Maggioritario è bello?
È passato quasi un anno dal referendum sulla riduzione del numero dei parlamenti e non si vede uno straccio di legge elettorale. Dopo il Mattarellum (1993), il Porcellum (2005), l’Italicum (2015), e il Rosatellum (2017), eccoci alla quinta legge elettorale in 30 anni. I costituenti ci avevamo dato una legge che è durata 48 anni. Ma poi, vi è stata la “sbornia da maggioritario”, dopo la caduta del muro di Berlino, insieme alla eliminazione dei partiti, che colpevolmente hanno subito la loro cancellazione mediatico-giudiziaria, senza reagire.
Così, in quegli anni, si è buttato via il bambino insieme con l’acqua sporca. Al grido di “maggioritario è bello” un accolita di “innovatori” capeggiati da Mariotto Segni e Achille Occhetto, con l’appoggio della Confindustria e dei giornali, diede il colpo di grazia al sistema uscito dalla Costituente. Nel 1993 si è introdotta l’elezione diretta del “Cesare”, poiché invece di un sindaco che risponde al consiglio comunale, ovvero ai rappresentanti del popolo, abbiamo un “Cesare” investito del mandato popolare, che non risponde più a nessuno. La campagna “maggioritario è bello” si basava su alcune affermazioni.
Semplificato il quadro politico ?
Primo: il maggioritario avrebbe semplificato il quadro politico e portato alla diminuzione delle forze politiche in campo. Falso! Quando il consiglio comunale di Milano era di ottanta componenti, si presentarono 14 liste nel 1980, 13 liste nel 1985, 14 liste nel 1990.
Nel 1993 (elezione diretta del sindaco e 60 consiglieri) 20 liste, 27 liste nel 1997 , 18 liste nel 2001, 34 liste nel 2006; nelle ultime due tornate i consiglieri da eleggere erano 49 e ci furono 29 liste nel 2011, 17 liste nel 2016. Quante saranno nel 2021? Solo Sala ne conta già otto. Si tenga conto che fino al 1990 gli assessori erano consiglieri comunali; dal 1993 ai consiglieri eletti, si aggiungono dai 12 ai 16 assessori non consiglieri comunali a Milano.
Ma – dice il furbo “innovatore” – le liste sono una cosa e i gruppi consiliari sono meno. Falso. Nel 1990 i gruppi consiliari erano 9 per 80 consiglieri, nel 1993 erano 9 per 60 consiglieri , nel 1997 erano 8, poi 10 nel 2001 e nel 2006, poi 11 per 49 consiglieri nel 2011 e 9 nel 2016. Questo all’inizio del mandato, perché poi nel corso degli anni si aggiungeva sempre un “gruppo misto” di persone che lasciavano i gruppi originari.
Basta accordi nascosti ?
Secondo, altra tesi: con il sistema maggioritario finisce il teatrino di forze politiche che si mettono d’accordo dopo le elezioni. Infatti si mettono d’accordo prima delle elezioni, attraverso una contrattazione di posti in caso di vincita. E, siccome il successo è appeso a manciate di voti, e quindi anche qualche centinaio o migliaio di voti può fare la differenza, ecco il fiorire delle liste: il che comporta la promessa e la contrattazione di posti in giunta o nelle aziende comunali o consulenze o posti direttivi in base al malefico “spoils system” (sistema del bottino: chi vince occupa anche i posti dirigenziali dell’apparato comunale).
Il popolo vuole sapere chi vince le elezioni il giorno stesso delle votazioni, le forze politiche sono scredidate, basta con i compromessi, con le trattative da prima repubblica, basta con le lottizzazioni (poi si è visto che l’associazione magistrati non scherzava e non scherza) e quindi occorre personalizzare per riguadagnare la fiducia dei cittadini e il sistema maggioritario è quello giusto. Altra bugia. Prendiamo Milano.
La personalizzazione recupera consensi alla democrazia?
Dal 1985 al 2016 gli aventi diritto al voto sono diminuiti di 245.283 unità: nel 2016 erano poco più di un milione. I voti di lista, nello stesso periodo, sono diminuiti di 530.373 unità, il che significa che la popolazione è diminuita del 20% e i voti del 50%. Nel 2016 hanno espresso le loro preferenze politico amministrative solo il 53,4% degli aventi diritto al voto: la metà (in assoluto) di quelli di trent’anni prima.
La possibilità (sbandierata) di potere scegliere direttamente il sindaco non ha conquistato consensi e non ha fatto risalire la fiducia o la stima dei cittadini nel sistema democratico.
