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Kiev non è Danzica

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Biden e Johnson stanno giocando una brutta partita, a spese degli europei: si rischia di avere un incidente, per accumulo di tensione, che si sta montando pericolosamente. Ed il pericolo per i Paesi europei è quello di avere una guerra assurda ai loro confini, per responsabilità di altri,   e di avere  il taglio delle forniture di gas da cui dipende la vita quotidiana di quattrocentocinquanta milioni di europei.  E tutto per interessi extraeuropei: insistere per mettere l’Ucraina nella Nato è un errore tragico, che si va ad accumulare ad altri errori  combinati nel tempo.

I Paesi dell’Est, dell’ex blocco sovietico,  volevano la protezione di Washington e i soldi della Unione Europea. Non volevano passare dalla sovranità limitata dall’Urss ad una sovranità limitata da un superiore interesse di unità europea. Per questo l’allargamento, realizzato da Prodi, anche su spinta della Germania che vedeva aprirsi nuovi mercati per la sua economia, è stato  un errore sotto ogni profilo.

Le promesse a Gorbačëv

Così come “alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato prevalse il partito di coloro che volevano annettere alla Nato (i Paesi dell’ex Patto di Varsavia). Erano convinti che gli Stati Uniti avessero vinto la Guerra Fredda e che avessero il diritto di trattare la Russia come un Paese sconfitto. Non capirono, o preferirono non capire che il grande sconfitto del 1989 era il comunismo e che l’interesse delle democrazie occidentali era quello di accompagnare la nuova Russia sulla strada delle sue trasformazioni. Non era questo lo spirito dei colloqui tra Reagan e Gorbačëv?  Non era questo lo spirito dell’incontro di Pratica di Mare?

Un diplomatico americano, Jack F. Matlock, ambasciatore a Mosca dal 1987 sino all’agosto del 1991, ricorda (e ha scritto nelle sue memorie) che un Presidente americano  (George H.W. Bush, in carica dal 1989 al 1993, e padre di George W. Bush) aveva promesso a Gorbačëv, sia pure solo verbalmente, che la Nato avrebbe evitato di installare le sue basi al di là del confine che aveva separato la Repubblica Federale Tedesca dalla Repubblica Democratica Tedesca. Era compatibile quella promessa con l’ingresso nella Nato di Paesi che erano tutti a est della vecchia “cortina di ferro”? (pagina 159 e seguenti,  di un bel  libro, Sergio Romano – Processo alla Russia, un racconto – Longanesi)

“Se davvero credevano di essere minacciati dalla Russia, questi Paesi (dell’Est) ottennero il paradossale risultato di renderla ancora più potenzialmente ostile”

La sconfitta del comunismo o la sconfitta della Russia?

Se si  considera la Russia un Paese sconfitto e si pensa di potere fare tutto ai suoi confini, dispiegare forze e mezzi, di accerchiarla e isolarla, si accentua nei russi l’idea di non essere considerati un grande Paese e di sentirsi minacciati, e si esaspera il nazionalismo russo.

Si ottengono dei risultati contrari a quelli che l’Europa avrebbe interesse ad ottenere, nuove relazioni di collaborazione e di distensione dei rapporti tra ovest ed est dell’Europa, del nostro continente. Tanto più che il gas russo, vitale per le economie dell’Unione Europea, non potrà mai essere sostituito dal gas americano, come Washington vorrebbe e promette.

Sconfitto il comunismo, è rimasta la Russia, con il suo “orgoglio per il suo grande spazio strappato nei secoli a popoli guerrieri, per le battaglie patriottiche nobilmente vinte in condizioni drammatiche, per la sua grande letteratura” e con il “timore di non essere considerata all’altezza delle sue speranze e ambizioni” e con la sua sindrome dell’accerchiamento.

 Il “complesso militare-industriale”

Certo, a Washington, come dice Sergio Romano, si scontrano fazioni diverse, che vogliono far prevalere la loro visione del mondo e del modo in cui agire per far prevalere i propri interessi e le proprie aspirazioni egemoniche. Ma spesso, in questi ultimi anni, nelle scelte sull’Irak, sull’Afghanistan, sulla Siria, sul Medio Oriente e sul  Nord Africa, a mio parere, è prevalso anche quello che paventava Eisenhower ( 17 gennaio 1961), quando lasciò la Casa Bianca:

“Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri (“la grande lobby del “complesso militare-industriale”, come la definì n.d.r.) metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Soltanto un popolo di cittadini vigili e consapevoli può trovare un adeguato compromesso tra l’enorme macchina industriale e militare  di difesa e i nostri metodi pacifici e obiettivi a lungo termine, in modo che sicurezza e libertà possano prosperare assieme”

Il contenimento delle mire espansionistiche della Russia non deve esasperare il “tradizionale e istintivo senso di insicurezza” che ha accompagnato la storia della Russia e dei russi. Non a caso Putin scelse la data di una festa nazionale (4 novembre) “già celebrata in epoca zarista per ricordare la cacciata dei polacchi e dei lituani da Mosca nel 1613”.

