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Mario Borsa e i “giornalisti politici”

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Qualche settimana fa, un amico mi ha consigliato di leggere un libro di Mario Borsa “Memorie di un redivivo”.  Sono riuscito a comprarlo nell’edizione “Rizzoli Milano -Roma”, stampato il 17-9-1945 nelle “Officine Rizzoli e C. anonima per l’arte della stampa, Piazza Carlo Erba, Milano”. E debbo dire che l’amico mi ha consigliato molto bene, è un libro straordinario. L’ultimo capitolo, XV,  si intitola “Parole al vento, ove do dei buoni consigli ai giovani aspiranti al giornalismo per consolarmi di non poter più dar loro dei cattivi esempi” e si conclude con il “giornalista politico”:

“Fin qui ho fatto chiacchiere –  anche troppe! – sul cronista, il redattore, l’impaginatore, il corrispondente dall’estero, l’inviato speciale, ed ora, immagino, vorreste che io vi parlassi del giornalista politico, di chi deve scrivere l’editoriale . Siamo arrivati al sommo della scala. Ma se voi mirate fin lassù io ho ben poco da dirvi, o meglio ho da dirvi una sola cosa.

La politica è quello che è.

Ma voi pensate, scrivete ed agite sempre come  se dovesse essere quello che non è. Avvenga che vuole di voi, avvenga che vuole del giornale in cui scrivete, siate sempre indipendenti. Dite sempre quello che è bene o che vi par tale anche se questo  bene  non  va  precisamente  a  genio ai   vostri  amici:  dite  sempre  quello  che  è  giusto, anche se ne va della_ vostra posizione, della vostra quiete, della vostra vita.   Ricordatevi sempre di ciò che lo spirito  dell’Imbonati diceva al Manzoni:

                           non ti far mai servo,

Non far tregua coi vili: il santo   vero

Mai non tradir…

Siate dunque indipendenti ed inchinatevi solo davanti alla libertà, ricordandovi che, prima di  essere  un  diritto, la libertà è un dovere e che per vivere liberi voi dovete imporre a voi stessi più freni di quelli che, per farci suoi schiavi, vi aveva imposto il nostro amato duce.   

Punto e basta.

Se io  dovessi  lasciarmi  andare  a  dirvi  tutto  quello che penso del giornalismo,che io ho amato e amo tanto, non la  finirei più. Ma il tempo è prezioso. C’è tanto da fare in questo mondo e purtroppo si finisce sempre col non fare nulla o ben poco.

Quando io penso ai pochissimi libri che ho letto, alle molte cose che  non  ho visto, ai  paesi che non ho visitato, alle lingue che non  parlo, ai problemi che non sono riuscito nemmeno a  capire,  alle  bellezze  artistiche  che non ho potuto ammirare, ai ritrovati della scienza, ai meccanismi moderni che sono rimasti arabo per me; quando penso alla poca strada che ho fatto e agli immensi, inesplorati  paesaggi  che ho lasciato a destra e a sinistra, mi prende uno smarrimento,  uno sbigottimento, un affanno che non mi danno pace.

Ah, non perdete  tempo, amici  miei, non  perdete  tempo. La vita vola: «Naitre c’est seulement commencer à mourir»,  diceva  il  Gautier.  Io sento  ancora   qui   l’erba   fresca e  tenerella  nella quale affondavo le mani quando     ero fanciullo  e già  spunta  l’erba· che crescerà,  fra  poco,  sulla mia tomba. Tutto corre via così in fretta!

«Voi non potete attraversare due volte Io stesso  fiume», diceva un  giorno  Eraclito  ai suoi  discepoli,  e  uno di  questi  rispondeva: «Ma,  maestro, non  lo si può   attraversare      nemmeno una volta, perché l’acqua da quella parte là non è già più  l’acqua che corre da questa parte».”

