Alcuni appunti mentre ascoltavo il dibattito alla Camera dei Deputati.
Le veline di Palazzo Chigi
Stamattina leggo i giornali, prima di sentire il dibattito alla Camera dei Deputati. Viviamo in un Paese in cui il principale organo di informazione (una volta autorevole) pubblica – a tutta pagina, a firma di Monica Guerzoni – la velina di Palazzo Chigi, con tanto di foto di Conte che vuole dare una immagine di sè che lavora com impegno e serietà: “Non sarà un j’accuse. L’avvocato non userà toni da processo, non tratterà Matteo Renzi come un imputato”. No, figuriamoci, Conte nel discorso alla Camera gli ha dato dell’irresponsabile. E sempre sul quotidiano di Casalino-Cairo, leggo il ministro degli esteri (si fa per dire, nel senso che della politica estera di questo paese non vi è più traccia) che afferma: “Quello della maggioranza assoluta è un giochino di Renzi per costruire uno specchietto per le allodole”. Infatti tutti i Presidenti della Repubblica hanno sempre fatto il giochino di Renzi dando l’incarico di governo a chi aveva la maggioranza assoluta in Parlamento.
Sempre sul quotidiano di Casalino-Cairo, leggiamo tale Serracchiani che è diventata eurodeputata con Franceschini segretario del PD e poi vicesegretaria del PD con Matteo Renzi segretario: “Non vogliamo una resa dei conti: prendiamo atto della poca fiducia di cui gode il leader di Iv. E la fiducia in politica è importante”. E lei ne sa qualcosa della fiducia degli elettori o di quella di Franceschini, suo protettore politico? Da presidente della Regione Friuli Venezia Giulia si candida alla Camera dei deputati e viene battuta dell’ex presidente della Regione nel collegio uninominale, ma viene eletta con i resti nel collegio proporzionale (vuoi non dare una rete di salvataggio a una che mentre era Presidente del Friuli faceva anche il responsabile nazionale dei trasporti nella segreteria di Guglielmo Epifani, sempre per conto di Franceschini?).
Il risentimento è un cattivo consigliere
Meno male che leggo sempre sul quotidiano Casalino-Cairo, una intervista di Paola Di Caro a Pier Ferdinando Casini, che, a differenza dei molti dilettanti della politica in circolazione, dice delle cose sagge: “La fretta è una cattiva consigliera, quanto il risentimento: tutte le scelte che dipendono da questi fattori sono sbagliate in politica…Più volte negli ultimi mesi ho auspicato che il presidente del Consiglio coinvolgesse l’opposizione nell’affrontare l’emergenza Covid, visto che sono forze che hanno anche un grande insediamento elettorale nel Paese. In momenti come questi c’è bisogno della massima condivisione”. Chiede l’intervistatrice “Non l’hanno ascoltata”: “Non solo. Rischiamo di uscire dalla crisi con una condivisione ancora meno ampia. Dalla politica siamo passati al pallottoliere, con un governo dai numeri così risicati da avere una sostanza politica molto debole. L’opposizione — a parte Berlusconi che ha tentato di aprirsi davvero alla condivisione — fa il suo gioco: grazie al solipsismo del governo, può rimanere sull’Aventino con relativa facilità, con una straordinaria posizione di rendita. Non sarà bellissimo, ma è la politica…Mi auguro che premier e Pd, che hanno le principali responsabilità per la tenuta di governo, non seguano la strada della facile vendetta. Sarebbe autolesionismo. Guardino oltre, o saranno loro a pagare il prezzo più alto di una vittoria di Pirro”».
Il finto sgomento
Poi ascolto Conte alla Camera che esprime sgomento per la crisi, che lui non ha fatto niente per evitare. Ma, ispirato dalla furbizia dannosa di Bettini. – così i bene informati scrivono – dice che il ministero dell’agricoltura è a disposizione, che lui delega i servizi segreti (cosa che aveva chiesto Renzi, e che solo oggi Conte comunica) e aggiunge una cosa da rabbrividire: il governo presenterà una legge elettorale proporzionale. Quest’ultima non è materia del governo ma esclusivamente del parlamento, ma Conte la gioca per adescare i “volenterosi” e titillare Forza Italia. Ma l’idea di dimettersi, visto che non c’è più la maggioranza su cui si è costruito il Conte II, neanche lo sfiora. Cerca i voti dei “volenterosi”, variante della qualifica “responsabili”, “costruttori”, “trasformisti”, che siano europeisti però: alla politica si sostituisce il pallottoliere, come dice Casini. E invece Conte dice “voltiamo pagina”, lasciando fuori Italia Viva.
