Davanti ai gravi fatti della guerra turca contro i curdi e la Siria e di fronte alle minacce del premier Erdogan, l’Europa ha una sola strada: reagire, pena la dimostrazione della sua nullità. La consistenza del ruolo dell’Europa e dei Paesi europei si manifesta con una ferma e decisa reazione ai ricatti del leader turco: qualora la reazione fosse debole, impacciata, incerta, confusa, non unitaria né univoca, l’Europa darebbe la prova di non contare nulla sullo scenario internazionale e tantomeno su quello che ci riguarda da vicino del Medio Oriente e del Mediterraneo. Tralasciando le considerazioni sui vari motivi, di natura interna ed esterna, che hanno condotto Erdogan ad attaccare i curdi e la Siria, cercando di creare una fascia cuscinetto di insediamenti di profughi siriani tra Turchia e Siria e di creare tensione tra siriani arabi e curdi, l’Europa deve rispondere con fermezza al ricatto di Erdogan di aprire il flusso di profughi verso l’Europa. Nessuna intimidazione deve essere tollerata, poiché sarebbe un segnale di estrema debolezza e avrebbe conseguenze deleterie per la stessa Europa: così sarebbe esposta a qualsiasi ricatto, non solo turco. Se l’Europa di 500 milioni di abitanti non è in grado di accogliere qualche milione di profughi siriani e curdi, e si dimostra impaurita, ha un destino segnato: quello di soccombere di fronte alle vicende del Medio Oriente e dell’Africa.
L’Europa oggi più di ieri ha bisogno di una sola politica estera che faccia capo alla Commissione europea e al Parlamento europeo. Il che richiama anche ad una struttura di difesa esterna, di forze armate europee, che siano strumento di salvaguardia dei confini dell’Unione Europea e di intervento di pace nei Balcani e nel Medio Oriente:
- un intervento della Nato che chieda la sospensione della azione militare di uno stato membro a pena della sua espulsione dalla Alleanza. Se ciò dovesse portare allo scioglimento dell’Alleanza Atlantica, sarebbe un passo decisivo per la formazione di forze armate dell’Unione Europea
- costringere la Turchia a un tavolo di trattativa con la Siria, per sistemare la questione dei profughi e in questo caso i finanziamenti vanno trasferiti alla Siria.
- convocare una conferenza di pace, con la presenza di Stati Uniti e Russia, con Turchia, Siria, Iraq e Iran per affrontare la questione del popolo curdo.
- sanzioni economiche nei confronti della Turchia: stop alla vendita di armi alla Turchia (che intanto già compra aerei dalla Russia).
- sostegno militare ed economico ai curdi e alla Siria per fronteggiare la Turchia.
- boicottare i prodotti turchi, i negozi turchi e il turismo in Turchia.
- sospendere le pubblicità e le sponsorizzazioni delle manifestazioni sportive da parte della Turkish Airlines.
- sospendere le partite di Champions e di Europa League con le squadre turche, come pure la finale di Champions ad Istanbul. Non giocare Francia-Turchia sarebbe stata una scelta più significativa di tante parole.
Il Parlamento europeo a marzo 2019 ha bloccato le trattative per l’adesione della Turchia che sono in corso dal 2005. E giustamente, non solo per i diritti civili.
Ma non si esce da una spirale di violenza, ai confini di casa, se l’Europa non prende risolutamente in mano, con una voce sola, la questione del Mediterraneo e del Medio Oriente. Troppo subalterna agli Stati Uniti, non solo di Trump, ma di Obama e di altri predecessori, e alla loro politica in Siria, in Libano, in Iraq. Il sostegno alla organizzazioni in lotta contro il regime di Bashar-al-Assad, come già la lotta a Gheddafi non hanno portato alla democrazia in quei territori, ma, al contrario, allo svilupparsi di milizie senza controllo, se non peggio, quando hanno favorito il camuffamento del fanatismo e dell’integralismo terroristico.
E trovo curioso che si cerchi di esportare la democrazia in Libia e in Siria o in Afganistan, quando si hanno rapporti di amicizia con Paesi che non brillano per democrazia interna e che non sanno cosa sia la salvaguardia dei diritti e delle libertà dell’uomo e della donna, come i Paesi del Golfo o l’Arabia Saudita. Che peraltro finanziano guerre, gruppi armati, come in Yemen. D’altra parte anche il contrasto della occupazione militare sovietica dell’Afganistan non si è risolta sul terreno diplomatico e politico, ma con il sostegno di organizzazioni che poi l’Occidente ha dovuto contrastare con l’invio di ingenti truppe militari.
Una qualche riflessione dovrebbe essere fatta sui disastri di una politica che non ha risolto nessuno dei problemi del Medio Oriente e del Mediterraneo.
E in cui sono prevalsi gli interessi di breve e medio periodo dei singoli paesi occidentali senza una visione del multilateralismo e del “villaggio globale”
È l’ora che l’Europa si presenti sullo scenario internazionale e tutti, Francia, Germania e Italia, devono sapere che da soli non contano più nulla.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”.
Luigi Corbani
(lunedì 14 ottobre 2019)