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Le tariffe e la pianificazione della mobilità nell’area milanese

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Finché fu all’opposizione il PCI ha sempre fatto ostruzionismo all’aumento delle tariffe del trasporto pubblico. Finalmente, poi, comprese che il problema era solo per gli anziani dei quartieri popolari, che dovevano essere tutelati; per il resto, ai milanesi andava bene l’aumento purché ci fosse un servizio efficace ed efficiente, esteso all’area metropolitana, con una tariffa unica. E siccome, il trasporto pubblico su ferro è sempre stato ed è uno strumento di tutela ambientale fondamentale, vorrei tornare sul tema della mobilità nell’area milanese, con l’aiuto di alcuni tecnici protagonisti dello sviluppo della pianificazione del trasporto pubblico a Milano. In questo contesto vorrei ricordare, con affetto, Vittorio Korach, vicesindaco e assessore ai Trasporti della prima giunta di sinistra, per il suo decisivo apporto con il Sindaco Carlo Tognoli: si deve ricordare la chiusura del centro al traffico, la politica tariffaria e la difesa del tram, cosa che contraddistingue Milano da tante città italiane ed europee.

Il primo Piano dei Trasporti della città di Milano venne approvato nel 1980 sulla scia dei primi documenti di pianificazione territoriale a livello metropolitano del PIM (Piano Intercomunale Milanese). Il punto centrale del piano consisteva nel potenziamento complessivo del trasporto pubblico, con l’elemento maggiormente innovativo costituito dalla creazione di un sistema ferroviario “unitario, integrato e passante” attraverso la città di Milano.  La forte crescita della popolazione di quegli anni sia in Milano (al 1975 c’erano 1.750.000 abitanti, a fronte dei 1.350.000 attuali) che nei comuni dell’hinterland aveva generato una mobilità che stava portando al collasso tutta la rete viaria: alcuni si ricorderanno ancora i “grandi ingorghi” del centro di Milano negli anni ’70.   Nel 1982 venne approvato il “Piano Regionale dei Trasporti”, che poneva anch’esso al centro della pianificazione dell’area milanese il sistema ferroviario regionale passante, in quanto solo con sistemi su ferro ad alta capacità è possibile far fronte ad una domanda di mobilità di massa.

Nonostante le forti resistenze “aziendaliste” delle Ferrovie dello Stato e delle Ferrovie Nord Milano, negli anni seguenti si giunse ad un accordo per la ripartizione dei finanziamenti del tratto ferroviario sotterraneo in Milano nella misura di un terzo ciascuno tra Comune, Regione e Stato e i lavori poterono iniziare.  Nel 1990 il tratto sotterraneo fu ultimato e i treni provenienti dall’hinterland cominciarono a correre sotto la città, ma rimanevano ancora da risolvere le “strozzature” delle vecchie linee in ingresso in Milano, sovraccariche e con sovrapposizione sugli stessi binari di treni “pendolari” e di linee a lungo percorso.

Pian piano le linee ferroviarie in ingresso in Milano furono quadruplicate: prima la Milano-Saronno, poi la Milano-Melegnano e a seguire la Milano-Treviglio e la Milano-Novara.  Le linee S hanno così potuto progressivamente aumentare le frequenze e quindi l’utenza: negli ultimi 10 anni i passeggeri in ingresso in Milano con le linee S sono aumentati del 50 %.   Rimangono ancora oggi tratti inadeguati che richiedono interventi di potenziamento (primo tra tutti il terzo binario tra Rho e Gallarate), ma soprattutto urgono nuovi treni in quanto quelli disponibili sono insufficienti e obsoleti.

Tornando al Piano dei Trasporti di Milano del 1980, la strategia di fondo di potenziamento del trasporto pubblico era finalizzata ad attrarre quote sempre maggiori di utenza dal mezzo privato.  In questa ottica si delineavano già i primi interventi di estensione verso l’esterno delle linee metropolitane esistenti (primo tra tutti il prolungamento della M1 a Sesto 1° Maggio) e i primi progetti di protezione delle linee di forza di superficie: alcune linee tranviarie, l’intero anello della 90/91 e la congestionatissima area centrale della città.