Al di fuori dei discorsi d’obbligo di maggioranza e opposizione con tanta retorica (penosa una deputata milanese che sta in parlamento da sei legislature) , brillano, per me, i discorsi di Scalfarotto e di Prestigiacomo. Quest’ultima coglie anche che , nel lungo elenco della spesa di Conte, manca qualsiasi discorso sul Mezzogiorno. Aggiungo io, che di cultura non ne parla e gli accenni alla scuola sono di assoluta circostanza: due aspetti fondamentali del futuro del Paese sconosciuti a Conte.
Una situazione paradossale
A me sembra tutto molto paradossale. Si fanno affermazioni, si avanzano tesi, si esprimono opinioni che sono il contrario di quanto detto fino a poco tempo o comunque sono esattamente il contrario di quanto c’è bisogno per questo Paese. Fino a poco tempo fa, anche dal Quirinale, si diceva che ci vuole unità e concordia nazionale, una solidarietà tra maggioranza e opposizione, anzi qualcuno invocava, a più riprese, l’esigenza di un governo di unità nazionale, per affrontare la pandemia.
Stiamo sfondando la barriera del 160% di debito pubblico sul prodotto interno lordo; siamo a 2.604 miliardi di debito, ogni residente in questo Paese ha in capo quasi 44.000 euro di debiti. Facciamo allegramente uno scostamento di bilancio ( in debito) di 32 miliardi, anziché di 20, come detto il giorno prima. Abbiamo fatto 130-150 miliardi in più perché c’era la pandemia: se avessimo usato quei soldi per fare un pò meno bonus e un pò più investimenti sarebbe stato meglio. Adesso abbiamo l’opportunità di avere, grazie all’Europa, oltre 300 miliardi di euro (tra Recovery Fund, Sure, Mes), poi c’è la Banca europea degli investimenti (che può prestare alle piccole e medie aziende europee 200 miliardi) e poi la Banca centrale europea, che sta comprando a tutto spiano il nostro debito, cosa che ci fa spendere meno soldi per pagare gli interessi.
Una crisi politica, prima che di governo
Bene, a fronte di questa eccezionale situazione, creata dal quartetto, Merkel, Macron, von per Leyden, Lagarde, si pensa di risolvere la crisi politica con i numeri dei “responsabili”: magari anche con la maggioranza numerica, che tuttavia non è politica. Perché una crisi politica si affronta con la politica, con il confronto politico nel merito delle questioni aperte, non con i numeri, risicati o meno.
Perché noi non siamo ad una crisi governo (Conte non si dimette neanche con le cannonate), siamo a una crisi politica che è maturata su ben precise questioni programmatiche di strategia economica e sociale, sulle modalità democratiche di gestione del potere e sul posizionamento di politica estera, sulla gestione della lotta alla pandemia e sulla organizzazione sanitaria del Paese. Si possono ignorare le questioni, nascondersi dietro il brutto carattere di Renzi, ma il fatto rimane. Se non ci fosse stato l’affondo di Italia Viva, avremmo avuto un piano inverecondo e una struttura manageriale a uso di Conte, scavalcando il governo e il Parlamento, oltre che le forze sociali, imprenditoriali e sindacali.
Ci sarebbe bisogno di uno scatto politico, che coinvolga più forze possibili nella gestione del Next Generation EU, con una prassi doverosa di coinvolgimento pieno e costante del Parlamento e delle sue commissioni e una disponibilità di ascolto anche delle opposizioni per creare anche un clima di concordia sociale e culturale, nel rispetto delle differenze politiche.
Bastava convocare – magari anche questa estate, ma almeno dopo le richieste dicembrine di Renzi – delle riunioni della maggioranza, ad oltranza, per comporre i dissensi e le opinioni diverse e trovare una sintesi adeguata, una mediazione, un compromesso. Invece, non si è voluto accedere ad una prassi politicamente corretta in una coalizione di forze diverse, per dare invece corda a una gestione narcisistica di Conte, che non vuole mollare di una virgola il potere che ha avuto per una congiunzione astrale irripetibile, dopo 89 giorni dal voto del 4 marzo 2018.
