Pubblichiamo la quarta parte dell’intervento di Mario Draghi, Presidente della BCE, in occasione del conferimento della Laurea ad honorem in Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna, Bologna, 22 febbraio 2019.
Le istituzioni e le regole
È quindi evidente che, in un sistema economico integrato a livello mondiale e regionale, i paesi europei devono cooperare per poter esercitare la propria sovranità. Ma su come organizzare questa cooperazione, le opinioni sono diverse.
Per taluni è sufficiente una cooperazione guidata dai governi nazionali e disegnata di volta in volta per rispondere a specifiche esigenze. Vi sono molti esempi di accordi di questo tipo, che hanno avuto successo. Quando tutte le parti di un accordo traggono da esso uguali benefici, anche una forma non rigida di cooperazione si è dimostrata sostenibile nel lungo periodo. Un esempio di questo tipo è offerto dall’accordo di Bologna che allinea gli standard dell’educazione superiore e assicura il mutuo riconoscimento dei diplomi universitari in tutti i paesi membri del Consiglio d’Europa [30].
Ma è chiaro che forme di cooperazione flessibile, non vincolante, non funzionano proprio nei casi in cui la cooperazione è più necessaria: i problemi di coordinamento esistono quando i paesi hanno incentivo a non coordinarsi o quando gli spillover avvengono tra paesi di diversa dimensione e con effetti asimmetrici [31]. In queste situazioni occorrono forme di cooperazione più forti.
Nella sua storia l’Unione europea ha seguito due metodi di cooperazione. In taluni casi, sono state create istituzioni comunitarie a cui è stato conferito un potere esecutivo, come ad esempio, nel caso della Commissione per ciò che riguarda le politiche commerciali o la BCE per la politica monetaria. In altri casi, quali la politica di bilancio o le riforme strutturali, sono i governi nazionali a detenere il potere esecutivo, legati però tra loro da regole comuni.
Questi settori della politica economica furono considerati troppo specifici della storia dei singoli paesi per poter essere affidati a una organizzazione comune. Si ritenne cioè che l’esercizio di una sovranità nazionale che mantenesse questa specificità fosse l’unica forma di governo possibile in questi settori: la scelta di affidarsi a regole per disegnare la cooperazione in queste aree fu vista come la sola coerente con questa visione. Occorre però chiedersi quale successo abbia avuto questa scelta. Nei casi in cui il potere esecutivo è stato conferito a istituzioni comunitarie, il risultato è stato, secondo molti, positivo. La politica commerciale ha aperto nuovi mercati: l’Unione europea ha concluso 36 accordi di libero scambio a fronte dei 20 degli USA [32]. La politica monetaria ha adempiuto al suo mandato. Invece, nelle aree di cooperazione basate su regole comuni, il giudizio è meno positivo. Le regole di bilancio sono state negli anni un importante schema di riferimento per la politica fiscale dei paesi membri, ma si sono rivelate spesso difficili da far osservare e complesse da spiegare ai cittadini. Nel campo delle politiche strutturali, il quadro non è molto diverso; le raccomandazioni specifiche per i paesi hanno avuto un impatto limitato: la percentuale delle raccomandazioni seguite è stata ogni anno inferiore al 10% [33].
La disparità negli esiti dei due metodi non è sicuramente dovuta a differenze nella qualità professionale delle autorità europee o nazionali; essa è il prodotto della differenza intrinseca nel loro funzionamento. Vi sono due ragioni per cui la cooperazione fondata su istituzioni si è rivelata superiore.
La prima è che, mentre ai paesi regole solitamente statiche chiedono azioni specifiche, alle istituzioni si chiede di raggiungere degli obbiettivi. Ciò implica che le istituzioni dispongano di flessibilità nel perseguimento dei loro obbiettivi. Le regole non possono essere modificate rapidamente di fronte a circostanze inattese, ma le istituzioni possono essere dinamiche e flessibili nel loro approccio. Questa differenza è molto importante specialmente quando, come spesso succede, la realtà cambia. È ovviamente una differenza importante per i cittadini a cui alla fine interessano soprattutto i risultati della politica economica più che le azioni intraprese dai governi. La politica monetaria della BCE durante la crisi è un esempio di questa maggiore adattabilità dell’azione delle istituzioni, rispetto alle regole. Pochi, quando il nostro mandato venne definito, avrebbero potuto prevedere le sfide che la BCE avrebbe dovuto affrontare nella sua breve esistenza. Ma la discrezionalità di azione prevista dal Trattato ha permesso l’utilizzo di strumenti prima mai impiegati al fine di mantenere il tasso di inflazione in linea con il nostro obbiettivo nel medio termine. Né una politica monetaria basata su una regola fissa, né l’utilizzo dei soli strumenti utilizzati in passato, sarebbero stati sufficienti.
In quel caso, la discrezionalità e la flessibilità nell’uso degli strumenti hanno contribuito ad accrescere la credibilità della BCE: flessibilità e credibilità sono state complementari. Le considerazioni sono di segno opposto quando consideriamo che le regole, se applicate con discrezionalità, perdono di credibilità. Non può esserci fiducia in un sistema in cui i vari paesi riscrivono o aggirano le regole ogni volta che queste divengono vincolanti. Eppure, vi saranno sempre circostanze che non erano state previste quando le regole erano state scritte e che richiedono flessibilità di azione. Nel caso delle regole, il trade-off (scambio, compromesso) tra flessibilità e credibilità è inevitabile. Questa è la ragione per cui avremo sempre tensioni nelle aree di politica economica in cui la cooperazione è fondata su regole. Ma il passaggio dalle regole alla costruzione di un’istituzione richiede vi sia fiducia tra i paesi. Fiducia che è fondata da un lato sull’osservanza rigorosa delle regole esistenti, ma dall’altro anche sulla capacità dei governi, di raggiungere compromessi soddisfacenti, quando le circostanze richiedono flessibilità, ma anche di saperli spiegare ai propri cittadini. Ciononostante questa transizione resta necessaria.
