Le limitazioni delle libertà personali ( divieto di circolazione, divieto di assembramento di qualsiasi natura!) anche in tempo di coronavirus, devono essere adottate con leggi, non con decreti del presidente del Consiglio. Così dovrebbe essere in una democrazia liberale e parlamentare.
Michele Ainis su “Repubblica” del 4 marzo scrive: “In poco più d’un mese si contano 2 decreti legge del governo (il terzo è in arrivo), 3 decreti del presidente del Consiglio (ndr: oggi il quinto), 11 ordinanze del capo della Protezione civile (nell’ultima settimana al ritmo d’una al giorno),13 circolari e 12 ordinanze del ministro della Salute, una direttiva del ministro della Pubblica amministrazione, un decreto del ministro dell’Economia, l2 note e 3 provvedimenti del ministro della Giustizia, 34 ordinanze regionali, 4 ordinanze provinciali. Senza dire delle circolari via via adottate in tutti gli enti pubblici, compresa la Rai. È tutto? No, perché bisogna ancora aggiungervi le ordinanze firmate dai sindaci: saranno almeno un migliaio, nel Paese dei mille campanili. C’è un senso, c’è una direzione univoca in questo flusso normativo? A giudicare dai pasticci e dai bisticci, non parrebbe”
Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani hanno scritto un articolo molto argomentato sul “Sole 24 ore “ del 9 marzo sul decreto di domenica: obblighi, divieti che si possono aggirare con generiche autocertificazioni, raccomandazioni, semplici consigli, ammonimenti, il tutto condito con una identica sanzione per la violazione di tutte le regole che si risolve in una ammenda di 103 € (poco più della multa per divieto di sosta).
Ma la cosa più inquietante, che sembra non interessi nessuno, è che in questi decreti ci sono limitazioni delle libertà personali, che, nella vita della Repubblica, non ci sono mai state e che – ripeto – costituzionalmente dovrebbero essere assunte con una legge del Parlamento.
Invece si è pensato ad un’altra follia incostituzionale e antidemocratica. Giornali e tv ci hanno informato, come fosse una cosa normalissima e assennata: “Alla Camera si continuerà infatti a lavorare in 350, invece che 630 deputati. Lo prevede un accordo informale tra i gruppi parlamentari per rispettare la distanza di un metro necessaria per il contenimento del contagio da coronavirus. L’accordo, approvato all’unanimità su proposta del presidente Roberto Fico, garantirà la proporzionalità tra i gruppi e il plenum della maggioranza assoluta dei componenti.”.
Ma come si può pensare a una cosa del genere ? Che dire del Presidente della Camera Fico e dei capigruppo che acconsentono a una misura palesemente incostituzionale? Si sono bevuti il cervello ? O sono degli incapaci totali ? E pensano di aggirare, (così, con un accordo dei capigruppo!) una norma costituzionale che prevede il voto di maggioranza assoluta (316) per le variazioni del bilancio dello Stato o pensano che, per esigenze di forza maggiore, tutti votino a favore ?
E che segnale danno al Paese e ai medici, infermieri e personale sanitario, che ringraziano ad ogni piè sospinto perché “sono in prima linea”? E noi, che abbiamo eletto dei rappresentanti in Parlamento, per tutelare le nostre libertà e fare gli interessi del Paese, dobbiamo vedere questo scempio della democrazia ? Ma che si mettano le mascherine e i guanti e si facciano i tamponi. Per loro non vale, neanche in tempo di guerra, #iorestoacasa. Figuriamoci oggi.
In questo momento il Parlamento dovrebbe funzionare a pieno regime: il giorno dopo la firma di decreti che limitano le libertà individuali (qualunque sia la motivazione), il Parlamento si dovrebbe riunirsi per discutere e decidere, anche prendendo misure più importanti, come la limitazione del trasporto pubblico urbano ed extraurbano, o la chiusura dei mercati ambulanti e dei negozi (escluso alimentari e farmacie).
Ainis parla di eclissi delle libertà costituzionali, di centralizzazione delle decisioni e di personalizzazione del potere. Il Presidente del Consiglio avrebbe fatto bene a parlare con i Presidenti delle Camere, con i capigruppo di maggioranza e di opposizione, con i Presidenti delle Regioni, con i responsabili delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, con i direttori dei giornali e delle televisioni, prima di firmare decreti: sempre meglio che far uscire (da Palazzo Chigi) bozze che hanno creato panico e resse. Si possono fare incontri con il massimo di riservatezza e di responsabilità : persino durante le consultazioni per la formazione dei governi c’è meno protagonismo di quello che si manifesta oggi. Bisogna spiegare a qualcuno che non siamo ancora al presidenzialismo e neppure alla abolizione del ruolo del Parlamento.
“Avere fiducia nell’avvenire del proprio popolo e della Repubblica” era uno dei doveri degli iscritti della mia prima organizzazione, l’Associazione Pionieri d’Italia. Figuriamoci se non rispetto le leggi, ma trovo fuori luogo la campagna sul fatto che devo cambiare il mio modo di vivere: come se l’emergenza dovesse durare per tutta la vita che mi rimane. Dovrebbe essere il Parlamento (non il governo), in Italia, a limitare le mie libertà, per ragioni di forza maggiore, e va bene, obbedisco, ma, vi prego, non spetta al governo consigliarmi abitudini di vita e modelli di comportamento: può vietare, ma non dirmi qual è il mio stile di vita e farmi la morale. E spero che nessuno mi dica che devo credere e obbedire, punto e basta, altrimenti non sono responsabile: obbedisco ma non credo che siano state prese le misure giuste e sufficienti, nel momento dovuto, e nella forma adatta e nel rispetto delle norme democratiche.
#iorestoacasa ma il governo deve dare una lezione a chi ha fatto uscire il decreto sabato sera, causando il fuggi fuggi verso il Sud. Non volete gli assembramenti, bene, ma poi voi, da Palazzo Chigi, avete causato turbativa e panico, la ressa sui treni; come al solito la responsabilità non è di chi ha distribuito ai giornali la bozza di decreto, ma degli italiani che hanno affollato le stazioni, temendo di essere intrappolati nella “zona rossa”.
E a distanza di due giorni, fate due decreti: segno di confusione, indice della mancanza di un piano graduato e graduale o frutto di un calcolo politico, basato sul fatto che “non diciamo le cose tutte in una volta per non spaventare gli italiani”: facciamo un poco per volta, chissà forse ci va bene.
E per favore un po’ di modestia: “Questa è l’ora più buia” ? Non ci sta chiedendo, caro Churchill, di andare al fronte a combattere, ci sta chiedendo, in modo contorto e molto televisivo e mediatico, di stare a casa sul divano. E più che Churchill mi pare molto Chamberlain.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(martedì 10 marzo 2020)
Il solito giocare “a persone serie”che, all’inizio ci fa sentire un paese realmente civile, con una certa commozione che ci piace tanto ma poi si cercano gli stratagemmi per aggirare gli ostacoli delle limitazioni. E qui comincia la parte “ vera” perché il paese si stanca presto di non far furbate e non è difficile riuscire a fregarsene anche della pandemia.
Ma quando si ricorre a un DPCM che viola l’articolo 13 della Costituzione quali furbate vai cercando? Autocertificazioni usate per l semplificazione amministrativa vengono utilizzate dalle forze dell’ordine ma al cittadino cosa migliorano?
Per limitare la libertà individuale ci vuole una Legge che non sia in contrasto con la Costituzione e una disposizione del magistrato.
PUNTO. Il resto è abuso di potere!