In Umbria, dunque, non c’è stato niente di nuovo o di impensabile: il centro destra, che governava già due terzi dei Comuni dell’Umbria, ha vinto. Todi, Perugia, Terni, Umbertide, Orvieto, Spoleto, Foligno, Bastia Umbra, Marsciano erano già passate al centrodestra, che è una coalizione composita.
Non siamo in presenza di un blocco organico di destra reazionaria. Come ha dimostrato il voto in Senato sulla Commissione Segre contro l’antisemitismo e l’odio razziale, il centro destra vota insieme, ma si aprono delle tensioni e delle contraddizioni, non solo dentro Forza Italia, ma anche nella Lega. A parte che la definizione di “onda di destra” doveva essere usata all’indomani delle elezioni del 2017-2018, non è utile per lo sviluppo dell’iniziativa politica “regalare” alla “destra” l’elettorato popolare. Etichettare come “destra” coloro che fino a ieri votavano a sinistra non ha mai portato fortuna alla sinistra. Parlare genericamente di “onda di destra” e non vedere le differenze interne non è un bel esercizio di analisi politica.
La cultura politica, nel passato, consigliava sempre di differenziare l’analisi, di usare con proprietà di linguaggio le definizioni: moderato, liberale, conservatore, reazionario, fascista. Mi fa venire in mente D’Alema che nel 1990 bollò, come un errore politico madornale, quello di aver fatto in Consiglio regionale della Lombardia un documento sul decentramento politico ed amministrativo insieme alla Lega (un documento sulla falsariga della proposta odierna di autonomia differenziata dell’Emilia Romagna): io, che avevo firmato quel documento, avevo legittimato politicamente la Lega, secondo D’Alema. Peccato, che gli fosse sfuggito che nei regimi democratici dell’Occidente sono gli elettori che legittimano i partiti, (nella DDR era la SED, il partito comunista, che “legalizzava” il partito cattolico, quello liberale, ecc), che la Lega era “legittimata” dal 20% dei voti in Lombardia e che considerare “razzista e fascista” il 20% dei lombardi era una sciocchezza grande come una casa. E come se niente fosse, sulla base del principio che io sono io e tu non conti un cazzo, come dice il marchese del Grillo-D’Alema, qualche anno dopo sempre D’Alema considerò la Lega “costola della sinistra”1
Adesso si dirà che la Lega è cambiata ed è vero, ma non nel senso che è diventata tout court fascista. Né si può credere all’esimio professore che ci spiega sul “Corriere” che oggi la Lega è la novella DC con FDI a destra (veri vincitori di queste regionali in Umbria: una qualche riflessione su questo dato forse sarebbe molto opportuno) e con FI ala liberale alla Malagodi. Dite all’esimio professore che la DC avrebbe votato la Commissione Segre, tanto per dirne una.
C’è un errore che perseguita prima il PdS, poi il PD: il partito non fa alleanze, intese, accordi se non con qualcuno definito “di sinistra” o “del campo democratico”. In verità una forza politica adulta e matura fa politica anche con il campo avversario: sulla giustizia, sulla prescrizione, per esempio, penso che il PD abbia più punti d’intesa con la Lega che con il “manettaro” Buonafede. Magari anche sull’Ilva, o sulle opere pubbliche, come la Torino Lione. Distinguere, significa anche essere molto fermi e determinati, ovunque si manifestino, contro i raduni nostalgici, i reali fenomeni di fascismo o di recrudescenza fascista, di xenofobia, di sciovinismo. Ma pensare che siano sciovinisti, razzisti, reazionari, di “destra”, tutti quelli che già negli anni scorsi avevano consegnato alla coalizione di centrodestra quasi tutti i Comuni della “Umbria rossa”, è uno strabismo politico deleterio. Sì, perché come indicano i dati, il declino della sinistra in Umbria viene da lontano, quindi è un po’ grottesco che Renzi si chiami fuori. Mandare i twitter da Central Park, non è di ottimo gusto, tanto più che l’alleanza in fretta e furia con le 5S è stata in gran parte frutto della sua iniziativa: in tutta la campagna elettorale umbra, non mi pare si sia speso a sostegno del candidato di centrosinistra, non è andato a nessuna sagra di paese, cosa che ha fatto Salvini.
