In un Paese in cui siamo bombardati settimanalmente, sui giornali e nei talk-show, da sondaggi che servono solo per far discutere del nulla, è inevitabile che il risultato di un qualsiasi comune, grande o piccolo, sia considerato alla stregua del risultato delle elezioni politiche.
Ma scambiare le elezioni comunali per quelle regionali o per quelle politiche è un errore: la storia delle elezioni dal 1946 è lì a dimostrarlo, ogni elezione ha la sua specificità con risultati diversi fra quelle comunali, regionali, politiche ed europee, anche se si vota nello stesso giorno. L’elettore vota in maniera diversa secondo il tipo di elezione.
In questa tornata di elezioni comunali le coalizioni di centrosinistra sono andate meglio di quelle di centrodestra, ma di qui pensare che le elezioni del 2023 saranno favorevoli a questo o a quello ce ne passa. Per tre motivi sostanziali: le coalizioni sono locali, proprie di quel comune; non abbiano una legge elettorale per le politiche; non sappiamo quali alleanze politiche e quali programmi verranno presentati agli elettori
In verità, tutti dovrebbero porsi un interrogativo serio sul trend di questi anni per cui il popolo va a votare con numeri di partecipazione sempre più bassi.
E persino per la democrazia diretta (referendum) da tempo non vanno a votare: per quelli sulla giustizia, quattro cittadini su cinque non sono andati a votare.
Nel primo turno delle comunali un elettore su due è stato a casa; nei ballottaggi, sei cittadini su dieci non hanno votato.
Al secondo turno, a Monza hanno votato il 37% dei cittadini, a Como il 36%, a Sesto San Giovanni il 42%, a Verona il 47%, a Piacenza il 42% , a Parma il 39%.
A Milano nel 2021 solo un milanese su due è andato a votare per il Comune, e il Sindaco Sala ha preso il voto di un solo cittadino milanese ogni quattro.
Possiamo dire che va tutto bene, che gli assenti hanno sempre torto e che non importa quanti votano ?
A parte che, nella “prima” repubblica, il voto era considerato prima che un diritto, un dovere civico. Solone – come commenta Plutarco – non voleva che il cittadino restasse indifferente e passivo di fronte agli interessi pubblici, e questa indifferenza, questa “mancanza di zelo” doveva essere colpita – secondo Solone – con la “atimia”, con il bando che metteva fuori della legge il cittadino reo, privandolo dei diritti civili fondamentali (un reo colpito con l’atimia era l’evasore fiscale. pensate quanti elettori in meno ci sarebbero in Italia! ).
Grazie anche agli errori dei partiti della “prima” (e unica, peraltro) repubblica, si è aperto il varco agli orrori della “seconda” repubblica, che in realtà era il ritorno ad una lunga epoca (prima della dittatura fascista) in cui si demonizzava la politica e i politici.
“Il popolo ebbe l’indipendenza nazionale, ma rimase politicamente ineducato… – come scrive Mario Borsa, il primo direttore del Corriere dopo la Liberazione, nel suo libro “Memorie di un redivivo” Rizzoli 1945 – “La politica (per l’italiano della fine dell’Ottocento, non i socialisti, ndr) era un di più, una escrescenza, una faccenda che non lo riguardava direttamente, che non aveva comunque nulla a che vedere con il suo negozio, coi suoi campi, con la sua professione. Era cosa da lasciare ai politicanti: un mestiere nel quale non credeva di dover mettere le mani.
La stessa imprecazione popolare “Piove, governo ladro” diceva chiaramente che egli attribuiva i guai che gli venivano, da Roma, a qualche cosa che egli non controllava, proprio come non controllava la pioggia che cadeva dal cielo.”
E prosegue notando che “Le manchevolezze che si notavano si dovevano esclusivamente al nostro disinteresse, alla nostra apatia. L’apoliticità crea sempre il politicantismo. Là ove il cittadino non è vigile e cosciente, la strada, rimasta senza controlli, è sempre aperta per il demagogo.”. Il fascismo non è stato una parentesi nella storia d’Italia.
