Il voto in Emilia Romagna che ha premiato Stefano Bonaccini di domenica scorsa lo definirei un voto tattico.
Un voto finalizzato a scongiurare un pericolo immediato (la vittoria di Salvini) e a gestire un’emergenza (il rischio della fine del modello emiliano e, ma più remoto, quello delle conseguenze sugli assetti di Governo nazionale).
Un voto tattico è fine a sé stesso. Non è irreversibile. Serve in quel momento, in quel luogo, per quello scopo immediato e limitato.
È soggetto all’emotività del momento particolare e risente sensibilmente del tono e dell’intensità della campagna elettorale.
Possiamo, dunque, gioire dello scampato pericolo in Emilia Romagna e, sicuramente, ne gioiamo. Ma poi?
Basta “l’effetto sardine” a risolvere i problemi strutturali e identitari del PD e del centrosinistra in generale?
È stata definita una strategia di leadership del centrosinistra? Sono state create le condizioni necessarie?
Il dibattito del dopo voto non pare orientarsi in modo efficace in questa direzione e non basta delineare ipotesi di accoglienza del movimento delle sardine nel corpo del PD o pensare ad aggiustamenti nella compagine di Governo. Non è questa la prospettiva corretta.
Sun Tzu sosteneva (più o meno) che lo scopo ultimo della guerra non è la vittoria, ma l’affermazione delle condizioni per una pace durevole.
Allo stesso modo, scopo ultimo della politica non è la vittoria elettorale, ma l’affermazione di una leadership durevole, magari basata su una egemonia, una visione del mondo, della società, volendo esagerare, della storia.
Ma quali riflessioni vi sono oggi nel centrosinistra sulle caratteristiche strutturali della nostra società? Quali pensieri sullo scenario geopolitico e il ruolo del nostro Paese e dell’Europa? Quali analisi sul mondo del lavoro e dell’economia? E quali politiche conseguenti delineare per affermare una precisa e determinata visione?
Le vittorie tattiche che non diventano poi progetti, impegni e campagne di posizionamento strategico sono effimere ed effimeri sono i loro protagonisti: il Movimento 5 Stelle, la stessa Lega di Matteo Salvini e, volendo, anche Matteo Renzi.
Non basta rinchiudersi in convento per definire una strategia efficace.
Il convento forse fa il monaco, ma non fa il leader.
Serve pensiero.
Pepito Sbazzeguti
(martedì 28 gennaio 2020)