Il voto deve essere utile? A chi?
La verità è che il sistema maggioritario porta ad esasperare il concetto di voto “utile”, non nel senso di far vincere colui nel quale ci identifichiamo per valori, proposte, idee o programmi. Ma serve a non far vincere l’altro, vota Tizio per non far vincere il centrodestra, vota Caio per non far vincere il centrosinistra. Non si vota per il meglio, ma si vota per evitare il peggio, a seconda dei punti di vista.
Assessori non politici
Altra campagna anti politica e anti partitica: basta con le giunte politiche, gli assessori non devono essere consiglieri comunali o regionali, ma tecnici, presi dalla società civile: a dirigere gli assessorati ci vogliono dei competenti, che non possono essere dei “politici” (il termine è diventato sinonimo di incompetenza, di corruzione). Come se l’amministrazione di una città fosse un fatto tecnico, e non una delle massime espressioni della politica. A meno che per politica, si intenda un linguaggio astruso, incomprensibile, o pura propaganda o, come si dice adesso, marketing.
Amministrare non è politica ?
Amministrare significa scegliere tra varie soluzioni o ipotesi e nel momento in cui scegli, rinunci a qualcosa, e quindi accontenti o scontenti delle persone, dei ceti, delle classi, delle zone geografiche, dei quartieri: e questa è politica. L’antipolitica non l’hanno inventata le 5 stelle; costoro hanno trovato il terreno spianato da demagoghi, (ahimè, di una presunta sinistra) che andavano dietro all’onda mediatico giudiziaria, per cui la politica è cosa sporca e i politici sono l’espressione del male, sottovalutando il fatto che, nella storia, le “epurazioni salvifiche”, i “tribunali del popolo” hanno sempre fatto vincere la destra, conservatrice, quando non reazionaria.
Alle prime elezioni con il nuovo sistema elettorale, a Milano vinse la Lega con Sindaco Formentini. (57% dei voti al ballottaggio). E la sinistra candidò il leader di “società civile”, dei girotondi e il sostenitore di ”Mani pulite” (43%): Lega 41%, PDS 9%, Rifondazione comunista 11%, Democrazia Cristiana 9 %. Ma era Milano dove c’erano i socialisti e riformisti, per definizione assiomatica “brutti, sporchi, cattivi e corrotti”, e si disse che era naturale perdere, ma a livello nazionale era un’altra cosa e si andò avanti con la “gioiosa macchina di guerra”.
E così ci siamo ritrovati con Berlusconi, che utilizzò il sistema elettorale “Mattarellum” e presentò il Popolo delle libertà al nord (Forza Italia, Lega, CDU e altri) e il “Polo del buon governo” al sud (Forza Italia, Alleanza nazionale MSI, CDU e altri): risultato, 43% a Berlusconi, 34% all’Alleanza dei progressisti di Occhetto e 16% al Patto per l’Italia di Martinazzoli e Mariotto Segni. E siamo qui oggi ancora alla ricerca di un assetto politico nuovo, che qualcuno ancora pensa possa nascere da un nuovo sistema elettorale. Sic!
I dipendenti di Cesare
Comunque, in omaggio a una distorta idea della politica – via gli assessori “politici” – la Giunta è nominata dal Sindaco. Non più quindi un rapporto di fiducia con il Consiglio comunale, che nel passato li eleggeva, gli assessori diventano “dipendenti” del Sindaco. E quando qualche assessore rivendica una sua autonomia di giudizio, viene fatto fuori dal “Cesare”, dalla sera alla mattina. E in trent’anni di giunte maggioritarie, ho visto solo figure sbiadite, yes men o yes women; non mi ricordo di assessori di personalità, se non alcuni fra cui Giorgio Goggi – che, antico collaboratore di Carlo Tognoli, portò avanti il progetto del secondo passante, che avrebbe collegato direttamente Milano con 500 stazioni ferroviarie della Lombardia – e Carmela Rozza, a cui si deve la Darsena e il Lirico, per dire solo di due opere importanti.
Non è la Giunta che decide, è il sindaco, che attraverso la sua giunta, decide tutto: non mi ha affatto sorpreso che nei giorni scorsi il capo di una squadra di calcio abbia detto che aspetta la delibera di Giunta per fare il nuovo stadio di Milano su aree pubbliche (e per inciso, lo stadio è piccola cosa rispetto a tutte le altre costruzioni ricettive, terziarie, commerciali: si parla dello stadio della Roma, ma il progetto Milan-Inter non è un affare da meno.
