Paolo Franchi sul “Corriere della Sera” (sabato 23 settembre 2023) ha scritto un articolo molto puntuale, a mio parere, sulla figura di Giorgio Napolitano : “Un comunista “atarassico”. Capì prima la fine di un’epoca”. Franchi scrive: “Di certo Napolitano, a differenza di Amendola, preferì di gran lunga, anche nel confronto interno. il fioretto alla sciabola. Ciò non gli impedì di contestare apertamente (correva l’anno 1981) il Berlinguer della questione morale e della orgogliosa rivendicazione della «diversità» comunista , contrapponendogli il Togliatti che aveva esortato il partito. di fronte al nascente centrosinistra. «a saper scendere e muoversi sul terreno riformistico» invece di disperdersi in «vuote invettive». Ma non lo indusse a organizzare le sue truppe per dare battaglia neppure quando su di lui e i «miglioristi» si abbatté l’accusa di essere quinta colonna dell’odiato Bettino”
A mio parere sarebbe stato bene organizzare “la corrente”, cosa che non è mai avvenuta, e forse sarebbe cambiata anche la storia del Pci e oggi avremmo in Italia una forza socialista democratica europea. Purtroppo ci tocca vedere articoli su quotidiani e interviste televisive di personaggi che furono – come dice Franchi – gli alfieri della demonizzazione dei miglioristi e approntarono il rogo su cui bruciare gli odiati riformisti.
Comunque, qui, pubblico l’articolo che Napolitano scrisse il 21 agosto 1981 su “L’Unità” a proposito della “diversità” in cui Napolitano sottolinea la “peculiarità” del PCI e manifesta “una preoccupazione vivissima per lo spazio che si è aperto a tendenze «nettamente reazionarie » — come le definiva Togliatti — rivolte a mettere sotto accusa e liquidare la funzione del partito politico, per sostituirvi «un sistema di gruppi di pressione.».
Perché è essenziale il richiamo a Togliatti a 17 anni dalla scomparsa
di Giorgio Napolitano
Dalla scomparsa di Togliatti ci dividono ormai molti anni. La portata dei cambiamenti che da allora si sono prodotti nella realtà italiana e in quella internazionale non può sfuggire a nessuno di noi.
Eppure sentiamo di dover tornare a riflettere su momenti e approdi essenziali della straordinaria esperienza di Togliatti, proprio per meglio muoverci nella situazione nuova che si è venuta a creare. Non c’è da stupirsene: è con Togliatti che il nostro partito è diventato un protagonista effettivo della vita nazionale come nessun altro partito comunista in Occidente; è con Togliatti che abbiamo imparato a fare politica e abbiamo affrontato prove ancora ricche di significati attuali come, da ultima, quella dell’avvento del centro-sinistra.
Alcune di quelle acquisizioni rischiano di oscurarsi, nel succedersi delle generazioni e degli avvenimenti: e invece ad esse è importante oggi richiamarsi dinanzi alle difficoltà e insieme alle possibilità che ci si presentano.
Le difficoltà nascono dall’acutezza dei problemi da fronteggiare in Italia e su scala mondiale, dalla crisi del sistema politico democratico, dalla divisione tra le forze democratiche e tra le stesse forze di sinistra. Rispetto agli ultimi anni di Togliatti, si sono drammaticamente estese le minacce alla «nostra civiltà», alla «civiltà che gli uomini hanno creato»: i problemi dell’ambiente e delle risorse, e le questioni del rapporto tra Nord e Sud, le condizioni di immense masseumane alle prese con la povertà, stanno assumendo una carica dirompente; e intanto torna a farsi concreto, in dimensioni e forme ancor più spaventose, lo spettro della guerra nucleare. In Italia, aperti, brutali, sanguinosi sono diventati, col terrorismo — fatto davvero imprevedibile ancora nel momento della scomparsa di Togliatti! — gli attacchi alle istituzioni democratiche e alla convivenza civile.