Uno psicodramma
Invece va in scena uno psicodramma, una psicoterapia di gruppo in cui i pazienti, i malati recitano un’azione scenica con riferimento ai traumi causati da Renzi, e così emergono dei conflitti inconsci che si trascinano da quando Renzi era segretario del PD e presidente del Consiglio a quando ha imposto l’isolamento e poi la scelta del governo e adesso la necessità di un chiarimento politico sul futuro.
Conte vuole rimanere a Palazzo Chigi anche con un voto di maggioranza e non vuole più vedere Renzi, piuttosto le elezioni – dice – che pensa di condurre lui e di “fare porta a porta” la campagna elettorale (sue dichiarazioni riportate dal Corriere), ovviamente, con una sua lista elettorale. Per cui in questi mesi Casalino si scatenerà con veline e quant’altro, pagate dai cittadini italiani. Già adesso è Casalino che manda i video di Conte alle televisioni, – dice – “per evitare che si introducano gli operatori televisivi e portino il virus (sic!) a Palazzo Chigi”: pensate se l’avessero fatto Craxi, o Berlusconi o Renzi !
Il PD fa finta di convocare una direzione nazionale, non ho trovato traccia di nessun dibattito, neanche sui giornali. Nessuno ha parlato tranne Zingaretti. Ma francamente, la direzione era inutile, bastava leggere l’intervista di ieri mattina sul Corriere del vero segretario del Pd, quello che dà la linea. un tal Goffredo Bettini. Confesso che mi sfugge come mai nessun militante del PD o dirigente dell’area riformista abbia qualcosa da dire a proposito dell’esondante invadenza di questo personaggio che ogni settimana rilascia una intervista a ciascuno dei quotidiani d’”informazione“ Ha una irrefrenabile voglia orgasmica di apparire come il “protagonista della vita politica molto ascoltato” (Carlo Bertini – La Stampa 27 dicembre 2020). Peraltro non capisco quali siano i titoli di merito di questo inquietante individuo, magari qualche giornalista ce lo spiegherà prima o poi. Di fatto, questo Bettini che nessuno ha nominato segretario del PD esercita la funzione di esprimere la posizione del PD, (o forse è quella di Conte?): “Il governo Conte andrà avanti. Non ci sono alternative a Conte. Il governo ha lavorato bene….Se si rompe, non si è in grado di ricomporre i cocci. L’attuale alleanza avrebbe il dovere di ripresentarsi agli elettori, Sarebbe comprensibile che la forza che Conte ha nel Paese si trasformasse in un soggetto politico.” Ipse dixit, ha parlato la somma autorità: ha indicato il futuro, ben tre settimane fa. Ma Conte, – lo sa anche quello che mena il gesso, ma non Bettini – non prende voti a destra, poiché ha tradito la destra per andare con il PD.
Che fine hanno fatto i riformisti del PD?
Con Bettini c’è da stare tranquilli, uno stratega che le ha azzeccate tutte. La duplice staffetta Rutelli-Veltroni, così alla fine vinsero Berlusconi e Alemanno. Fu il grande sponsor di Ignazio Marino e pensò anche a Luca Cordero di Montezemolo come leader della sinistra, poi lui e il suo compagno di merende Walter Veltroni pensarono di sostenere Renzi, fino a quando capirono che costui avrebbe spazzato via anche loro. Spiace che Renzi non l’abbia fatto del tutto, lasciandoci anche un altro che sta cercando vendetta d’accordo con Conte: il popolarissimo leader maximo D’Alema. Costui, dopo che Renzi divenne segretario del PD e Presidente del Consiglio, lo leccava senza pudore alcuno, per essere nominato alla Commissione Europea: invece Renzi nominò Federica Mogherini (della corrente di Franceschini) e fu un affronto gravissimo – da pagare con il sangue – al vanesio presuntuoso e vendicativo D’Alema.
Mi piacerebbe capire che fine ha fatto la “base riformista” che per bocca di Andrea Romano il 29 dicembre 2020 su “il Corriere della Sera” dichiarava che “un’eventuale “lista Conte” finirebbe per dividere e redistribuire i consensi dell’attuale area di governo, senza intaccare i consensi della destra. Un gioco a somma zero, con l’unico effetto di frammentare il quadro e favorire la peggiore destra di sempre…Non credo che Conte farà un suo partito: la guida del governo nel prossimo biennio sarà una sfida epocale su cui si misurerà la qualità di un’intera classe dirigente. Gli italiani non ci perdonerebbero la minima distrazione dall’obiettivo fondamentale:ricostruire l’Italia del dopo Covid».