I “consiglieri sostituti” della Regione
Ora, in un Comune come Milano, i consiglieri si dimettono e possono fare gli assessori, pratica abbastanza usuale. Nel 2016 è stato il caso di otto consiglieri che sono diventati parte della squadra di dodici assessori di Sala.
Ma il capolavoro della Regione Lombardia non ha eguali: si è arrivati alla inverosimile invenzione del “consigliere sostituto”. Eh, sì. In omaggio alla politica trasparente e ai costi della politica. Anche qui si è inventato che la carica di assessore è incompatibile con quella di consigliere regionale. Quindi se accetti di fare l’assessore dovresti dimetterti dal consiglio regionale. Ma in Regione Lombardia, no. Se fai l’assessore, sei solo sospeso da consigliere e se per caso smetti di fare l’assessore, torni a fare il consigliere regionale. E nel frattempo si accontenta il primo dei non eletti che diventa il “consigliere regionale sostituto”. Attenzione dunque, che in omaggio alla riduzione dei costi della politica e della trasparenza, non si pagano più 80 consiglieri (compresi assessori e presidente della Giunta), 80 e basta; adesso se ne pagaro 100 ovvero 80 consiglieri 16 assessori e 4 sottosegretari (sic!).
Fra gli attuali assessori, sospesi dalla carica di consigliere, ci sono 3 della Lega, 2 di Forza Italia, 2 di Fratelli d’Italia. Naturalmente ci sono sette sostituti, con il caso di un “sostituto” di Forza Italia che nel frattempo è passato a Fratelli d’Italia.
Et voilà, con un colpo solo ne sistemiamo due per volta, e se per caso uno deve andare a casa, fermi tutti lo facciamo, assessore o sottosegretario.
Pensate alla girandola del consigliere Guido Gallera (Forza Italia- MI ) sospeso dalla carica di consigliere regionale, in quanto nominato assessore regionale, quindi sostituito dal consigliere Alparone, poi dal consigliere Broccanello, poi dal consigliere Rizzi fino a quando Gallera si è dimesso da assessore ed è tornato a fare il Consigliere regionale. Ed allora, (buoni di cuore, come sono in Regione) non hanno rimandato a casa Rizzi, lo hanno fatto sottosegretario con “delega ai rapporti con le delegazioni internazionali”.
Pensate anche che Rizzi, prima di essere consigliere supplente di Gallera, è stato per due mesi consigliere supplente del consigliere Altitonante (che è stato per tre mesi agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e finanziamento illecito e sospeso dal consiglio regionale per le norme della legge Severino ed era poi tornato in libertà per scadenza dei termini di custodia cautelare ). E pensate anche allo strano caso del suddetto Fabio Altitonante che nel settembre 2020, è stato eletto sindaco del Comune di Montorio al Vomano, provincia di Teramo: consigliere regionale in Lombardia e sindaco in Abruzzo: una cosa fuori dal mondo.
E prendete anche il consigliere Alparone (Forza Italia – Milano) , che ha vestito tre ruoli diversi senza mai abbandonare il Consiglio regionale: prima consigliere supplente di Gallera, poi diventa consigliere effettivo, poiché la consigliera Sardone è diventata parlamentare europeo e quindi deve dimettersi. E non vuoi dargli un posto di sottosegretario “nell’ambito Delegazione di Bruzelles e sistema dei controlli”? Pare che se fai il sottosegretario puoi continuare a fare il consigliere.
E così si compie il triplo salto mortale rovesciato raggruppato in avanti e vissero tutti, felici e contenti, alla faccia dell’elettore.
Ma cosa contano i Consigli comunali e regionali?
Ma la cosa drammatica è che i Consigli regionale e quello Comunale non contano più niente. Sono prevalentemente organi di ratifica di delibere di Giunta. Dove si discute della città, dopo che i partiti sono morti, i circoli culturali non esistono più, le forze intermedie hanno difficoltà a farsi ascoltare, i municipi sono ridotti a vassalli, se anche il Consiglio Comunale non è la sede del confronto permanente di idee sulla città? Come si formano le decisioni? In quali sedi se non esistono più quelle pubbliche? A casa degli immobiliaristi? O nei salotti chic?
