Non c’è stato un editoriale, una presa di posizione netta, dei giornalisti od opinionisti, che abbia detto a Conte che doveva sedersi al tavolo con la sua maggioranza e rifare quel “Recovery plan” indecente. (peraltro non ancora presentato alla Commissione europea), che Conte non poteva pensare di andare avanti, con un mercato sfacciato e inverecondo, cercando i voti dei Ciampolilllo, della Mariarosaria Rossi, e che Arcuri, Parisi e Tricarico avevano dato dimostrazione di non essere all’altezza dei compiti loro assegnati, ecc.
Nessuno, neanche delle forze sindacali e imprenditoriali, che abbia detto a Conte che perdeva tempo con quei farlocchi “stati generali”, durati quei giorni di giugno 2020, a Villa Pamphilj in quel di Roma, che hanno fra l’altro messo in archivio il “piano Colao”. Al termine di dieci giorni di show per riempire telegiornali e giornali, Conte dichiarava che “Il piano di rilancio non è solo una raccolta di riforme, ci siamo resi conto che non e’ affatto sufficiente riformare il Paese, dobbiamo reinventare il paese che vogliamo” O perbacco! Che statista!
E infatti, dopo avere visto le linee guida di settembre e la bozza del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza Next Generation Italia” del 7 dicembre, nessuno, nessuno tranne Renzi, ha detto che erano fuffa. I temi, i contenuti dello scontro tra Renzi e gli altri non vengono neanche messi in evidenza, volutamente si parla solo di poltrone.
Opinionisti, editorialisti e talk show insistono su un tema: “gli italiani non capiscono la crisi”: Si potrebbe dirgli che loro non hanno spiegato in questi mesi l’oggetto del contendere, ma, in verità, la cosa più contraddittoria è che i giornali e le tv erano pieni di sondaggi in cui oltre il 50% degli intervistati erano per la destra, che non mi sembrava sostenesse il governo Conte 2.
Sondaggi in tempo reale: l’altra sera, ho sentito una signora, molto sicura di sé, dire “nel ranking, il primo item…”: era un dialogo tra lei e Vespa, il quale peraltro, con molta modestia, ha spiegato a Draghi cosa deve fare. E anche qui la cosa stupefacente era che, mentre Vespa non si faceva scrupolo di interrompere Rosato perché voleva sapere da lui se Bonafede era stato proposto per la vicepresidenza del Consiglio, o per il Ministero degli Interni (“ma – parola di Vespa – Mattarella è intervenuto a dire di no perché è un Ministero molto delicato” sic!) o rimaneva al suo posto alla Giustizia, non interrompeva un comizio di Salvini (flat fax, ristoranti e bar, ecc). Salvo poi dire che c’era una piccola apertura del capo della Lega verso Draghi.
E allora? Forse sono i giornalisti che fingono di non capire la crisi, per montare la panna sul cattivone di Renzi. Certo, non l’uomo più simpatico del mondo, ma uno svelto, da cui ti puoi aspettare mosse a sorpresa, anche spregiudicate, e di fatti l’unico che ha fatto politica dal marzo 2018 ad oggi, con un PD imbambolato prima, subalterno poi alle 5S, che adesso si è imprigionato nella assurda difesa di Conte a tutti i costi.
Se conosci Renzi, sai che ti puoi aspettare le mosse del “cavallo” e allora dovresti adottare in anticipo delle contromisure. Se invece stai fermo e ti affidi a Bettini e ai “ dorotei governisti” , è certo che finisce male.
Romanocentrismo
Tutta la vicenda è stata “romanocentrica” sui giornali, sulle televisioni, nel Palazzo. E questo è un problema che ci trasciniamo da tempo, ancora dalla “prima” repubblica.
Pagine e pagine (Repubblica, Corriere, Stampa) a intervistare un genio come Bettini: siamo arrivati persino alle interviste dal letto del bonzo orientale. Ma ci voleva poco a capire che quelle posizioni della corrente thailandese (azzeccata e fulminante definizione di Renzi), con la variante correntizia del “grande fratello” (aggiungo io) avrebbero portato nel fosso il Parlamento e il Paese: il capo dei progressisti, che fa il suo partito, l’alleanza elettorale e strategica con 5s e Leu, “Conte o elezioni”. E anche la prospettiva del “partito” di Conte che possibilità elettorali ha fra sei mesi ?
La politica “dorotea governista” del PD si è schiantata contro il muro dell’intransigenza delle 5S, di questi smandrappati, senza arte né parte, che non hanno voluto mollare nulla sul Mes, sulla giustizia, sulla gestione del recovery fund, sulla scuola, sui cantieri, inchiodati nella trincea della difesa ad oltranza di Conte, Bonafede, Arcuri, Parisi, Tridico, ecc. a cui si è accodato il PD. E oggi, come dice un’amica migliorista, sembrano quei giapponesi dell’ultima guerra mondiale che nessuno aveva avvisato che era finita la guerra: dopo la sconfitta, il PD continua a perseguire l’alleanza con le 5S, ovvero con un movimento in netta decadenza e che non apporta nessun valore ideale, culturale, politico e progettuale, e con Leu, patetica compagnia delle cause perse, ben rappresentata da D’Alema e Bersani. Confesso che mi mette una certa tristezza vedere con quale accanimento di presenze televisive, a suon di metafore, costoro si mettono a difendere l‘esperienza Conte.
Una riflessione: era ben poca cosa la politica, la strategia del PD, frutto del combinato disposto di Bettini-Franceschini-Boccia-Provenzano-Orlando-Zingaretti, se è bastata la pattuglia di Italia Viva per far saltare tutto. E forse i riformisti del PD qualche riflessione sul futuro di questo partito dovrebbero farsela, se non altro per capire dove andare a parare, visto il fallimento dell’attuale gruppo dirigente del PD e visto che, già tempo fa, il sagace Bettini ipotizzava che i riformisti andassero con Renzi.
E la stessa cosa dovrebbero porsela i militanti che hanno votato alle primarie per Zingaretti e si sono trovati Bettini a condurre le danze con somma e sconsiderata leggiadria e anche quei dirigenti del Nord, da Gori a Bonaccini, che si trovano con un partito che ha trascurato, sia nell’azione di governo che nelle proposte, il nord e le forze produttive decisive per il rilancio del Paese, un partito che ha assecondato le pratiche assistenzialistiche e clientelari verso il sud, con la ripetizione di vecchie formule “per favorire l’immensa rete di interessi consolidati invece che promuoverne di nuovi svecchiando il paese, per collocare il Sud nella scomoda e insostenibile posizione di area da proteggere, invece che da promuovere, per farne la seconda gamba della crescita insieme al Nord, senza nessun effettivo investimento sulla risorsa costituita dai giovani e dalle donne.” come scrivono Alberto De Bernardi e Alessandro Maran su “Linkiesta”
Sarebbe oggi l’occasione per i riformisti per parlare di riunire le varie anime disperse del riformismo e dell’area liberale, democratica e riformista.
Cielle
(giovedì 4 gennaio 2021)
Lucido, conciso, esauriente
Tutto condivisibile .
La riflessione che sento sia necessaria fare in ordine alla mancata politica verso l’industria del nord deve coinvolgere anche i sindacati ( CGIL in particolare per i suoi legami con il PD ) Tutti questi ( PD e Sindacati ) rappresentano da anni un freno all’ammodernamento del Paese.
Riflessioni per quel che riguarda il PD urgenti per il serio problema che questa crisi e con il governo Draghi possa decretare la fine di questo partito ; cosa di per se , almeno per me , non traumatica anzi forse necessaria per aprire una nuova storia per il riformismo italiano.