La storia
Dal 1° giugno 2023 è entrato in vigore il sistema del Brevetto Unitario (brevetto europeo con effetto unitario). A questa elaborazione, in un primo tempo, l’Italia non aveva creduto e tantomeno partecipato, poi grazie all’impegno di pochi pionieri, tra cui il Politecnico di Milano con l’allora Rettore Ferruccio Resta, Marina Tavassi, già presidente della Corte di Appello di Milano, Daniela Mainini, Presidente del Centro Studi Anticontraffazione e del Centro Studi Grande Milano, Cesare Galli, docente di diritto industriale e pochi altri, si ottenne che l’Italia, con l’allora governo Renzi, aderisse finalmente alla cosiddetta “cooperazione rafforzata”.
Questa “cooperazione rafforzata” – per i non addetti ai lavori – è una procedura finalizzata a realizzare in Europa una più forte cooperazione tra Paesi su specifici temi, in questo caso i brevetti, che non siano già di esclusiva competenza comunitaria, anche laddove, per ragioni politiche, non vi sia l’adesione della totalità degli Stati membri dell’Unione europea.
L’Italia era rimasta al di fuori della “cooperazione rafforzata” e, come la Spagna, aveva impugnato la procedura davanti alla Corte di Giustizia non ritenendo la materia brevettuale di “cooperazione rafforzata”. In data 16 aprile 2013, la Corte di Giustizia, come prevedibile, respingeva il ricorso di Italia e Spagna.
Brevetto Unitario
È bene sapere che alla costruzione di un sistema costituito da un titolo brevettuale unitario per l’intero territorio dell’UE e di una Corte Europea dei Brevetti (la Unified Patent Court) al fine di unità e coerenza nella protezione, si lavora da più di un quarto di secolo. Attualmente esisteva un sistema di Brevetto Comunitario europeo molto costoso per le aziende: concesso unitariamente, veniva poi “nazionalizzato” in ciascuno Stato a cui il titolare volesse estenderlo, previa traduzione nella lingua locale, equiparato quindi a un fascio di brevetti nazionali. A questo costo si doveva aggiungere quello della difesa giudiziaria dei brevetti, che oggi in Europa dev’essere gestita Stato per Stato, moltiplicando le cause e il rischio di giudicati contrastanti.
Il sistema del brevetto europeo con effetto unitario (Brevetto Unitario), rilasciato dall’Ufficio Europeo dei brevetti (EPO), consentirà alle imprese (italiane e non) con un unico deposito in lingua inglese, francese o tedesca, di far valere la validità del proprio brevetto industriale in tutta la UE senza ulteriori costi, traduzioni e convalide per ogni singolo Paese.
Il trattato istitutivo prevedeva che a Parigi ci fosse una Sezione Centrale del tribunale dei brevetti per l’elettronica, a Monaco per la meccanica e a Londra quella del chimico farmaceutico.
Venuta meno la Sede di Londra, a causa della Brexit, la Sede naturale era proprio Milano, che, come da trattato, nel 2012 aveva il maggior numero di brevetti depositati in Europa, oltre alla non secondaria affermazione che l’Italia produce il 52% dei farmaci europei.
A Parigi e Monaco l’arrosto, a Milano il profumo dell’arrosto
Ebbene, giunge notizia che effettivamente a Milano verrà assegnata nel 2024 la terza sezione distaccata della Divisione centrale del Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), tuttavia con competenze residuali rispetto a Parigi e Monaco: biotech non farmaceutico, agricoltura, food e tabacco, articoli personali e domestici, sport e mondo del divertimento, scienza medica-veterinaria (e la chimica strettamente collegata a queste voci) e i brevetti farmaceutici privi dei certificati di protezione supplementari (SPC). A Parigi vanno i farmaci con SPC e a Monaco la chimica e la metallurgia. La competenze di queste Corti sono importanti per il territorio: accrescono il patrimonio delle conoscenze, generano un indotto economico e tecnologico.