Il Consiglio comunale è ridotto a poca cosa, e meno conta, più ci sono gettoni di presenza per le commissioni consiliari, che sono una finta partecipazione. Le funzioni di indirizzo e di controllo sono limitate e marginali rispetto alla gestione del Comune o ai comportamenti del “Cesare” o della Giunta. Così a Milano, abbiamo potuto assistere a un “Cesare” che sfogliava la margherita per quasi un anno “mi candido, non mi candido”: uno spettacolo incredibile, senza che nessuno né Consiglio Comunale, né organi di stampa, né forze politiche di maggioranza manifestasse un minimo di imbarazzo per una sceneggiata del tutto incomprensibile e inaccettabile per un Consiglio Comunale degno di questo nome. Siamo arrivati al punto che nessuno ha reagito ad una altra manifestazione di “delirio di onnipotenza” quando “Cesare” ha dichiarato di voler designare il suo successore.
Confrontare 1960-1993 e 1994-2021
Il sistema elettorale induce a pensare di essere eletto per “volontà del popolo”: ci si dimentica che spesso il consenso della maggioranza dei votanti non è assicurato per sempre e che la cooperazione degli altri, votanti e non votanti, è indispensabile per costruire una città di tutti.
Nessuno confronta i dati dei due periodi: il primo dal 1960 al 1993. passando dal centrosinistra alle giunte di sinistra e rossoverdi, e il secondo dal 1994 al 2021. Ma sarebbe bene vedere le infrastrutture, i servizi sociali creati, l’edilizia economica e popolare e l’incremento o il decremento del patrimonio comunale nei due periodi.
Certo. nel passato era più faticoso, amministrare, confrontarsi ogni giorno con il consiglio comunale, con i consigli di zona, ma si esaltava il valore della politica, della ricerca dell’incontro e del compromesso, frutto di un confronto, anche vivace, di punti di vista diversi. Un sistema elettorale che non preveda un sistema di contrappesi, di bilanciamento tra esecutivo e assemblea è destinato a creare guai irrimediabili. Basti pensare alla svendita del patrimonio pubblico o anche allo spoils system che ha deresponsabilizzato la struttura comunale, in cui il meritevole, il capace non ha nessuna prospettiva di carriera.
Un sistema istituzionale frutto di demagogia
Ma sono misure e norme di legge che sono state prese da gente che non aveva altro ideale se non quello di campare e per stare in sella in posti appetibili, con lauti stipendi, cambiava continuamente padrone (magari passando dalla contrarietà al centrosinistra alla sinistra estrema, per poi sistemarsi nelle controllate pubbliche dello Stato) e assecondava le più retrive e sbagliate posizioni opportunistiche, demagogiche e qualunquistiche di moda in quel momento.
Pensate anche alla finta “abolizione” delle provincie, che di fatto non sono state abolite: l’unica cosa abolita è stata l’elezione diretta dei consigli provinciali confondendo, consapevoli o inconsapevoli, il costo della democrazia con il costo dei partiti e della politica. Il risultato è che i consigli metropolitani, come a Milano, non contano nulla se il dominus per legge è il “sindaco” del comune capoluogo, che finirà per disinteressarsi dell’area metropolitana o comunque assoggettarla alle esigenze del comune principale, creando una gerarchia istituzionale insostenibile.
Regioni enti legislativi o amministrativi?
Vi è poi lo spettacolo delle Regioni, che ricordo sono nate, costituzionalmente, come enti legislativi che dovevamo affidare le funzioni amministrative ai comuni e alle provincie. Si è incominciato con la bufala del “governatore” come fossimo negli USA, e le Regioni sono diventati mastodonti burocratici e inutili, se non dannosi, come si è visto con la sanità e la pandemia.
È ora che si ponga fine a una deriva istituzionale, fatta di improvvisazione e di demagogia.
Un quadro istituzionale confuso e di convenienza immediata
In questi trent’anni si è posto mano più volte al quadro istituzionale, dalle funzioni delle Regioni alle Provincie, ai Comuni, alla riduzione dei parlamentari, per non parlare delle leggi elettorali, in modo confuso e finalizzato ai vantaggi politici immediati di una parte piuttosto che dell’altra.
Bisogna rimettere mano seriamente a un disegno istituzionale e costituzionale che ponga gli enti locali e il Parlamento al centro della politica italiana, contro un centralismo romano e un cesarismo locale, che, lungi dal produrre efficienza ed efficacia, ha ridotto il confronto politico e la dialettica ideale e culturale e non ha prodotto (in generale, salvo lodevoli eccezioni) risultati gestionali apprezzabili, anzi.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(martedì 31 agosto 2021)
Un ciclopico lavoro di indagine storico statistica al servizio della verità. Grande Corbani
Magistrale @
Molto interessante e documentato nel descrive un percorso che azzarderei a definire drammatico Mi chiedo: che fare?