Tale è la passione de “la Repubblica” per Beppe Sala che oggi Piero Colaprico gli dedica il suo fondo intitolandolo “Nella politica ferma, la mossa del cavallo. Sala spiazza la destra”.
Dopo averlo definito “manager decisionista” (dovrebbe essere caratteristica di un manager prendere decisioni e non dovrebbe stupire poi così tanto in generale; resta da chiarire in che cosa Sala sarebbe manager e decisionista, magari) si tenta di attribuirgli il merito di Porta Nuova (che è di Gabriele Albertini), giungendo fino a indicare come paradigma di qualità verde la c.d. “Biblioteca degli alberi” (la cui triste realtà può essere valutata da chiunque passi da quelle parti).
Tutto serve per accreditarne l’immagine di sindaco ecologista. Peccato che nella stessa edizione de “la Repubblica” l’ottima Alessia Gallione firmi un articolo intitolato “Duecento permessi in due mesi. Non si ferma la voglia di costruire” nel quale si dà un resoconto preciso degli istinti cementieri dell’uscente Amministrazione di Beppe Sala bene espressi dall’operazione “Pirellino” gestito dalla Coima di Manfredi Catella, nonché da altri progetti citati: scali ferroviari, Santa Giulia, Mind, Sei Milano, etc..
Umorismo involontario? Conosciamo le straordinarie capacità di giallista di Colaprico, ma non ne conoscevamo la verve satirica.
Naturalmente l’istinto cementiero viene giustificato con l’arricchimento delle casse comunali per gli oneri incassati in conseguenza di tali operazioni. Forse sta qui la qualità di “manager decisionista” di Beppe Sala.
Una cosa è comunque certa: la vocazione cementiera non ha nulla a che fare con la vocazione ecologista. Gli immobiliaristi fanno il loro mestiere, legittimo e per il PIL nazionale anche salutare, ma certamente non possiamo definirli campioni di ambientalismo (anche se riempiono i balconi dei loro grattacieli di alberi e arbusti).
Ma torniamo alla “mossa del cavallo”. Con questa, “Sala apre a Milano il laboratorio di una nuova partita, inedita, carica di suggestioni” scrive sempre Colaprico.
Non è con la improvvisa e improvvisata vocazione ecologista che si batte la destra, ma occupandosi dei problemi veri dei cittadini più esposti e fragili: servizi sociali, qualità della vita nei quartieri popolari (non con la barzelletta della città da vivere in 15 minuti), sicurezza (non assumendo altri 500 vigili come promette Sala), edilizia scolastica, cultura (mai una parola da Sala in proposito).
Ora, è pur vero che il centrodestra a Milano stenta a trovare un candidato valido (torna in circolazione il nome di Gabriele Albertini) ma non per questo a sinistra si può giocare a “vale tudo”, arte marziale estrema che lascia spesso vittime sul tappeto. Qui la vittima potrebbe essere non tanto Beppe Sala (del cui destino, essendo lui “manager decisionista” , non siamo preoccupati in quanto un’occupazione la troverebbe di sicuro), ma potrebbe essere la sinistra milanese e non solo. E la stessa città di Milano che ha bisogno di una guida capace, dedicata e responsabile.
Per questo, non mi pare si possa definire, compiacendosene, “mossa del cavallo” quella di Beppe Sala. Negli scacchi la “mossa del cavallo” non è tanto imprevedibile (si sa come muova il cavallo sulla scacchiera e, prima o poi, il giocatore avversario se l’aspetta), quanto è risolutiva.
Qui di risolutivo non vediamo un bel niente, se non per la carriera di Beppe Sala.
Vediamo la volontà di Beppe Sala di abbandonare una nave alla deriva, il PD, che pure gli ha garantito una bella crociera, questa sì inaspettata dopo l’esperienza manageriale in Telecom e al Comune di Milano come direttore generale con Letizia Moratti.
Ma il PD non ha proprio niente da dire in proposito? Farsi scaricare a mezzo stampa nel pieno di una crisi non suscita un moto di orgoglio, un segnale di rivendicazione di meriti, una pulsione vitale? Niente. Come chiederanno ai loro elettori (che rischiano di raggiungere un numero ancor più esiguo dei lettori evocati da Manzoni ne I Promessi Sposi) di sostenere il candidato Sindaco Beppe Sala che non solo li ha tenuti con fiato sospeso sulla sua ricandidatura per mesi (pretendendo di scegliere i tempi e i modi della sua scelta), ma che ora pubblicamente dichiara di sentirsi turbato dai giochi correntizi di partito e si dichiara campione di una coalizione che non c’é, ma che, comunque, non riconosce alcun ruolo guida al PD (ma di cui cercherà voti, sostegno organizzativo e finanziario)?
Vediamo, ancora una volta, la volontà di Beppe Sala di “fare il fenomeno”, come diciamo a Milano perché i media (forse, per meglio dire, un medium) ne colgano e ne valorizzino l’originalità e la scaltrezza. Candidandosi come campione dei verdi europei egli cosa comunica ai verdi nostrani (che pure hanno da tempo un loro candidato Sindaco)? Che non sono all’altezza di accompagnarlo nell’esecuzione dei compiti storici che lo attendono? Che il verde del vicino è meglio del nostro? Che è più figo fare il verde europeo, più chic (o forse perché al Parlamento Europeo i verdi europei sono più numerosi che i verdi italiani nel nostro Parlamento)?
Ma se di equini si parla, non di mossa del cavallo, si tratterebbe, ma di mossa dell’asino, animale equino, appunto, senz’altro simpatico, ma pronto in ogni momento a tirar calci anche a chi lo ha nutrito fino a un attimo prima.
Pepito Sbazzeguti
(domenica 14 marzo 2021)