La Regione Lombardia è stata suo malgrado protagonista nel mondo di un drammatico evento epidemico da covid-19. Nei vari Continenti al 4 maggio 2020, i casi registrati del nuovo coronavirus erano 3.529.408, i deceduti 248.025, mentre i guariti 1.133.538. Quella che oggi chiamiamo pandemia virale, in occidente è esplosa a partire dall’ Italia ed in particolare dalla Lombardia. Le vicende di Codogno, dei comuni del lodigiano e subito dopo di Alzano Lombardo e di numerosi comuni bergamaschi, sono note a tutti.
Finalmente anche in Lombardia la situazione sta migliorando. Alla data del 4 maggio, le persone positive al test per coronavirus erano dall’inizio 78.105 di cui 14.294 decedute, 26.504 guarite e dimesse, 6.414 ricoverate in ospedale, 532 in terapia intensiva e 30.361 in isolamento a domicilio. In Regione Lombardia la letalità è ancora elevata pari al 18,30% contro il 14,01% della Emilia Romagna, l’11,53% del Piemonte e l’8,32% del Veneto.
I tassi di mortalità standardizzati per 100.000 abitanti in data 4 maggio, vedevano prevalere la Provincia di Lodi con 296,27, di Bergamo 295,45, di Cremona 268,73, di Brescia 203,30 e di Milano 97,33. La media regionale: 148,90. Lavorando attentamente sui dati della epidemia virale con il dottor Edgardo Valerio, fin dalle prime settimane segnalammo che la Lombardia aveva il triplo della letalità della Regione del Veneto e che i soggetti in isolamento domiciliare nel Veneto erano il 65%, mentre in Lombardia il 30%. Le differenze dunque erano macroscopiche. Notammo inoltre che i dati prodotti non erano affatto sicuri. Neppure lo erano le cause di morte.
Parve fin dall’inizio che il Servizio Sanitario Lombardo era figlio di due riforme improvvide, illegittime e di dubbia costituzionalità: quella del 1997 di Roberto Formigoni e quella di Roberto Maroni del 2015. Soprattutto quest’ultima pseudo riforma (Legge Regionale 23 del 2015) è stata devastante soprattutto per un’abnorme entificazione. Sono state istituite in Lombardia: 8 Agenzie per la Tutela della Salute, 26 Aziende Socio Sanitarie Territoriali-Ospedali, decine di IRCCS pubblici e privati.
Si aggiunga la assurda riduzione dei Dipartimenti di Prevenzione da 15 a 8, diversamente chiamati, l’insufficiente Assistenza sanitaria primaria, l’inconsistente continuità assistenziale, la mancanza di un qualsiasi rapporto tra il territorio e l’ospedale. Nel Veneto le Aziende Unità Locali Socio Sanitarie sono 9 e le Aziende Ospedaliere sono solamente 3: l’Azienda Ospedaliera di Padova, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e l’Istituto Oncologico Veneto. I Dipartimenti di Prevenzione sono 9 e sono ben distribuiti sull’ intero territorio regionale. In Lombardia invece la prevenzione è stata dimezzata. Esiste per esempio un Dipartimento di Prevenzione per l’intera Città Metropolitana Milanese e la Provincia di Lodi che “assiste” 3,5 milioni di persone.
In Lombardia inoltre sono praticamente scomparsi persino i Distretti. Esiste illegittimamente l’equiparazione tra la sanità pubblica e quella privata. Sempre in Lombardia alcuni ospedali come quello di Codogno e quello di Alzano lombardo sono stati all’inizio cause della diffusione dell’epidemia, così come è accaduto in molte RSA. Si tratta di numerose cause e concause. Come per esempio la carenza della disponibilità sia di dispositivi di protezione individuale che di attrezzature medicali.
La mortalità nel mese di marzo 2020, rispetto ad analoghi periodi degli anni precedenti è stata secondo l’ISTAT superiore del 49,4%. I decessi per il complesso delle cause e per cavid-19 nel primo trimestre 2020 nel confronto con la media dello stesso periodo 2015-2019: Lombardia 186,5 – Emilia Romagna 70,1 – Piemonte 47,0 – Veneto 24,3 – Italia 49,4.
Non va taciuto che il precedente Piano pandemico, deliberato dieci anni prima dalla Regione Lombardia, è rimasto chiuso nei cassetti della Giunta Regionale. Questa analisi severa sulla prima fase della epidemia ci costringe a riflettere con viva preoccupazione sulla Fase due della pandemia appena iniziata. Non possiamo per esempio, continuare ad avere incertezze sull’uso dei tamponi e su altri presidi diagnostici. Serve dunque un netto cambiamento nelle attività preventive e nell’impegno dei medici di medicina generale finalmente associati e adeguatamente organizzati. Come Movimento culturale, abbiamo dichiarato in numerose circostanze la nostra completa disponibilità a collaborare con le istituzioni. Fino ad ora abbiamo trovato diffusa sordità, specie da parte della Giunta della Regione Lombardia.
Vittorio Carreri
(giovedì 7 maggio 2020)