Solo con i partiti della Costituzione, vi fu l’ingresso del “popolo” nella politica e in questa partecipazione attiva e diffusa, stava la cura contro la possibilità che nella indifferenza, nella apatia, nel disinteresse, si inserissero di nuovo le vocazioni autoritarie, del “salvatore della patria”, dell’uomo solo al comando.
Quella partecipazione di popolo contribuì in maniera decisiva a sconfiggere l’eversione di destra e di sinistra, il terrorismo nero e rosso, la strategia della tensione e a salvare la democrazia italiana. Forse sarebbe bene ricordarlo più spesso a una generazione di “politici” cresciuti all’epoca di Berlusconi e di Prodi.
Come sta dunque oggi la democrazia italiana? O per meglio dire, siamo ancora nella stagione della “democrazia rappresentativa” come quella indicata dalla Costituzione repubblicana? Si è sviluppata la partecipazione dei cittadini alla definizione della politica nazionale, locale e regionale? La vituperata democrazia basata sui partiti ha lasciato il posto alla democrazia dei cittadini, degli elettori? La “democrazia plebiscitaria” della elezione diretta del Sindaco, del maggioritario ha aumentato la presenza dei cittadini nella vita politica?
Forse ha ragione il prof. Sabino Cassese: “Andiamo verso una democrazia meno democratica, governata da una minoranza, invece che da una maggioranza? Questo distacco dalla politica deriva dalla sfiducia nella possibilità di influire sui corpi politici ai diversi livelli oppure dalla insoddisfazione per le proposte dei partiti, quando sono formulate, o invece di una più generale anomia dell’elettorato, che viola il “dovere civico” (così la costituzione) di votare…
L’affluenza alle urne per le comunali in dieci anni, è diminuita di circa quindici punti, da circa il 70% al 55%. Crisi Europea? Forse, ma in Italia…se si mettono insieme dati elettorali e sondaggi, si può notare che una forza politica è aumentata di quattro volte, e un’altra è diminuita di tre volte nel giro di quasi cinque anni. I partiti italiani hanno perso più iscritti di quelli tedeschi. Presentano una offerta politica debole o inesistente (non vi sono programmi). Per di più sono divisi in mille correnti. Tanto che sono più, associazioni di potere e di clientela, che dei partiti politici, con valori, ideali (non parliamo di ideologie), programmi, progetti.”
Del resto, i giornali (se guardate i numeri della diffusione dei quotidiani, vedete che sono sostanzialmente distribuiti tra il personale politico-istituzionale) assecondano questa prassi, perché ai loro lettori non interessano i problemi, e il loro approfondimento, ma i battibecchi, le smorfie, le voci, le correnti, i giochini dei vari personaggi, i sondaggi. E quindi i giornalisti anche nelle loro apparizioni nei talkshow dedicano spazio a questo teatrino che con la politica c’entra ben poco. Ai lettori dei giornali, ai “politici” interessano queste paginate di “politichese”, di scenari partitici, di gruppi di potere, delle sfide Conte-Draghi, della collocazione della Lega, del rapporto tra Salvini e i governatori e i governisti, del “campo largo” , delle dichiarazioni dei capicorrente, di Di Maio e di Grillo.
Invece di formule, più o meno bislacche, per ottenere i voti, possiamo porci seriamente il problema della democrazia, della politica e dei partiti in Italia?
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 30 giugno 2022 – come sta la democrazia? 1 – astensionismo)
Penso che un sia pur piccolo contributo a recuperare votanti si otterrebbe con la reintroduzione delle preferenze
Sono d’accordo!
Democrazia é partecipazione.
Una delle più grandi delusioni culturali e politiche é stato vedere il successo di Berlusconi nel 1994. La grande rivoluzione popolare dopo la fine della prima repubblica é ST ad ta la promozione di una classe politica senza preparazione e senza storia.
Nel 2018 si ripete la medesima storia. Dopo un Governo riformista che ha operato iniziative politiche che avrebbero cambiato l’efficienza del Paese e una Riforma Costituzionale che avrebbe promosso una nuova politica, ancora una volta il popolo al voto boccia prima la riforma e poi alle elezioni manda in Parlamento con maggioranza relativa del 35% una forza politica con lo slogan Vaffa, che ora si scompone corrotta e senza proposte.
Il popolo ha sempre ragione, é il metodo migliore, ma non votano