Iniziativa per la pace
Occorrerebbe un’eccezionale capacità d’iniziativa europea e internazionale dell’Italia per la pace, il disarmo, lo sviluppo: ma a ciò fanno ostacolo vecchi schemi e calcoli angusti, strumentali, di politica interna, che sembrano ancora guidare diversi gruppi politici. Occorrerebbe una forte capacità di rinvigorimento della nostra democrazia, che si nutrisse di un’azione volta a sciogliere vecchi e nuovi nodi di giustizia e di progresso, a cominciare da quelli del Mezzogiorno e della condizione giovanile. Ma a tutto ciò fanno ostacolo il mancato rinnovamento della direzione politica del paese, l’incancrenimento di tanta parte delle strutture pubbliche, la persistenza e perfino l’aggravamento di fenomeni degenerativi nei comportamenti dei partiti di governo o di parte di essi, nei rapporti tra quei partiti e le istituzioni e più in generale nella vita della società e dello Stato.
Fermenti e contraddizioni
Dinanzi a questo insieme di difficoltà e di fattori negativi, possono comprensibilmente diffondersi nelle nostre file reazioni indiscriminate, atteggiamenti di pura denuncia, stati d’animo pessimistici e finanche forme di smarrimento: tanto più quando si vedano accrescersi le manovre tendenti a tenere il PCI pregiudizialmente fuori dell’area di governo magari dando di ciò la colpa…allo stesso PCI e deformando sistematicamente le sue posizioni.
Ma in effetti la situazione italiana presenta oggi altri risvolti e una grande complessità di fermenti e di contraddizioni: anche sul terreno più strettamente politico.
Esiste la possibilità di ampi movimenti unitari e di importanti convergenze, innanzitutto sulle questioni delicate e cruciali della difesa della pace, del negoziato e dell’intesa per un equilibrio al livello più basso tra i due blocchi militari in Europa e su scala mondiale.
E per quel che riguarda gli schieramenti politici, è un fatto che si è aperta una nuova e più grave crisi nella DC; che si sono manifestati significativi spostamenti nel corpo elettorale; che a distanza di quasi tre anni dalla negativa conclusione dell’esperienza di solidarietà democratica l’esigenza di un ricambio nella direzione politica del paese si ripropone, anche se da varie forze essa viene tradotta in formule ambigue o meschine.
Quella della costruzione di un’alternativa non è dunque solo una necessità vitale di rilancio del sistema politico democratico ma una possibilità reale, per quanto pesanti siano le resistenze da superare e ardui i problemi da risolvere.
Per cogliere e far maturare queste possibilità, è decisivo saper procedere secondo il metodo che Togliatti ci ha insegnato: quello dell’« analisi differenziata », che preserva dal grave errore « di non saper distinguere cose diverse » o di mettere e spingere sullo stesso piano forze che occorre « tener distinte ».
Ed è decisivo saper mettere a frutto, nelle condizioni di oggi, la grande scelta togliattiana del «partito nuovo», in quanto partito che « non si limita alla critica e alla propaganda », ma propone soluzioni, promuove una combattiva e costruttiva partecipazione e azione di massa, sviluppa una « iniziativa politica » capace di modificare posizioni e dati di fatto negativi.
Ciò vale in particolar modo di fronte a questioni come quelle del risanamento morale e del rinnovamento dei partiti.
Da parte nostra, al di là della denuncia — e da parte di tutte le forze che abbiano senso dello Stato e della pubblica moralità e siano consapevoli della gravità dei guasti che corrodono la democrazia italiana — si possono e debbono formulare precisi obbiettivi e impegni di risanamento, ricercando e indicando soluzioni anche per i più delicati problemi del rapporto tra partiti e Stato e del governo della cosa pubblica.
La nostra critica al modo d’essere, di far politica, di governare, di altri partiti, è animata da una preoccupazione vivissima per lo spazio che si è aperto a tendenze « nettamente reazionarie » — come le definiva Togliatti — rivolte a mettere sotto accusa e liquidare la funzione del partito politico, per sostituirvi « un sistema di gruppi di pressione ».