E dopo aver letto questo libro, per me molto istruttivo, mi sono capitati in mano i dati che fornisce “Prima Comunicazione” elaborati da ADS sulla diffusione cartacea e digitale dei primi venti giornali italiani: si va dal “Corriere della Sera” (255.119) a “Tuttosport” (26.950). La diffusione complessiva  è di poco meno di un milione e mezzo di copie nel mese di settembre 2021. Tra agosto e settembre 2021 c’è stato un calo di quasi il 4%, ovvero di oltre 58.000 copie. Solo “Avvenire aumenta le copie (+6.640) arrivando a 107.702, il doppio del “Fatto quotidiano”: però il direttore di “Avvenire” Marco (Tarquinio) compare poco in tv, mentre il direttore del “Fatto” Marco (Travaglio) è ospite fisso, a pagamento, de la7 di Cairo.

Solo il 2,89% della popolazione dai  sedici anni in su legge i quotidiani.  In definitiva, solo un italiano ogni trentacinque legge un quotidiano. C’è da preoccuparsi.

Ma forse gli unici che non si preoccupano di questi dati sono i direttori e i proprietari dei giornali. Sarà la tv, saranno i social, sarà l’universo e la globalizzazione  di Internet, sarà la scarsa cultura degli italiani, sarà quello che volete voi, ma forse c’è anche un problema di come sono fatti i giornali, dei loro contenuti, delle loro “politiche editoriali”. Se prendiamo i primi cinque giornali di “informazione” (Corriere della Sera, La Repubblica, il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) – escludendo quindi la “Gazzetta dello Sport” che è al quarto posto per diffusione – quelli che dovrebbero informare e “formare” l’opinione pubblica hanno un lettore ogni 59 abitanti, pescano il 2,89% dell’elettorato italiano (considerando anche i sedicenni, come vorrebbe il segretario del PD).

Mi chiedo come la “gente” si informi e come si formi una opinione politica. E mi chiedo anche a quale titolo, con i risultati di vendite che ho descritto sopra,  direttori ed  ex direttori – diventati commentatori e analisti politici – e “giornalisti politici” siano dovunque nei talk show o nei cosiddetti dibattiti televisivi o radiofonici, pubblici e privati, a impartire lezioni a tutti, a bacchettare i politici (non sempre a torto, peraltro)

E ormai da settimane imperversano in un gioco, che al momento, piace solo a loro:  discutere sul Quirinale. Ma come, se il ruolo del Presidente della Repubblica è marginale, è solo rappresentativo, come ci hanno spiegato per decenni, perché fiumi di inchiostro e lunghi estenuanti dibattiti  televisivi  sul tema?

E, tanto per citare un tema, fra i tanti, possibile che nessun giornale o servizio televisivo ci faccia la mappa e ci illustri la situazione dei campi profughi disseminati in Europa o ai confini della Unione Europea? Siete sicuri che al pubblico interessi di più il tema, a mesi di distanza, del Quirinale piuttosto delle vicende attuali di migliaia e migliaia di povere persone, di bambini, donne e anziani, affamati, al freddo, abbandonati da un continente di 450 milioni di persone?

Mario Borsa all’inizio del libro cita Luca (XII, 84-86):

“Quando vedete una nube che sorge ad occidente, dite: ecco viene il temporale. E quando soffia il vento del sud, dite: vi sarà un gran calore: e così avviene. Ora, voi che sapete scrutare la faccia del cielo e della terra, non vedete i tempi nuovi che si avvicinano?”

 Luigi Corbani

(domenica 14   novembre 2021)

2 thoughts on “Mario Borsa e i “giornalisti politici””

  1. Stefano ha detto:
    Novembre 14, 2021 alle 1:36 pm

    Eccellente, Luigi!

    Rispondi
  2. Ferrari ha detto:
    Novembre 14, 2021 alle 9:46 pm

    Prescindendo dalla proprietà dai giornali che orienta i contenuti, dall’egocentrismo dei giornalisti che pensano di essere tutti degli Hemingway, dei pennivendoli, di colorio che si sono votati alla ” servitû volontaria” come dicevz Tocqueville e di quelli che fanno questa professione preparandosi à fare un’altra, non é che siamo sommersi dall’informazione? Per restare solo alla carta stampata, ormai ci vogliono 2 ore per leggere pet intero un giornale.

    Rispondi

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