Dopo quattro mesi di carcere, in isolamento, al freddo, senza luce, con l’umiliazione di impedirle di lavarsi durante il ciclo mestruale, con l’impossibilità di vedere la figlia di due anni, la vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, che ha sempre negato ogni addebito, è oggi agli arresti domiciliari:
Il Parlamento europeo sulla vicenda della Kaili, del “Qatargate” ha dimostrato di essere inesistente e di avere una Presidente, Metsola, dannosa. Un Parlamento in cui la Presidente destituisce dalla sera alla mattina una vicepresidente, senza atti ufficiali a disposizione di tutti i parlamentari e senza una istruttoria pubblica e palese della Assemblea elettiva, è delegittimato, è alla mercè di qualsiasi magistrato in combutta con i servizi segreti di questo o di quel paese, persino extraeuropeo. Per di più, un Parlamento che non denuncia condizioni carcerarie da tortura, preventive, senza uno straccio di prova, è un organismo senza dignità.
Nelle democrazie liberali, a tutela della autonomia e della indipendenza di chi rappresenta il popolo. vi è l’insindacabilità dei parlamentari (per le opinioni espresse nell’esercizio del loro mandato), l’immunità e l’inviolabilità dei parlamentari che non possono essere sottoposti a perquisizione personale o domiciliare, ovvero arrestati (tranne nei casi di flagranza di reato o in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna) senza l’autorizzazione della assemblea elettiva cui appartengono.
Un parlamentare può anche parlare bene del Qatar senza che questo sia un reato. Del resto, ne hanno parlato bene in tanti, in primis, i vertici mondiali del calcio che, per soldi nelle casse della Fifa, Fédération Internationale de Football Association, hanno assegnato i campionati mondiali, a dicembre (date del tutto inusuali) al Paese del Golfo: nessuno è stato indagato. Vivo in una città in cui il maggiore attore immobiliare è il fondo del Qatar che praticamente ha in mano il centro della città, la costruzione del villaggio olimpico, e si sta adoperando (con il favore di quotidiani di “informazione”) per avere altri affari in città e fuori città, ricevendo dal Comune anche dei consistenti premi volumetrici per costruire di più. E nessuno ha mai sollevato problemi, anzi in Comune sono contenti perché la massiccia presenza del fondo del Qatar dimostra che Milano è “attrattiva”, è “appetibile”.
Ora, una cosa è il giudizio politico (a me non va bene la presenza del fondo del Qatar a Milano, e non mi vanno bene tantomeno i finanziamenti del Qatar a Paesi e organizzazioni nel Medio Oriente); una cosa è la condanna politica di chi prende le difese del Qatar, considerandolo un Paese “quasi democratico” o nel quale sono rispettate le tutele e la sicurezza del lavoratori; una cosa è il giudizio morale (disapprovo, disistimo, censuro e critico chi prende i soldi dalle attività lecite o illecite del Qatar); una cosa è un reato tributario (ricevono dei soldi per attività lecite, ma non li dichiarano e quindi evadono il fisco); una cosa è un reato penale di corruzione e/o di riciclaggio. In questo caso il reato deve essere dimostrato dal magistrato inquirente, e nel caso di un parlamentare, gli atti giudiziari, con le prove, devono essere inviati al Parlamento, prima di perquisirne l’abitazione o addirittura di arrestarlo. Non basta pubblicare foto con soldi contanti su un tavolo o in una borsa, per giustificare l’arresto (illegale) e per suscitare lo sdegno e l’indignazione della opinione pubblica o del “popolo”.
Ed è inammissibile, in uno stato di diritto e in uno stato democratico, in una Europa che dovrebbe avere principi liberali ben saldi, che un cittadino, e tanto più un parlamentare, sia gettato in carcere senza prove in modo da fargli confessare anche quello che non ha mai commesso o da costringerlo a dare le dimissioni dal suo incarico pubblico.