Dinanzi alle degenerazioni prodottesi nella vita pubblica, non ci limitiamo a sottolineare la nostra estraneità a quei fenomeni e a quei comportamenti; non ci chiudiamo in un’orgogliosa riaffermazione della nostra « diversità » ma intendiamo far leva sulle « peculiarità » del nostro partito per contribuire a un corretto rilancio delia funzione dei partiti in generale come elemento insostituibile di continuità e di sviluppo della vita democratica.
E d’altra parte sappiamo che la crisi dei rapporti tra partiti e società, e la crisi della democrazia, non sono legate solo a fenomeni degenerativi, ma a processi e problemi assai complessi con cui anche il nostro partito fa fatica a misurarsi. Di tutto ciò abbiamo discusso in gennaio nel Comitato Centrale, ma persistono opinioni e tendenze diverse che è bene si confrontino più apertamente.
Visione unitaria
La necessaria polemica con altri partiti, la preoccupazione per i loro comportamenti più torbidi, non può comunque oscurare la nostra visione unitaria. Specie per quel che riguarda la ricerca dell’intesa con quei partiti che rappresentano forze sociali interessate al cambiamento, legate all’esigenza di una guida nuova, progressiva, della società italiana.
Un acuto e appassionato studioso dell’opera togliattiana, il nostro caro, compianto compagno Ernesto Ragionieri, osservò quanto fosse stato faticoso per Togliatti giungere, prima della creazione del « partito nuovo », al « riconoscimento della necessità di questa alleanza in termini politici e non soltanto sociali » e come le origini di tale difficoltà andassero viste « nella critica radicale a tutti gli altri partiti italiani » — dal vecchio partito socialista alla nuova organizzazione politica dei cattolici, il partito popolare — « nel segno della quale il partito comunista era sorto in Italia, e nel lungo perdurare di uno stato di fatto che di quella critica appariva una giustificazione piuttosto che una confutazione ».
Anche su questa lezione del passato è bene tornare a riflettere, per non tornare indietro da quella fondamentale acquisizione di Togliatti.
Confronto chiarificatore
È aperta oggi nella sinistra italiana un’aspra competizione, animata soprattutto dalla legittima volontà del PSI di acquisire, insieme con una forza più grande, un più rilevante e autonomo ruolo. Sui mezzi e sui fini di questa competizione, quali li concepisce la maggioranza del PSI, sentiamo però di dover esprimere — e non possiamo rinunciare a farlo — profonde riserve: di qui la nostra polemica, e comunque, obiettivamente, l’esigenza di un confronto chiarificatore. Di un confronto che parta dai problemi, dalle esigenze del movimento dei lavoratori e del paese, dalle scadenze più vicine di politica italiana e internazionale per investire le prospettive; e che parta dalle esperienze di collaborazione in atto tra comunisti, socialisti e altre forze di sinistra e laiche, soprattutto da quelle, non ancora còlte politicamente in tutta la loro ricchezza e il loro significato, che si sono sviluppate nel governo delle regioni, delle grandi città, degli enti locali. E’ indispensabile che da parte nostra si sappia sollecitare e praticare questo confronto con la stessa, instancabile insistenza unitaria, con lo stesso respiro di grande forza politica nazionale, e con la stessa apertura rinnovatrice di cui Togliatti diede esempio dinanzi all’avvento del centro-sinistra. Il Togliatti che invitava il partito a saper « scendere e muoversi sul terreno riformistico », anziché pretendere di combattere il riformismo con « pure contrapposizioni verbali » o « vuote invettive », e sanciva la nostra adesione a una prospettiva di sviluppo graduale verso il socialismo, ed esaltava la « felice colpa »dei comunisti jugoslavi di « aver innovato nella dottrina, e nella pratica della lotta per il socialismo ».
È a quell’esempio che occorre ispirarsi — di fronte a problemi inediti e ad obbiettivi necessariamente ambiziosi come quelli che oggi ci si propongono — per affermarci ancor più come forza essenziale della sinistra italiana ed europea e per contribuire al suo rinnovamento.
Giorgio Napolitano
venerdì 21 agosto 1981
L’Unità (prima pagina e seguito in ultima pagina)