Dopo essere stato umiliato con la scena del balcone di Palazzo Chigi dove Di Maio festeggiava il deficit 2.4% (mentre Tria diceva 1.6% fino al giorno prima), dopo essere stato minacciato 1000 volte di licenziamento, in ultimo sull’assurdo decreto banche in violazione di regole europee, questa volta Tria ha imposto numeri veri nel DEF:
– ammissione di una crescita 2019 dello 0.1% Ricordiamoci che solo il 2017 si cresceva all’1.5%, 15 volte tanto.
– onesto anche sugli effetti del reddito di cittadinanza e quota 100: in particolare si ammette che produca zero crescita e una diminuzione di -0.3% dell’occupazione (e gli effetti del decreto dignità ne vogliamo parlare??)
– (udite, udite) si ammette che gli investimenti determinano la crescita (peccato che li hanno tagliati del 30% quando hanno dovuto tagliare il deficit dal 2.4 al 2)
– si ammette che lo spread ha effetto negativo sulla crescita (peccato che pochi mesi fa sostenevano di mangiarlo a colazione, lo hanno fatto salire fino a 250 punti ed è ancora stabile lì, da maggio 2018, riduce aspettative di consumatori e imprese)
– onesto sul decreto crescita e sblocca cantieri (che ancora non si vedono ma si ammette finalmente che producono solo 0.1% di crescita)
– meno onesto sul debito che sale nel 2019 (gravissimo averlo fatto salire negando fino ad ora l’evidenza) ma scende nel 2020-21. Peccato che si dimenticano di dire che scende soltanto perché si incorpora già l’aumento automatico dell’IVA. Se invece dovessero cancellare la clausola di aumento dell’IVA come promettono (ma dove trovano 23 miliardi !?) il debito salirebbe eccome e di quasi 1%.
– il DEF candidamente ammette uno sbilanciamento totale a favore delle misure per il lavoro (che poi è il non-lavoro del reddito di cittadinanza) e pensioni: 133 miliardi in tre anni. Sapete quanto sono le spese addizionali previste per capitale umano e innovazione nei prossimi 3 anni? poco più di 2 miliardi. Saremo tutti pensionati e zero laureati.
– le coperture sono del tutto ignote: 18 miliardi di privatizzazioni non sono specificate, c’è un dibattito surreale tra l’introduzione della flat tax a fronte o meno dell’aumento dell’IVA. Tipica tecnica di distrazione: aumento dell’IVA serve già adesso a bocce ferme per evitare aumento del debito, non serve per pagare la flat tax. Il timore è che facciano la campagna elettorale delle elezioni europee promettendo una flat tax impossibile. Il trucco gli è già riuscito alle elezioni nazionali: hanno promesso una flat tax per tutti e hanno fatto una riduzione limitata ad una platea di 400mila lavoratori autonomi che però ha “scassato” la composizione dell’occupazione: da subito i contratti di lavoro dipendente hanno iniziato a scendere e le false partite IVA a salire – conviene infatti ad entrambi il lavoratore e datore di lavoro, un’assunzione a partita IVA con meno contributi e IRPEF forfettaria.
Non vorrei che gli italiani cadessero in un secondo tranello: la promessa di una insostenibile flat tax per il reddito famigliare sotto i 50mila euro. Insostenibile per i conti pubblici ma anche per il buon senso. Vorrebbe dire avere due redditi imponibili: famigliare sotto i 50mila e individuale sopra i 50mila. Praticamente come montare un motore sopra un cavallo.
Riportiamo gli italiani sulla terra e ricordiamoci invece che il Fondo Monetario prevede un debito al 138% in pochi anni e suggerisce già da ora la reintroduzione dell’IMU sulla prima casa. Per evitarlo bisogna correggere subito gli errori di questa legge di bilancio a partire da cancellare quota100 (e sostituirla con scivoli limitati ai lavoratori gravosi e agli anziani disoccupati, licenziati o invalidi) e correggere il reddito di cittadinanza nel senso di renderlo una vera misura di lotta alla povertà (bravo Carlo Bonomi presidente di Assolombarda che lo ha detto chiaro e tondo!).
Marco Leonardi
Autore di “LE RIFORME DIMEZZATE”, EGEA, 2018.