La verità è che era una fine annunciata, frutto di una crisi economica e sociale (che ha colpito in particolare operai e anziani) che la sinistra umbra e nazionale non ha affrontato in modo credibile, effetto di un crollo del sistema partito-cooperative-sindacato, e risultato della perdita di una cultura di governo. (“Sinistra e cashmere non si sposano, corteggiare Brunello Cucinelli non ha portato i frutti sperati” titolava un articolo di Raphael Zanotti su “La Stampa”). Hanno pesato le vicende e le lentezze del dopo terremoto, come anche le questioni irrisolte dei trasporti (la famosa ferrovia centrale umbra) e dei collegamenti ferroviari della regione.A ciò si è accompagnato un atteggiamento pigro e conservatore nella convinzione che il risultato delle elezioni comunali fosse passeggero.
E di fronte a tutti i teorici del partito leggero e dei nuovi strumenti di propaganda, forse bisogna ripetere che il “porta a porta”, il comizio in ogni comune, il contatto con la gente, la partecipazione alle sagre paesane (che in Umbria ci sono in ogni stagione dell’anno) conta. Salvini ha sempre preferito i comizi al lavoro nelle assemblee elettive, che a lui servivano solo per lo stipendio: ma non può essere che Salvini faccia 57 iniziative in Umbria e Zingaretti ne faccia 15. E il gruppo dirigente nazionale del PD dove era?
È il partito che non ha più insediamento territoriale, non ha il rapporto diretto con le persone, il che vuol dire che non ha insediamento sociale e politico. Va bene twitter, facebook, i social, i nuovi mezzi di comunicazione, ma ritornare alla sezione territoriale, al volantino e a chi distribuisce il volantino per strada, casa per casa, è essenziale. Non andate a cercare altrove le ragioni del successo della Lega: certo una migliore azione di governo avrebbe aiutato, ma la Lega era nelle zone del terremoto, era nelle zone che hanno risentito la crisi economica, nelle sagre, era dove c’erano una volta il PCI e la DC.
E trovo strano che si siano inseguiti i candidati a presidente, e non siano stati scelti nella compagine di governo o nella maggioranza di governo dove ci sono fior di umbri che siedono in Parlamento da anni. Non so a che corrente appartengano, ma so che si cambia spesso: ho conosciuto una sfegatata “lettiana” che poi è diventata una sfegatata “renziana”. Quindi non credo ci fosse il problema delle correnti, che sono un bene per la dialettica interna, ma un male quando invece delle idee e delle competenze, delle capacità, prevalgono le logiche dei cacicchi o del cacicchismo.
Certo, dicono che era quasi impossibile evitare la sconfitta: per questo, mi appare ancora più paradossale la sfilata dell’ultimo giorno del governo a Narni. Incontro che si poteva benissimo evitare, anche per non accreditare un impegno del governo che non c’è stato, e non mettere il voto sul piano “pro o contro il governo”.
Spero che il segretario del PD faccia al più presto quel congresso di cui ha bisogno il PD. E lo faccia per non perdere il treno definitivamente. E intanto chieda agli umbri di fare una analisi politica, sociale, culturale, demografica, comune per comune, seggio per seggio, dei risultati elettorali degli ultimi anni, dal 2010 ad oggi: niente società specializzate sui flussi elettorali, ma una seria disamina della sconfitta: fare la diagnosi della malattia è un passo sulla via di una buona terapia. Da troppo tempo la sinistra non sta bene e si accontenta dei brodini, o di vittorie che illusoriamente prospettavano un futuro di successi continui: la sinistra non è un malato immaginario e i medici, finora, non sono stati all’altezza, né per la diagnosi né per la terapia.
E vorrei aggiungere che il segretario del PD non può essere a mezzo servizio, sindaco o presidente di Regione: faccia a tempo pieno il segretario. E soprattutto, adesso, l’impegno di tutto il gruppo dirigente del Pd deve essere in Emilia Romagna: tre comuni al giorno e alla fine, al momento del voto, si è coperta tutta la regione.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi”. “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(sabato 2 novembre 2019)
1 Manifesto 31 ottobre 1995 Intervista di Valentino Parlato al segretario del PDS Massimo D’Alema “La Lega c’ entra moltissimo con la sinistra, non è una bestemmia. Tra la Lega e la sinistra c’è forte contiguità sociale. Il maggior partito operaio del Nord è la Lega, piaccia o non piaccia. E’ una nostra costola, è stato il sintomo più evidente e robusto della crisi del nostro sistema politico e si esprime attraverso un anti-statalismo democratico e anche antifascista che non ha nulla a vedere con un blocco organico di destra”.