L’Italia e Milano in particolare avevano tutti i titoli per candidarsi ad avere una sede centrale della Corte, con le medesime funzioni e competenze londinesi. Ci ritroviamo invece con l’osso, mentre la polpa è rimasta a Parigi e Monaco: loro hanno l’arrosto, a noi, di quell’arrosto, arriva solo il profumo…
Un “lavoro congiunto” ?
Giungono proclami di orgoglio perché abbiamo la “Corte Centrale” a Milano (che è meglio di niente, ovviamente) ma abbiamo perso una occasione per far valere appieno gli interessi del nostro Paese, di Milano e della Lombardia: nel 2026, quando si dovrà valutare il funzionamento delle tre sedi, ben difficilmente Monaco e Parigi, Germania e Francia molleranno le competenze che hanno acquisito con la chiusura di Londra, dopo la Brexit. E ciò è la dimostrazione che i governi italiani, dalla Brexit in avanti, la Regione e il Comune non hanno lavorato come avrebbero dovuto, con convinzione, con intensità, con determinazione, con impegno, con continuità. Ed è disarmante sentire oggi dei “politici” che parlano di un presunto “lavoro congiunto” . Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.
I magistrati, gli avvocati, gli esperti di proprietà intellettuale e di proprietà industriale, di diritto industriale e di brevetti, si sono dati da fare, hanno sostenuto la causa di Milano, ma oggi raccolgono le briciole del sistema!
Il problema è che a livello nazionale non si è puntato con decisione su Milano come unica sede scelta nazionale e che Regione e Comune hanno pensato alle Olimpiadi invernali 2026, mentre il Governo all’Expo di Roma 2030, pensando di posporre l’impegno sul tribunale dei brevetti per non apparire troppo ingordi. Mentre tuttavia le Olimpiadi sono un fenomeno temporaneo (come l’Expo) il Tribunale dei brevetti è una istituzione duratura, che si radica nel territorio. Con il primo giugno 2023 si è entrati in una fase di un settore importantissimo per l’Europa, per l’Italia, per Milano e la Lombardia, per nulla compreso dalla politica.
Cultura, formazione, ricerca & sviluppo fondamentali per Milano e la Lombardia
Il futuro di questa regione sta infatti nelle strutture di formazione, nella capacità di innovazione dei prodotti e delle produzioni. Dove le attività culturali sono intense e sviluppate, c’è maggiore creatività intellettuale e materiale, e di conseguenza un incremento della innovazione.
Questo è il tema di fondo che gli amministratori devono porsi, per incrementare la storia, la tradizione e il ruolo presente e futuro della nostra regione. La Lombardia è la prima regione per ricerca, sviluppo e brevettazione: si spendono quasi 5 miliardi di euro in ricerca e sviluppo; il 27% della ricerca scientifica è a Milano; qui si realizzano quasi il 40% dei brevetti europei rilasciati in Italia; il 37 % delle start-up italiane sono lombarde.
Questo è dunque un settore fondamentale per il Paese e per la nostra regione: qui si devono fare tutte le operazioni per aiutare piccole, medie e grandi aziende, centri universitari e centri di ricerca, pubblici e privati a sviluppare brevetti e brevettazione. E ci vuole un retroterra di cultura e servizi, di strutture e infrastrutture, adeguato a questo obiettivo.
La Fiera e i brevetti
Quando in Regione Lombardia si discusse della Fiera, chi scrive sostenne che non c’era bisogno di ampliare gli spazi fieristici: i costi degli allestimenti e dei trasporti delle merci, insieme alle nuove tecnologie informatiche e video, segnavano una direzione di diminuzione generale degli spazi espositivi; i grandi spazi erano necessari solo per alcuni pochissimi settori, che per di più tendevano a trasferirsi in spazi extra fieristici, in città e in posti non tradizionali. Lo sviluppo della Fiera non era legato alla quantità degli spazi, non occorreva trasferire la Fiera a Rho-Pero, il tema era la qualità delle manifestazioni fieristiche, e i campi merceologici che doveva rappresentare. Per me. occorreva specializzare la Fiera di Milano come esposizione dei brevetti di nuovi prodotti e di nuovi sistemi di produzione, in tutti i settori, una fiera del saper fare (know-how), delle competenze, della conoscenza. E si sarebbe dovuta realizzare, come struttura della Fiera di Milano, una grande banca dati dei brevetti di tutto il mondo, a cui da ogni parte del mondo fosse possibile collegarsi per avere informazioni, dettagli e conoscenza dei brevetti in tutti i campi produttivi, intellettuali e materiali. Ci sono agli atti questi appelli, che caddero nel vuoto.
