E così se ne sono andati. Gli inglesi, intendo. Se ne sono andati sia gli “eurofobi” dall’ego ipertrofico, come il rozzo Nigel Farage, che gli “eurofili” gentili, come quegli eurodeputati che, alla vigilia del commiato, nell’aula del Parlamento europeo, hanno intonato l’Auld Lang Syne, il canto dell’addio per i bei tempi andati, da noi conosciuto come il Valzer delle candele. Se ne sono andati come la Groelandia, che nel 1982 aveva votato a maggioranza (il 53 per cento) per abbandonare l’Eµropa. Se ne sono andati fra strombazzi e cotillons, non proprio con l’aplomb che, dicono, caratterizzi i sudditi di Sua Maestà.
Ora, finalmente, nell’isola torneranno le buone vecchie tradizioni: niente più decadenti specialità culinarie della disprezzata Europa, basta con pizze, wienerschintzel, risotti e soles meunières, bentornata autarchica pappa d’avena bollita in acqua e latte (il “mitico” porridge che trionfa nei romanzi di Agatha Christie); bentornato black pudding, buon vecchio caro sanguinaccio di maiale e pecora insaccato, condito di strutto di maiale e sego di manzo; basta con champagne e prosecco, avanti con pinte di birra calda.·
E poi, vuoi mettere la soddisfazione di poter guidare “sul lato sbagliato della strada” senza essere giudicati stravaganti, o ripudiare l’aborrito sistema metrico decimale e tenersi stretto il contorto sistema imperiale britannico fatto di improbabili pollici, piedi, iarde, miglia, libbre, once, galloni.
Ora, finalmente, tornerà il passaporto vintage con la copertina blu (invece di quello rosso scuro tipico dell’EU), simbolo di riconquistata indipendenza e tradizione.
Peccato però che la festa della liberazione dai vincoli europei sia stata guastata dalla notizia che questi nuovi passaporti non saranno impressi da locali tipografi doc, magari discendenti di quei Caslon o Baskerville che avevano fatto storia, ma da stampatori francesi “mangia-rane” (come gli inglesi chiamano dispregiativamente i cugini d’oltremanica) perché lì costano meno e, probabilmente, lavorano anche meglio. Per la cronaca si tratta di un contratto da 600 milioni di euro che s’invola dalla Perfida Albione.
A proposito, è tanto che non si sentiva l’espressione “Perfida Albione”. No, non fu Mussolini, come qualcuno crede, a inventare l’epiteto. Furono già i greci nel XIII secolo, ma il copyright del modo di dire è attribuito dagli storici, più o. meno all’unanimità, a un francese di origine spagnola, il marchese Agostino di Ximenes, che, alla fine del Settecento, scrisse un sonetto che diceva: “Attacchiamo la perfida Albione nelle sue acque”.
L’espressione è diventata proverbiale: verrà ripresa , fra gli altri, da Paolo Villaggio che, nel film Il secondo tragico Fantozzi, poco prima del calcio d’inizio di Italia Inghilterra, esclama, rivolgendosi al collega ragionier Filini: «Le dò la perfida Albione dieci caffè contro uno». Insomma, vinca il migliore.
Franco Cologni
(sabato 15 febbraio 2020)
Complimenti… delizioso epitaffio di un incredibile harahiri…