 L’Unione Europea dov’è?

I rapporti tra i vicini non sono mai stati tranquilli, ma appunto per riportare la calma,  dovrebbe esserci la Unione Europea: allentare la tensione, incoraggiare il superamento delle diffidenze e contribuire alla collaborazione. E qui ci vorrebbe uno scatto politico dei principali Paesi europei e delle principali famiglie politiche europee. Abbiamo lasciato spazio alla demolizione del sogno di una Europa unita, che recuperiamo solo quando l’Europa distribuisce soldi. Non facciamo nulla per dare una dimensione sovranazionale alle  politiche del lavoro, dell’immigrazione, dell’energia, della scuola e dell’Università, dell’ambiente, dei trasporti, della stessa lotta alla pandemia. Non affrontiamo con decisione il tema del Mediterraneo, dell’Africa, dei rapporti con la Russia e dello stato di diritto in tutti i Paese della Unione europea:  belle dichiarazioni ma nessun  atto politico o proposta istituzionale forte e diretta. Anzi, anche noi come la Unione europea, non ci sentiamo umiliati dal fatto che Usa e Russia, senza l’Unione Europea,  discutano dei confini di un Paese europeo, un irrequieto vicino di casa. Eh sì che noi avremmo qualcosa da insegnare con gli accordi De Gasperi Gruber per l’Alto Adige.

Gli Usa (democratici e repubblicani), la GB e la Nato hanno combinato disastri nel Mediterraneo, in Nord Africa e nel Medio Oriente, ai nostri confini, riversandoci addosso milioni di profughi e di immigrati.

Emanuel Macron ha cercato di proporre una politica comune di difesa, superando la Nato, ma ha avuto il silenzio colpevole dell’Italia, oltre che l’ostilità di chi guarda più a Washington che a Bruxelles.

La crisi ucraina

Non bisogna dimenticarsi che la crisi ucraina scoppiò “quando le potenze maggiormente interessate decisero che il colpo di stato notturno di un partito della destra ucraina nel Parlamento di Kiev era più importante di una intesa già raggiunta attorno a un tavolo con la partecipazione della Russia.

Non avrebbero dovuto ignorare che la defenestrazione del Presidente ucraino Viktor Janukovič fu decisa dal Parlamento di Kiev poche ore dopo l’accordo per nuove elezioni raggiunto alla presenza dei ministri degli Esteri di Francia Germania, Polonia e Russia.

Fu un colpo di Stato, ma alcuni Paesi occidentali preferirono considerarla una manifestazione di volontà popolare. L’annessione della Crimea, nelle ore seguenti, ha violato le regole della convivenza pacifica tra gli Stati, ma non il principio della autodeterminazione dei popoli.

Fu un colpo di mano, ma non meno grave fu la decisione di negare alla Russia il diritto di esprimersi sul futuro di un Paese che appartiene alla sua storia e ospita da sempre una importante minoranza russa il 22% della popolazione della Ucraina.”

E giustamente Sergio Romano scrive che “I critici di Putin non potevano ignorare quali sarebbero state le reazioni di un Paese che assisteva alla progressiva estensione di una alleanza militare nata contro la Russia sovietica.”  Per inciso, va anche detto che “i critici di Putin non potevano ignorare quale rischio la secessione della Cecenia rappresentasse per l’unità di uno Stato multietnico e multireligioso  come la Russia.”

Dialogare con la Russia

Mi sembra ovvio ribadire che la Russia di Putin non è un esempio di democrazia, come d’altra parte non lo è la Cina, o  la Turchia o i regni e gli emirati arabi, con cui abbiamo rapporti.

Ma con la Russia dobbiamo dialogare per la stabilità del continente europeo, del Medio Oriente e del Mediterraneo. Ma dobbiamo anche guardare ai rapporti economici, al grande mercato della Russia e alle nostre esigenze di energia e materie prime.

Agli amici americani si può dire che sbagliano e che hanno sbagliato in questi anni:  l’amicizia non è unilaterale, ma bilaterale. E l’Europa non può essere antirussa o filo russa, come non può essere anticinese o filocinese.

L’Europa deve essere una realtà che dialoga con tutti, con fermezza, con dignità, con moderazione, salvaguardando i propri interessi di pace e di buone relazioni economiche.

“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(martedì 25 gennaio 2022)

1 thought on “Kiev non è Danzica”

  1. Cesare Prevedini ha detto:
    Gennaio 25, 2022 alle 6:47 pm

    Eccellente analisi caro Direttore, caro Luigi. Condivido tutto, sopratutto la l’autonomia di giudizio in una realtà così complessa, dove spesso, anzi quasi sempre prevalgono i pregiudizi.
    Non si può pensare che il mondo cambi e con esso la geopolitica e gli interessi dei popoli, ma non debbano cambiare gli schieramenti e sopratutto non si può invocare la pace e non rispettare i trattati.

    Rispondi

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