Rispettare le opinioni degli altri, se le hanno
Ma i personaggi dello psicodramma non sono finiti. Zingaretti ha detto che “se non si rispettano le opinioni degli altri, avendo la presunzione di tenere in considerazione solo le proprie, allora viene meno la fiducia e la possibilità di lavorare insieme”. Oddio, il problema è quello di avere delle opinioni. Il PD dovrebbe avere delle opinioni, che io non ho letto né sentito, chessò sul Piano, sul Mes, sui servizi segreti, sulle pagine del Piano dedicate alla giustizia (ma qualcuno le ha lette? Da spavento), sulla politica estera (anche sulla freddezza di Conte verso Biden), solo per citarne alcune.
Che poi il Piano italiano per il Recovery Fund sia stato migliorato dall’iniziativa di Renzi è alla luce del sole, ma che sia un elaborato ancora insufficiente è altrettanto evidente. E che Renzi da un mese abbia chiesto risposte, senza le quali le sue Ministre si sarebbero dimesse era alla luce del sole.
La crisi non è al buio
“Aprire una crisi al buio” ? dice Zingaretti. In realtà annunciata e stra-annunciata. Anzi, tutti a pensare che quello di Italia Viva fosse un bluff: “vedrai che non si ritira dal governo., mavvà, figurati se si dimettono, non è mica possibile!” E poi, sorpresa, Renzi e Italia Viva facevano sul serio. E allora diventano brutti e cattivi perché lo hanno fatto per davvero.
Al buio perché non si è voluto e non si vuole fare i conti con Renzi. Anzi, l’”avvocato del popolo”, il Giuseppi, ha usato una frase molto elegante: lo asfalterò.
Non penso che il PD sia talmente ottenebrato da non aver detto a Conte: “invece di fare gli assembramenti per strada con i giornalisti, convoca subito tutti i leader di maggioranza”. Delle due l’una: o il PD non l’ha fatto e non l’ha posto come questione dirimente o Conte non l’ha volutamente fatto, perché voleva disfarsi di Renzi.
La scelta di preferire Di Maio a Renzi
Ora che il Pd preferisca Di Maio e Di Battista a Renzi a me lascia abbastanza perplesso, attonito, basito. E che un genio, quello che era entusiasta del commissario della Calabria, dimissionato il giorno dopo, dica esplicitamente che «La scelta del Pd di andare in aula a verificare la fiducia e dichiarare non componibile la frattura con Italia Viva è dettata da ragioni e fatti squisitamente politici. Non è una cavalleria rusticana tra Conte e Renzi. Astenersi tifosi. Soprattutto in queste ore». dimostra la stupidità tattica e strategica del PD e soprattutto “excusatio non petita, accusatio manifesta”.
Nel Pd vivono questa fase politica come “un attacco alla linea del PD di ieri, di oggi e di domani” dichiara sempre quel genio di Provenzano; se spiegassero, magari in un congresso ai propri militanti, la evoluzione dalla linea passata (no al governo con le 5S), alla presente (Conte è il capo dei progressisti) e alla futura (una coalizione elettorale con 5S, Leu, e partito di Conte), forse anche noi elettori capiremmo qualcosa di questa posizione assurda: Conte o elezioni.
Trasformismo non è sinonimo di parlamentarismo
Salvo poi dire che il PD va in Parlamento, affidandosi al fatto che “ci sono in Parlamento sensibilità democratiche, liberali, europeiste che possono unirsi e convergere con questo spirito, alla luce del sole e trasparente: vedremo quale sarà l’esito”.
Sì perché il politologo di Ferrara, che, pur di fare il Ministro ha fregato due segretari, si è lanciato in una nuova teoria politica, che affossa la storia parlamentare e il parlamentarismo costituzionale.: “Nel passato il termine “responsabili” indicava una negatività, non è più così: non siamo più in un sistema bipolare con due poli e due candidati premier, in cui il cambio di schieramento veniva giustamente classificato come ribaltone. Siamo in un sistema parlamentare in cui le maggioranze di governo si cercano in Parlamento, apertamente, alla luce del sole e senza vergognarsene. E così sarà anche questa volta.”
