Le sottovalutazioni iniziali e gli errori strategici e organizzativi, hanno creato la “secessione”, anzi l’isolamento della Lombardia, sul piano interno ed internazionale. Non era un fatto imprevisto e imprevedibile, come un terremoto, ma una epidemia che ha colpito altri Paesi prima di noi. Bastava prendere un aereo ed andare in Sud Corea a vedere come contrastavano il contagio: noi oggi in Lombardia abbiamo decessi sessanta volte superiori a quelli della Corea, che peraltro ha cinque volte la popolazione della Lombardia.
Se confronto i dati della Germania, si evince che qualcosa non ha funzionato in Lombardia: in Lombardia abbiamo il doppio dei decessi di tutta la Germania. E non si dica che noi abbiamo più over 65: in Germania gli over 65 sono quasi 18 milioni pari al 21,4% della popolazione, in Lombardia sono 2,3 milioni pari al 22,6% e in Italia sono quasi 14 milioni pari al 22,8%.
Il tracollo della Lombardia (abbiamo tre volte i decessi del Veneto e dell’Emilia Romagna messi insieme) ha trascinato con sé tutto il Paese. In Emilia hanno chiuso Medicina e Rimini senza intervento del governo. Qui Fontana ha chiuso le librerie e gli studi professionali (per inciso chi paga gli affitti, la Regione?), ma non ha fatto la zona rossa ad Alzano e Nembro.
Negli anni, in Lombardia hanno puntato tutto sugli ospedali (che rimangono in generale una eccellenza) dimenticando l’assistenza sanitaria nel territorio. Le epidemie si fermano nel territorio, non negli ospedali, mi diceva nel 1975 il primario dell’ospedale delle malattie infettive di Dergano. La assistenza sanitaria deve essere nel territorio, prima che negli ospedali, con attrezzature idonee per la prevenzione e la cura, in particolare per la popolazione anziana. Gli ospedali sono per gli ammalati acuti. Non occorrono case di riposo o residenze sanitarie (un modo per isolare gli anziani dalla società), ma case e abitazioni per anziani concepite con assistenza sanitaria e ricreativa, mense e servizi di pulizia collettivi: il che vuol dire ripensare ai quartieri con demolizioni e riedificazioni in una dimensione metropolitana del fenomeno.
Oggi, bisogna evitare gli errori della fase 1, con umiltà bisognerebbe copiare il Veneto: serve risalire ai contatti dei positivi; servono strutture non tanto ospedaliere, quanto di ricovero temporaneo per sottrarre persone contagiose dalle loro comunità.
Insomma, oggi più che mai, si dovrebbe adottare la strategia delle 3 T: trovare, testare, trattare. Ma, purtroppo, vedo in Lombardia molta confusione con alcune assurdità, come quella di scaricare i costi dei test e dei tamponi sui cittadini.
Luigi Corbani
Pubblicato sul “Corriere della Sera” ne “Il balcone dei lettori di Giangiacomo Schiavi” Giovedì 21 marzo 2020