceviche”.
Uno dei massimi rappresentanti della classe dirigente economica di allora gongolava nell’intimo del suo diario a proposito delle imprese delle squadracce fasciste che avevano creato un clima favorevole al successo dei suoi affari. Un clima basato sulla violenza omicida, sull’intimidazione brutale, sull’intossicazione informativa.
Un clima reso possibile dalla complicità materiale di ampi settori di classe dirigente e sull’ignavia dei settori residui. Ma anche dalla collaborazione di apparati dello Stato ‘liberale’ e dal fiancheggiamento dei grandi giornali nazionali (con l’eccezione de la Stampa di Frassati).
La litigiosità nelle forze politiche di sinistra contribuì inoltre in modo importante all’affermazione del fascismo.
Insomma, una miscela letale di indifferenza, viltà, calcolo, cinismo, miopia della classe dirigente nel suo complesso (economica, politica, burocratica e intellettuale) generarono una tragedia.
Un lento – all’inizio impercettibile ma poi inesorabile – scivolamento verso la dittatura. Viviamo oggi una situazione analoga?
Alcuni sintomi preoccupanti di costruzione di regime nella nostra società si vedono: violenza verbale in politica, squadrismo digitale contro gli oppositori, misure di polizia contro chi contesta in pubblico, ostracismo verso i dissidenti, esaltazione di comportamenti da bullo di vicolo, riesumazione di enunciati di triste memoria (“me ne frego”, “tanti nemici, tanto onore”, etc.).
L’indifferenza è complicità ed è letale per la democrazia.
“Odio gli indifferenti” scriveva Antonio Gramsci.
Odiamoli anche oggi, con forza, che magari cambia qualcosa!
Pepito Sbazzeguti