C’è un bell’articolo di Sandro Fontana “Per una storia del trasformismo 1883-1983”, pubblicato nell’anno del centenario del trasformismo, cioè “l’anniversario della nascita del quinto governo Depretis che segna la fine della distinzione tra Destra e Sinistra storica e l’avvento di una prassi politica e parlamentare – per dirla con un protagonista del tempo, il Crispi – “ogni gruppo, anziché comprendere un ordine di idee, comprendeva un’associazione di individui, i quali fatalmente, secondo i casi, mutavano d’opinione” per cui “le infedeltà, le apostasie erano un merito per salire in alto”.
Non considero negativo che un parlamentare cambi opinione e collocamento, lo diventa se è un modo di ottenere vantaggi e prebende per sé e per i suoi accoliti. Se si vuole invece farne una prassi, trovo che dovrebbero mettersi d’accordo con i loro compagni di strada presenti e futuri, che vogliono il “vincolo di mandato”.
La prassi costituzionale non è uguale per tutti
E c’è anche una considerazione generale: se lo fa un governo con il PD va bene, se lo fa il centrodestra non va bene. A Salvini era stato impedito di andare in Parlamento a cercare di prendere i voti per formare un governo della coalizione che aveva ottenuto i maggiori voti (37%) alle elezioni del 4 marzo 2018 (con il Rosatellum, la coalizione che faceva più del 40% prendeva il banco): ebbe 262 seggi alla Camera e 135 al Senato.
E trovo un pò debole la tesi che in quel caso non si poteva fare perché era un governo in formazione e qui è un governo già formato che cerca dei rattoppi. Anzi, proprio qui sta il negativo: il Presidente della Repubblica aveva chiesto al centrodestra di portargli i numeri e avrebbe dato l’incarico. Così è stato per il governo Conte II: si doveva presentare al Capo dello Stato una coalizione con i numeri sufficienti.
Nel momento in cui la coalizione non c’è più nella sua composizione politica, si viene meno a una regola che ha imposto il Capo della Stato, che avrebbe dovuto dire a Conte, vai in Parlamento comunichi la crisi e poi ti dimetti poiché è venuto a mancare quell’impegno di maggioranza; poi, ti dò l’incarico e, se ce la fai, formi una coalizione con i numeri validi per avere la fiducia dei due rami del parlamento,. È sempre possibile introdurre varianti nella prassi costituzionale, basta che non sia ad personam.
Conte val bene una messa?
Dopo tutti gli appelli alla unità nazionale, alla coesione, oggi la ricerca di una visione di grande respiro nazionale ed europea, il confronto degli impegni per il futuro del Paese finiscono nella ricerca di qualche voto per avere una maggioranza che confermi il governo Conte II con alla testa uno che è montato la testa e che manifesta una concezione autocratica e cesarista del proprio potere (non sottovaluterei per niente la storia dei servizi segreti).
Conte è una nullità politica e l’Italia di oggi non ha bisogno di una nullità, della piccola politica trascinata alla giornata, fatta di rinvii e di dirette Facebook, di pseudo conferenze stampa, il tutto preferito alla presenza e al confronto in Parlamento. Oggi non è andato in Parlamento per un atto di benevolenza sua, ma perché obbligato dagli eventi.
Ma la domanda che mi pongo: per stare al governo con Conte, il PD può rinunciare a tutti i suoi valori, in primis al rispetto delle istituzioni ? Per carità, capita a tutti di cambiare idea, ed è un bene. Ma se si cambia spesso idea, si entra nella compagine dei voltagabbana.
Ora ho presente un post del 16 dicembre 2018 di Anna Ascani: era lettiana, poi diventata renziana, poi ha corso contro Zingaretti per la carica di segretario, in combinata con Renzo Giachetti, adesso è vice ministro dell’istruzione. “C’è chi vuole fare un listone con D’Alema e un’alleanza coi cinque stelle. Chi continua a spiegarci che dobbiamo chiedere scusa, dimostrare di aver “capito la lezione” e dialogare coi grillini. Noi no. Perché a noi può capitare di perdere un’elezione, ma non di perdere i valori di riferimento. Mai come stavolta noi siamo #altracosa. #sempreAVANTI con Roberto Giachetti”.
Mi sono perso quali siano i loro valori di riferimento e mi piacerebbe capire se il PD è davvero un’altra cosa dalle 5S. Oggi mi sembra che il PD sacrifichi Renzi per Conte. È una scelta legittima, per carità, ma non spiegatemi che è nell’interesse della sinistra liberale, democratica e riformista.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi.” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
3. continua
(lunedì 18 gennaio 2021)
Tutte considerazioni ineccepibili
Bravo !
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