Sono tanti gli scheletri che, speriamo, vengano tirati fuori dall’armadio dopo questa vicenda Palamara/CSM/Lotti.
- E veniamo alla farsa ipocrita: tutti, politici e giornalisti, sanno e sapevano che le nomine nella magistratura venivano e vengono fatte attraverso accordi tra le correnti dei membri togati e i rappresentanti “laici” eletti dalle forze politiche parlamentari. “Le diverse correnti della Magistratura – sulla cui geografia si è d’altronde perfettamente strutturata, in modo pubblico, dichiarato e trasparente, la componente togata del CSM – si scontrano sui diversi candidati a quei prestigiosi e cruciali incarichi direttivi. Lo stesso accade, evidentemente, per la componente laica, con riferimento questa volta alla geografia parlamentare e partitica.” dice Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere Penali. “Come è ovvio che accada in questi casi, si tessono alleanze, si cercano sponde anche esterne al Consiglio (parlamentari, forze politiche, autorevoli ed influenti rappresentanti di altre istituzioni dello Stato), e si raggiungono accordi. Dinamiche, cioè, schiettamente politiche, nel senso più proprio del termine; nel dipanarsi delle quali è altrettanto inevitabile che trovino spazio anche ragioni ed obiettivi meno nobili e finanche miserabili (vendette personali, invidie, ambizioni sfrenate).
Tutto ciò sarebbe dunque un fatto nuovo? Una sconvolgente rivelazione? Un inedito viatico verso le nomine negli uffici giudiziari? Suvvia, non scherziamo. Se in questa vicenda non avesse fatto irruzione la scoperta di possibili fatti corruttivi riferiti al magistrato al centro di queste dinamiche elettorali, ma fino a ieri personalmente insospettabile ed anzi ai vertici della magistratura associata e della considerazione di tutti gli associati, semplicemente non avremmo conosciuto nei minimi dettagli, ivi compresi i luoghi degli incontri, l’orario ed i partecipanti, lo svolgimento di dinamiche elettorali che per nessuna seria e spendibile ragione si può pensare non siano state identiche in tutti questi decenni.”
- “Perché mai questi scontri così feroci riguardino soprattutto gli Uffici di Procura, e molto meno le Presidenze dei Tribunali o delle Corti di Appello?” prosegue Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere Penali.
“La risposta sta nel ruolo ormai indubitabilmente politico rivestito nel nostro Paese dai titolari dell’azione penale, che con una semplice iscrizione (o non iscrizione) nel registro degli indagati decidono le sorti di pubbliche amministrazioni, organismi elettivi di rango costituzionale (sindaci, giunte regionali, ministri, governi), imprese, mercati finanziari. Le Procure della Repubblica sono oggi i luoghi dove si esercita un potere pubblico che non ha eguali, perché è incontrollabile e soprattutto è irresponsabile. L’inganno di una obbligatorietà dell’azione penale, impossibile, scherma una azione penale esercitata con criteri discrezionali che ogni Procuratore della Repubblica seleziona in assoluta autonomia e senza risponderne a nessuno. La prova del nove di questo peso politico immenso sta nel dominio assoluto dei Pubblici Ministeri (meno del 20% del totale del corpo elettorale togato) nella guida della rappresentanza politica della Magistratura. E volete che un potere del genere non chiami, non pretenda perfino, logiche, criteri, dinamiche ed appetiti politici ad esso proporzionati? Inutile dunque simulare stupore e promettere insensate redenzioni: occorre mettere mano ad una seria riforma dell’ordinamento giudiziario e della obbligatorietà dell’azione penale”.
- L’on. Luca Lotti non ha commesso nessun reato perseguibile dalla giustizia, allo stato delle cose. Anzi, è stato intercettato in violazione della Costituzione, e non è una cosa di poco conto, e qualcuno, come già detto, dovrebbe risponderne. Il Ministro di Giustizia non ha niente da dire su una palese violazione delle prerogative parlamentari?
Non ho avuto sentore – se mi è sfuggito, chiedo ammenda – che il Presidente della Camera abbia sollevato una questione costituzionale: trovo gravissimo il silenzio di chi dovrebbe garantire la tutela del principale istituto democratico del Paese, il Parlamento.
Detto questo, tornando alle polemiche sul comportamento dell’on.Lotti, mi pare evidente che la politica sia altra cosa dalla giustizia. Un membro della direzione di un partito, per di più indagato, non va a pranzo, a cena, né di giorno né di notte, a discutere di nomine di Procuratori, e in particolare della Procura dove è aperto un procedimento a suo carico. Suvvia, se l’avesse fatto un ex-ministro di Forza Italia, indagato, cosa sarebbe successo? Inoltre se non è ingenuo, o spavaldo, o sbruffone o millantatore, un indagato dovrebbe sapere che ci sono le intercettazioni, anche illegali, ma che finiscono sui giornali. Un errore politico non è un reato e neanche un peccato; lo scarso senso dell’opportunità politica non è perseguibile penalmente, ma rimane una dabbenaggine che non può essere archiviata con una alzata di spalle. Trovo anche politicamente riprovevole l’atteggiamento garantista ad intermittenza: se queste cose capitano a un avversario pazienza; se capitano a un compagno o ad un amico, allora si protesta. Per questo, ho richiamato la vicenda fiorentina del 2008-2009, perché la dirigenza nazionale e locale del PD ha usato un metodo “giustizialista” che ha cambiato il destino di Firenze, del PD e dell’Italia. In bene o in male ? “Ci vuole senso di responsabilità perché è comunicativamente molto suggestivo affermare che tutti i politici siano ladri, o i pubblici amministratori corruttibili e gli imprenditori corruttori, o che la custodia cautelare possa essere usata come strumento per ottenere la confessione, o che il carcere vada tradotto con il termine galera e il verbo espiare con quello di marcire, e così via.” ha scritto Andrea Mascherin.
- “Il fatto è che alle radici del garantismo vi è il sistema dialettico, che poi è il principio che applicato al sociale promuove il rispetto reciproco delle diverse idee e l’importanza di argomentarle, contro la scorciatoia, assai pericolosa, del linguaggio d’odio e della individuazione costante di nemici da abbattere e delegittimare, negandosi così che, democraticamente, la si possa pensare diversamente spiegandone il motivo.
E allora si capisce che il garantismo è una idea di Società prima che di processo, una idea che pone al centro il dubbio, la dialettica, il rispetto del prossimo e delle idee altrui, e anche il rispetto delle diverse professionalità, sia quella del pubblico amministratore, del politico, dell’avvocato, del magistrato, del giornalista”.
E se finalmente, dopo il 1987, si ponesse mano per davvero ad una riforma della magistratura con la separazione delle carriere, potremmo fare un passo in avanti, togliendo di mezzo tante ipocrisie e demagogie, che uccidono la democrazia. Ma sono quasi certo che, al più, ma non è detto, si farà una “riforma” del sistema di elezione del Consiglio Superiore della Magistratura.
“”La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(mercoledì 19 giugno 2019) (fine)