La politica di sviluppo e di protezione della rete di forza del trasporto pubblico è proseguita negli anni successivi con la realizzazione della M3, aperta nel primo tratto nel 1990 e prolungata gradualmente a nord fino a Comasina pochi anni fa. Una battuta d’arresto nella politica dei grandi investimenti per i trasporti pubblici si è avuta nel periodo 1992-95, quando la Giunta leghista bloccò l’iter procedurale per l’estensione della M3 fuori città, spostando l’attenzione verso alcuni modesti interventi sulla rete tranviaria urbana.

Le Amministrazione comunali successive ripresero la politica di sviluppo della rete di forza puntando ad estendere le linee metropolitane esistenti: il prolungamento della M1 a Rho Fiera (2015) e a Cinisello/Monza (2020), e i prolungamenti della M2 da Cologno Nord a Vimercate e della M3 da San Donato a Paullo (entrambi i progetti sono stati sospesi dal CIPE per un insufficiente rapporto costi/benefici;  mah!?).

A seguito della possibilità di ottenere contributi statali per la realizzazione di linee metropolitane, alla fine degli anni Novanta vennero sviluppati i progetti della M4 e della M5, entrambi approvati dal CIPE.   I tempi per l’ottenimento dei contributi statali erano però lunghissimi e quindi si adottò per la M5 una forma di project financing che distribuiva su un trentennio il costo dell’opera, anticipato da imprese private che a loro volta si appoggiavano a banche.  Questa “delega” ad imprese private determinò però difficoltà nel controllo dei lavori – la direzione dei lavori paradossalmente spettava al concessionario – e quindi per la M4 fu rivisto il sistema di finanziamento, promuovendo tramite gara pubblica la costituzione di una società a capitale misto tra Comune e imprese private che ha consentito di mantenere il controllo in carico al Comune tramite la sua controllata MM SpA.  Rimane a questa società della linea 5 la concessione dal 2014 al 2040: gli introiti vanno al Comune che paga un canone ogni sei mesi. A fronte di un costo di un miliardo e mezzo, lo Stato ha contribuito per seicento milioni.

L’attivazione della M5 (2013) e una serie di interventi di potenziamento della rete di superficie hanno consentito un miglioramento dell’offerta di trasporto pubblico che – unitamente a una stretta sulla politica della sosta basata sull‘estensione della regolamentazione a pagamento in diversi quartieri della città – ha portato dal 2015 ad oggi ad un aumento dei passeggeri della rete urbana del 4-5 % all’anno.

La M4 e le M5 sono nate con un tracciato all’interno del Comune di Milano, ma con i capilinea in località strategiche di interscambio con le linee ferroviarie ed automobilistiche provenienti dall’hinterland.  Nel PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) approvato dal Comune nel 2018 sono  previsti i prolungamenti di buona parte delle linee metropolitane esistenti:

  • la M1 da Bisceglie ad oltre Baggio;
  • la M2 da Cologno Nord a Vimercate;
  • la M3 da San Donato a Paullo;
  • la M4 da San Cristoforo a Buccinasco/Corsico e da Linate a Segrate;
  • la M5 da San Siro a Settimo e da Bignami a Monza.

Per poter procedere in tempi ragionevoli con i prolungamenti fuori città, occorre però, alla luce della tragica esperienza vissuta negli ultimi anni  per il prolungamento della M1 a Cinisello/Monza sud, individuare nuove procedure di compartecipazione di tutti gli enti locali interessati che consentano la certezza dei finanziamenti.

Rimane urgente la realizzazione di una rete regionale di trasporto su ferro che consenta di eliminare il costo umano, sociale ed economico delle code quotidiane attorno a Milano sulle autostrade e sulle tangenziali: la rete deve essere concepita come una moderna rete metropolitana per orari, frequenza dei convogli e disponibilità dell’offerta sette giorni su sette.

Luigi Corbani

(lunedì 10 giugno 2019)

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