È quello che è successo in Belgio, è già accaduto in Italia con il colpo di stato del procedimento retoricamente e fasullamente chiamato “mani pulite”: oggi qualcuno è apparso sorpreso dalle dichiarazioni di un magistrato protagonista di quella operazione che confermava un uso scellerato del carcere preventivo. E così abbiamo visto tanti sepolcri imbiancati, persone e atteggiamenti ipocriti e falsi che pensano così di nascondere la loro partecipazione alla distruzione della Repubblica: come se i vari direttori dei giornali (La Stampa, l’Unità, Repubblica, Il Corriere della Sera) all’epoca non concordassero ogni giorno i titoli e non sapessero che il carcere era uno strumento per costringere a confessare reati di cui i magistrati non avevano prove o per far dimettere deputati, senatori o consiglieri comunali e regionali o per bloccare nomine come quella del Presidente della Repubblica, quando il candidato non era gradito a quei magistrati che andavano in televisione a proclamare quanto il governo o il parlamento poteva fare o non fare. Tv e giornali, sepolcri imbiancati, che incensavano il tripudio delle forze reazionarie e del popolo “giustiziere”, “girotondino” quando i suddetti magistrati sfilavano per la galleria di Milano come eroi assoluti di una stagione da repubblica delle banane, che aveva cancellato lo stato di diritto.
Ancora oggi, in questa vicenda del cosiddetto “Qatargate” non è chiaro quale sia il reato e quali siano le prove dell’eventuale reato. Ma come sempre dietro questa cortina fumogena, moralistica, non si affrontano i necessari correttivi politici e istituzionali per distinguere il lecito dall’illecito, nelle attività delle Ong e delle lobby. Esistono regolamenti e norme per le attività di lobby con i parlamentari in carica, ma non per gli ex parlamentari o i direttori (in carica o ex) della Commissione europea, che possono persino chiedere l’aspettativa, fare attività lobbistica di una multinazionale e poi tornare a fare il direttore.
La cosa infine che non mi sorprende più è l’assoluto silenzio di “Renew Europe” e della “Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici” al Parlamento europeo, Singoli parlamentari si sono mossi, ma non vi è stata una mobilitazione, in questi quattro mesi, dei liberali, dei socialisti o dei “democratici” a difesa di sacrosanti principi liberali come quello della presunzione di innocenza o dello stato di diritto. E ovviamente, questo vale anche per i popolari, e per tutti quelli che ci parlano dei sacrosanti valori dell’occidente.
Ancora una volta, vi è stato il silenzio quando non la compiacenza verso campagne mediatiche moralistiche di massa, guidate da demagoghi, interessati anche a distruggere la reputazione delle istituzioni comunitarie: si spinge sugli istinti, sull’anatema, sull’invettiva moralistica, sulle immagini ad effetto, sui titoloni dei giornali, piuttosto che sulla ragione, sul confronto, o sull’esame pacato ed attento dei fatti, sull’analisi differenziata. E popolari, liberali e “sinistra” dovrebbero sapere che queste campagne finiscono sempre a favore della destra, non quella conservatrice, ma quella reazionaria, e che, come diceva Polibio, queste sono forme degenerate della democrazia, sono quella oclocrazia che ai valori della libertà, che è sempre basata sul rispetto di regole, sostituisce i sentimenti e gli umori del popolo.
Per questo, un Parlamento che non difende le prerogative dei suoi deputati è un Parlamento morto.
“Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero
ché ’l velo ora è ben tanto sottile
certo che ’l trapassar dentro è leggero”
Dante Purgatorio Canto VIII, 19-21
Luigi Corbani
(giovedì 13 aprile 2023)
Sono sempre più impressionata da come si costruiscono i casi della serie “sbatti il mostro in prima pagina” piuttosto che, come tu scrivi, analizzare e valutare per comprendere e poi prendere posizione. Tutto viene giocato sull’emotività e il giudizio è sempre di natura morale è mai politico. Chi vede e capisce soffre…. ma il resto del “popolo” se va bene dorme… oppure è “morto”. Il cervello e’ piatto!