L’attrattività buona e quella cattiva
Le lezioni non bastano mai, orientati come siamo verso l’effimero e il temporaneo, invece che al sostanziale e al duraturo. Abbiamo perso l’Ema, l’agenzia europea del farmaco, non per un destino cinico e baro, al sorteggio, ma per scarsa convinzione del governo italiano (che aveva affidato a un sottosegretario, più preoccupato delle sua carriera che di combinare qualcosa, e infatti è finito al parlamento europeo nelle liste di Macron) e per scarso impegno del Comune e della Regione. Bisogna dare atto che Gianni Letta e Silvio Berlusconi si erano impegnati ed avevano portato, nel 2002, a Parma l’agenzia “European food safety authority”.
La vicenda EMA e TUB dimostrano una visione angusta del ruolo di Milano e della Lombardia in Europa : ci si riempie la bocca (“l’attrattività”) con gli investimenti immobiliari, con i fondi stranieri che arrivano a Milano per gli oneri di urbanizzazione più bassi d’Europa.
Bisogna essere attrattivi per gli investimenti in ricerca & sviluppo, nella produzione intellettuale e materiale, non per i fondi immobiliari, per il capitalismo predatorio sul breve o medio termine. che peraltro accentua le differenze sociali tra centro e periferia, tra ricchi e poveri e gonfia una possibile “bolla immobiliare”.
Non si coglie e non si adotta una politica adeguata per il futuro della nostra area metropolitana e della nostra regione. Il futuro di Miano e della Lombardia, per i giovani, per la crescita economica e sociale, per diminuire le differenze sociali sta solo negli investimenti per lo sviluppo culturale, per la formazione, per la ricerca, in una dimensione europea della nostra realtà. Ecco perché non può essere secondario l’impegno a portare le agenzie e le strutture europee a Milano e in Lombardia. Ed attorno a questo impegno si devono muovere politiche per i servizi, per i trasporti, per la mobilità, per la casa, per il verde, per l’ambiente.
Per pensare al futuro di Milano ci vogliono statisti,
purtroppo non abbiamo neanche politici
L’esperienza della vicenda Ema avrebbe dovuto spingere a pensare in grande all’Europa, invece di inseguire facili occasioni di immagine, costruite senza peraltro accompagnarle da adeguate iniziative strutturali e infrastrutturali: i ritardi per le Olimpiadi invernali e gli anni trascorsi per l’uso delle aree ex Expo sono una prova della scarsa visione e della scarsa capacitò di utilizzare eventi straordinari per costruire strutture e infrastrutture per il futuro dell’area metropolitana.
Ma possibile che dobbiamo sentire blaterare di attrattività di Milano, quando su più di 70 agenzie o enti europei, non ce n’è una che abbia sede a Milano? Lasciamo da parte le capitali dei 27 Paesi dell’UE, e guardiamo l’elenco delle città, sedi delle agenzie o delle strutture europee. Il terzo Paese della Unione e la città, che si proclama la più europea d’Italia, contano meno del due di picche.
“Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese”, frase attribuita a De Gasperi che però l’aveva presa in prestito dal predicatore statunitense, James Freeman Clarke.
Il fatto grave è che, oggi, ci mancano i politici e gli statisti.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(martedì 4 luglio 2023)
tutto ciò è sacrosanto ! è stato incredibile perdere EMA , questa vicenda dei brevetti è ignobile!