Qualche scheggia, ma niente di più, si percepisce di questa furente guerra imperiale, condotta da e tra Cina e Stati Uniti, sulla scelta, tutta politica ed economica, del sistema di tecnologia e standard di 5a generazione che dovrà essere scelto per il sistema di telecomunicazioni, da tutti i Paesi. Una partita che è scontro di poteri, questi davvero forti, di governi, di colossi industriali e sistemi di sicurezza. Uno scontro, ridotto a scelta fra il sistema americano e quello cinese (con, al centro, quello noto come il “caso Huawei”). Una evoluzione nelle telecomunicazioni e controlli digitali, invasivi a tutto campo nella vita dei cittadini e degli Stati, che realizzerà prestazioni e velocità superiori da 100 a 1000 volte, rispetto a quelle attuali del 4 G.
È facile intuire l’importanza strategica di questa scelta per la sicurezza, in senso largo, e la competitività, in senso pieno, dei vari Paesi in tutti i campi, in ogni segmento della vita sociale, economica, istituzionale e dei servizi di sicurezza.
Quali sono i termini della questione, riassunti in “pillole”?
- Si valuta che il sistema cinese, sia tecnologicamente più avanzato di quello americano, di almeno cinque anni
- Ma il governo americano sta contrastando pesantemente quello cinese, tentando di annullare questo gap con ogni mezzo: diplomatico, politico e di ricatto economico (la dibattuta questione aperta dei dazi, è anch’essa pienamente dentro questa partita)
- L’Europa, che dovrebbe avere un ruolo fondamentale per dare regole e standard condivisi, si è chiamata fuori, ancora una volta, dal suo ruolo e responsabilità …. “naturali”
- I vari paesi europei, dalla Germania alla Francia, alla Gran Bretagna e molti altri, hanno scelto già, tutti, il sistema cinese, perché incomparabilmente più efficiente
- L’Italia è il paese su cui gli americani stanno facendo la maggiore pressione, con ogni mezzo e “a tappeto”, su ogni centro di potere politico ed economico, trovando grande ascolto, non disinteressato o peggio, su molti interlocutori, e un governo, totalmente nel pallone, incapace di definire una linea coerente anche su questo asset strategico, come su tutto, con gli stracci di politica estera su cui sta annaspando (nel caso, l’incapacità di decidere fra gli impegni del memorandum sulla via della seta, da una parte, e la fedeltà, la soggezione e l’arroganza americana, dall’altra)
- I nostri più diretti competitor europei (Germania e Francia in particolare) si augurano, non passivamente, che l’Italia scelga il sistema meno efficiente, quello americano, perché acquisterebbero un vantaggio competitivo cruciale nei nostri confronti, su ogni aspetto operativo del sistema-Paese, in Europa e non solo
- Ma per capire, ancora di più, i rischi che stiamo correndo sul piano globale, va presa in considerazione anche l’Africa. È noto che la Cina sta letteralmente comprando l’Africa: dalla terra, alle grandi infrastrutture, ai servizi. E contrariamente a quello che è forse l’opinione corrente, l’Africa è tutt’altro che ferma. Ha, in alcuni paesi in particolare, tassi di sviluppo rilevanti. È scontato, evidentemente, che dentro questa strategia politica, la Cina doterà l’Africa delle cosiddette “autostrade digitali”, nelle modalità le più avanzate, che, in caso di scelta sbagliata, sarebbero, si pensi alla teoria di Leontiev, più competitive di quelle che avremo noi. Facile, quindi, immaginare il peggioramento della nostra posizione competitiva sul piano internazionale, che ci farebbe scivolare, inevitabilmente, in una situazione di retroguardia.
- In tutto questo scenario, i responsabili della partita ( dal ministro dell’innovazione, a quello delle politiche regionali e dell’autonomia, che ha pure la delega per questa partita (?), per non dire del ministro degli esteri, fino allo stesso Presidente Conte) latitano e se ne disinteressano completamente. Il parlamento ha un intergruppo che ne discute, ma, al confronto, sembra che Babele sia ancora un esempio di armonia, e non sa che pesci pigliare, in assenza di indirizzi guida, dei vertici e della politica governativa, e in presenza costante invece dei condizionamenti americani, brutali, in ogni direzione e verso chiunque abbia il benché minimo ruolo nella questione.
- La nostra forza politica e diplomatica in tutta questa delicata importante partita, dovrebbe fare capo a Di Maio! E questo dice tutto su come siamo messi, e sulla fine che, prevedibilmente, faremo, visto che, come ripete ogni giorno, “sta lì a fare gli interessi degli italiani”. I miei no di sicuro. Anzi vorrei che non se ne occupasse proprio, dei miei. come di quelli dell’Italia…E come in tutto ciò di cui si occupa lui, del resto. Ogni giorno, appunto.
In questo momento non siamo proprio un paese fortunato e, tantomeno, lo sono i nostri figli che pagheranno il conto salato, di questa sciagurata classe politica.
Grazie Grillo!
Benito Boschetto
(martedì 29 gennaio 2020)