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Non togliete quel crocifisso: è il segno del dolore umano

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Intervento di Natalia Ginzburg, (L’Unità, venerdì 25 marzo 1988)

 

Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule di scuola. Il nostro è uno Stato laico e non ha il diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso. La signora Maria Vittoria Montagnana, insegnante a Cuneo, aveva tolto il crocifisso dalle pareti della sua classe. Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo. Ora sì sta battendo per poterlo togliere di nuovo, e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro paese. Per quanto riguarda la sua propria classe, ha pienamente ragione. Però a me dispiace che il crocifisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita.

Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto. Altre dicono che è una cosa di nessuna importanza. I problemi sono tanti e drammatici, nella scuola e altrove, e questo è un problema da nulla. È vero. Pure a me dispiace che il crocifisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato.

Ogni imposizione delle autorità è orrenda, per quanto riguarda il crocifisso sulle pareti. Non può essere obbligatorio appenderlo. Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo. Un insegnante deve poterlo appendere, se lo vuole, e toglierlo se non lo vuole. Dovrebbe essere una libera scelta. Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini. Se uno solo dei bambini lo volesse, dargli ascolto e ubbidire. A un bambino che desidera un crocifisso appeso al muro, nella sua classe, bisogna ubbidire.

Il crocifisso in classe non può essere altro che l’espressione di un desiderio. I desideri, quando sono Innocenti, vanno rispettati.

L’ora di religione è una prepotenza politica. È una lezione. Vi si spendono delle parole. La scuola è di tutti, cattolici e non cattolici. Perché vi si deve insegnare la religione cattolica? Ma II crocifisso non insegna nulla. Tace. L’ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell’ora e quelli che si alzano e se ne vanno.

Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini, fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo «prima di Cristo» e «dopo Cristo». O vogliamo forse ora smettere di dire così?

Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. È là muto e silenzioso. C’è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte del muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa di particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati.

Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager?

Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce, che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo.

Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dìo e del prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio, ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per una loro fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è l’immagine. È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mal detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli, tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva mai detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini, E di essere venduti e traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita, può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini lo sappiano, fin dai banchi della scuola.

Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso d’una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici, portiamo o porteremo il peso d’una sventura, versando sangue e lagrime, e cercando di non crollare. Questo dice il crocifìsso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici.

Alcune parole di Cristo le pensiamo sempre, e possiamo essere atei, laici, quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. Ha detto «ama il prossimo come te stesso». Erano parole scritte già nell’Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Il contrarlo degli aerei che gettano bombe sulla gente indifesa. Il contrario degli stupri e dell’indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. Si paria tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l’esatto contrario del modo come oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando estremamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto.

Il crocifisso queste parole non le evoca, perché slamo cosi abituati a vedere quel piccolo segno appeso, e tante volte ci sembra non altro che una parte del muro. Ma se ci avviene di pensare che a dirle è stato Cristo, ci dispiace troppo che debba sparire dal muro quel piccolo segno. Cristo ha detto anche: «Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati». Quando e dove saranno saziati? In cielo, dicono i credenti. Gli altri invece non sanno né quando né dove, ma queste parole fanno, chissà perché, sentire la fame e la sete di giustizia più severe, più ardenti e più forti.

Cristo ha scacciato i mercanti dal Tempio. Se fosse qui oggi, non farebbe che scacciare mercanti. Per i veri cattolici, deve essere arduo e doloroso muoversi nel cattolicesimo quale è oggi, muoversi in questa poltiglia schiumosa che è diventato il cattolicesimo, dove politica e religione sono sinistramente mischiate. Deve essere arduo e doloroso, per loro, districare da questa poltiglia l’integrità e la sincerità della propria fede. Io credo che i laici dovrebbero pensare più spesso ai veri cattolici. Semplicemente per ricordarsi che esistono, e studiarsi di riconoscerli, nella schiumosa poltiglia che è oggi il mondo cattolico e che essi giustamente odiano.

Il crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e ai non credenti, ai cattolici falsi e veri, esìstono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere e il non credere vanno e vengono come le onde del mare. Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla. È tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso ì più incerti e contrastanti pensieri.

 

(da L’Unità,  pag. 2 / Gerardo Chiaromonte, direttore / Fabio Mussi, condirettore / Renzo Foa e Giancarlo Bosetti vicedirettori)

3 thoughts on “Non togliete quel crocifisso: è il segno del dolore umano”

  1. Luisa toeschi ha detto:
    Ottobre 8, 2019 alle 8:07 am

    Grazie Luigi per questa lunga e serena riflessione che tocca tanti sentimenti e atteggiamenti a volte nascosti dentro di noi. Il crocifisso è un forte simbolo del dolore che prima o poi a tutti tocca..a presto spero
    Luisa Toeschi

    Rispondi
  2. Nucci ha detto:
    Ottobre 8, 2019 alle 11:57 am

    Leggere queste riflessioni, che ormai sono la vita quotidiana per i grandi contrasti che ci circondano, ci può solo dare forza. Grazie Corbani per avercele riproposte. Nucci

    Rispondi
  3. Emilio Paolo Papiniano ha detto:
    Ottobre 9, 2019 alle 5:28 pm

    Se un bambino vuole il crocifisso che si tenga un santino in tasca, nel portafoglio, nell’astuccio o al collo e non imponga ad altri, con sentimenti diversi, un proprio simbolo in un luogo pubblico dove uno stato laico non dovrebbe fare preferenze di fede. Non è appendendo un crocifisso che si tutela la “minoranza” cristiana. È permettendo ai cristiani di andare a messa, professare pubblicamente la propria fede e non essere perseguitati nel farlo che si tutelano le minoranze, le maggioranze e anche quelle comunità che stanno nel mezzo. Non appendendo crocifissi.
    Tutela delle minoranze è permettere l’espressione di un sentimento, non farsi voce di tale sentimento.
    Viene inoltre suggerito che anche se un bambino solo volesse il crocifisso allora questo dovrebbe rimanere appeso. E se in una classe un solo bambino non lo volesse? Come bisognerebbe comportarsi? E se ci fossero due bambini, uno dei quali desiderasse il crocifisso e l’altro no, come comportarsi?
    Concludo con una riflessione che va al di fuori del tema trattato: la chiesa, soprattutto quella cattolica, è, a partire dalla donazione di Costantino, sempre stata invischiata in politica. La poltiglia nella quale districarsi non è cosa moderna. Anzi.

    Rispondi

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