Un altro esempio della necessità di progredire dall’attuale costellazione di leggi diverse e di regole ad hoc verso un sistema fondato su armonizzazione e istituzioni è offerto dalla recente iniziativa della Commissione europea sul ruolo internazionale dell’euro. Il crescere delle tensioni commerciali e l’uso ormai più comune delle sanzioni come strumenti di politica estera hanno reso sempre più frequente l’applicazione extraterritoriale delle leggi USA. Questa, nella forma di multe alle società non americane e di interdizione all’accesso al sistema dei pagamenti USA, è fondata sulla centralità del sistema finanziario americano e del dollaro negli scambi mondiali. Centralità che potrebbe, secondo vari governi europei, essere attenuata da un maggior ruolo internazionale dell’euro. Perché i mercati considerino la possibilità di un maggiore utilizzo dell’euro occorre chiedersi quali sono le condizioni che fanno del dollaro la moneta dominante. La lista è lunga ma il fatto di essere l’espressione di un mercato integrato dei capitali è una delle condizioni [34]. Perché questa, più raggiungibile di altre, si verifichi a questo stadio di sviluppo dell’Unione europea occorre una complessa opera di armonizzazione legislativa e istituzionale che potrebbe però essere intrapresa al più presto. La seconda ragione per cui un approccio fondato sulle istituzioni produce solitamente risultati migliori è che su di esse, sul loro operato è più chiaro il controllo democratico dei cittadini. Proprio perché a queste istituzioni sono stati conferiti un mandato e poteri precisi, più diretto è il nesso tra decisioni e responsabilità.
L’Unione europea già dispone di molti canali istituzionali a questo fine. Sono le autorità nazionali presenti nel Consiglio dell’Unione europea, i membri del Parlamento europeo che esercitano su queste istituzioni il controllo democratico in nome dei cittadini che li hanno eletti. Ed è motivo di soddisfazione osservare che per la prima volta la maggioranza degli europei sente che la loro voce conta nell’Unione europea[35]. È auspicabile che questo processo di controllo sulle istituzioni continui a rafforzarsi perché da esso dipende la percezione di legittimità delle loro azioni. Il ruolo del Parlamento europeo è essenziale in quanto, tra le istituzioni chiamate dai cittadini a esercitare questo controllo, è l’unica con una prospettiva europea. Il secondo pilastro del controllo è rappresentato dalla Corte di Giustizia Europea. Il suo ruolo nella valutazione dell’operato delle istituzioni rispetto al loro mandato è particolarmente importante in un contesto in cui non c’è un governo europeo. L’osservanza delle sentenze della Corte di giustizia europea è un presupposto necessario per lo stato di diritto.
La coerenza e l’omogeneità nell’interpretazione del diritto dell’UE in tutti i 28 Stati membri sono il caposaldo del diritto dell’UE in quanto ordine giuridico efficace e autonomo [36]. Una funzione essenziale del diritto è stabilizzare le aspettative creando un fondamento affidabile sul quale i cittadini e le imprese possano organizzare le proprie attività e programmare il futuro [37]. Questa prevedibilità e questa certezza sono particolarmente importanti oggi per l’Unione economica e monetaria.
Mario Draghi
Fonte: Direzione Generale Comunicazione della Banca Centrale Europea,
[30] Cfr. Commissione europea/EACEA/Eurydice (2018), The European Higher Education Area in 2018: Bologna Process Implementation Report, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.
[31] Per una trattazione di questi fenomeni nel contesto statunitense, si rimanda a Inman, R. e Rubinfeld, D. (1997), “Rethinking Federalism”, Journal of Economic Perspectives, volume 11, numero 4, autunno 1997.
[32] Cfr. http://ec.europa.eu/trade/policy/countries-and-regions/negotiations-and-agreements/#_in-placee https://ustr.gov/trade-agreements/free-trade-agreements
[33] Capella-Ramos, J. (2018), “Le raccomandazioni specifiche per le politiche economiche dei singoli paesi formulate nell’ambito del Semestre europeo 2018”, Bollettino economico della BCE, numero 5.
[34]n Per una trattazione approfondita delle politiche necessarie ad accrescere il ruolo internazionale dell’euro, si rimanda a Cœuré, B. (2019), “The euro’s global role in a changing world: a monetary policy perspective”, intervento tenuto al Council on Foreign Relations, New York City, 15 febbraio.
[35] Commissione europea (2018), op. cit.
[36] Causa 6/64, Costa/E.N.E.L., sentenza della Corte del 15 luglio 1964, p. 594; causa 314/85, Foto-Frost/Hauptzollamt Lübeck-Ost, sentenza della Corte del 22 ottobre 1987, punti 15-16.
[37] Habermas, J. (2008 repr.), Between Facts and Norms: Contributions to a Discourse Theory of Law and Democracy, tradotto da William Rehg, MIT Press, pag. 144 e segg.; Luhmann, N. (1993), Das Recht der Gesellschaft, Suhrkamp, pagg. 150-3.