Una città “policentrica, responsabile e attrattiva”?
Sarebbe bene che nel sito del Comune ci fosse una scheda sul consumo di suolo, ovvero sulla utilizzazione artificiale del suolo, come è monitorato dal “Servizio nazionale per la protezione dell’ambiente”. Nell’ultimo rapporto del 2022, si scrive che Milano nel 2021 ha consumato 10.609 ettari di suolo (seconda città per consumo di suolo dopo Roma) e che il suolo consumato rappresenta il 58,3% del territorio comunale (terza città dopo Torino e Napoli), che l’incidenza delle aree verdi è il 40% (terza città dopo Torino 33% e Venezia 39%). Dati che confermano che il nostro sindaco è davvero un ecologista, ma immobiliare.
E l’assessore alla “degenerazione urbana” sparge per tutta la città una sua fotografia (con uno scenario che potrebbe essere ovunque, a Miami, a Chicago, a Doha, a Taipei ) in un anonimo piazzale con quattro alberelli: ce ne sono di più in piazza della Scala davanti Palazzo Marino. Ma la scritta la dice lunga: “Progettare Milano: FUTURO” una città policentrica, responsabile (che vuol dire?), attrattiva”, segue firma “Giancarlo Tancredi, assessore alla rigenerazione urbana”
Una città policentrica? senza mai fare riferimento e agire considerando l’area metropolitana?
Una città attrattiva per chi? Per i fondi di investimento che pagano gli oneri di urbanizzazione più bassi d’Europa. Certo che è attrattiva, non pagano nulla per gli investimenti pubblici nelle zone dove operano come per esempio a Porta Nuova dove come già detto opera il fondo di un Paese democratico e rispettoso dei diritti civili, soprattutto degli unici lavoratori presenti nel Paese, gli immigrati.
Di fatto si fanno regali ai fondi immobiliari, finanziari, bancari e assicurativi, e si potrebbe fare l’elenco dei favori fatti, seguendo l’Atlante delle “degenerazione urbana” del Comune di Milano.
Dove siamo finiti? Adesso non parlo della misera e fasulla politica ambientale del Comune di Milano, ma mi chiedo quale politica urbanistica ha seguito il PD a Milano, quali scelte urbanistiche ha compiuto il Comune di “sinistra”?
“La città che seduce i turisti e gli uomini d’affari, la città che demolisce le case popolari e costruisce appartamenti a prezzi inaccessibili”
Non sono le parole di un pericoloso estremista. Nel discorso alla città del giorno di Sant’Ambrogio, Monsignor Delpini ha parlato di «una città che corre, la città che riqualifica quartieri e palazzi, la città che fa spazio all’innovazione e all’eccellenza, la città che seduce i turisti e gli uomini d’affari, la città che demolisce le case popolari e costruisce appartamenti a prezzi inaccessibili. Dove troveranno casa le famiglie giovani, il futuro della città? Dove troveranno casa coloro che in città devono lavorare, studiare, invecchiare?».
Monsignor Delpini ha parlato anche di un’inquietudine che bussa «alle porte dei centri di ricerca dedicati all’organizzazione del lavoro che controlla la produttività e ignora gli orari della famiglia, che controlla l’ottimizzazione delle risorse e ignora la qualità di vita delle persone, che prepara strumenti per valutare la sostenibilità ambientale e ritiene secondaria la sostenibilità sociale. E gli altri? Come potranno vivere quegli onesti lavoratori che si ritrovano a fine mese una paga che non copre le spese che la vita urbana impone loro?».
Per inciso, mi ha stupito molto che sui giornali, dopo queste parole, sia stato subito archiviato il discorso dell’arcivescovo di Milano. Una volta si sarebbe aperto un dibattito per giorni e settimane, chiedendo interventi a esponenti della politica, dell’economia, dell’università, ecc. Adesso, silenzio e archiviare.
Il capitalismo predatorio della globalizzazione omologante
Non ho pregiudizi sul nuovo e sul moderno, sulla esigenza di costruire. Ma rifiuto l’anonimato omologato nella globalizzazzione: viviamo in una città con una storia, con una sua fisionomia sociale, culturale, ambientale, da migliorare, non da distruggere. Qualcuno ha cercato di spiegarmi che parlare di speculazioni edilizie è fuori luogo, è tipico di una sinistra arretrata e vecchia. Non al passo con i tempi. Magicamente, per la “sinistra di governo”, se non se ne parla, sparisce la speculazione edilizia. E così nessuno parla di speculazione edilizia, tanto più in una epoca in cui i fondi immobiliari, bancari e assicurativi, italiani e stranieri, la fanno da padroni, in una logica da capitalismo predatorio.
Veniamo da una scuola, per dirla con Settis, per cui “la qualità del paesaggio e dell’ambiente non è un lusso, ma una necessità un investimento sul nostro futuro” che influenza la “qualità della vita, la felicità degli individui e la ricchezza della vita comune”.Noi siamo la città dell’architettura moderna, di una scuola, che ha consegnato spazi di vita moderna, integrati con le caratteristiche storiche, architettoniche e del paesaggio urbano originali.
Quando sono stati demoliti degli edifici della Fiera di Milano, si è dato spazio alla più grande (allora) operazione immobiliare di Milano, e si è distrutta una parte della sua memoria, edifici moderni, unici, che erano l’emblema del talento e dell’ingegno della scuola milanese di architettura e di ingegneria. Demolire il Meazza, significa distruggere un pezzo di storia di vita e di costume dei milanesi, e anche l’emblema della natura di Milano: un edificio che è la sedimentazione di interventi che hanno integrato il passato nel presente, assegnandogli un futuro.
Ecco perché dobbiamo tutelare la architettura moderna di questa città, perché “una città senza memoria urbana è una città priva di personalità. Senza memoria urbana non c’è memoria storica. Senza memoria storica non c’è cultura”.*
Voglio dire in sostanza che l’urbanistica non è fatta di edifici, ma di uomini. Per un riformista, l’urbanistica ha un contenuto sociale, culturale, ambientale, di memoria del passato e di trasformazione sociale del presente con una visione migliorativa della vita futura dei cittadini di Milano e della sua area metropolitana. Se non si pensa alla umanità che deve vivere nel tessuto urbano costruito o da costruire, non si fa buona urbanistica, Per quali cittadini, sono fatte tutte queste operazioni immobiliari? Producono migliori condizioni di vita per tutti, creano del valore aggiunto che viene redistribuito?
Ora, tutti quegli interventi edilizi, quei piani di area, hanno dato a Milano una sua identità sociale, culturale, di memoria comune? Per dirla in poche parole, se non si crea giustizia sociale non si crea una giustizia ambientale, e se l’ambiente esterno all’intervento edilizio è degradato si crea ulteriore ingiustizia.
Ho la netta convinzione che l’insieme di quegli interventi sia stata gestita come espressione di un capitalismo ossessivamente predatorio alla ricerca dell’utile immediato, di quei capitali, indifferenti alla realtà locale e al contesto che li circonda. E tutto ciò in una epoca in cui si invoca lo Stato a calmierare i prezzi di mercato del gas e dell’energia, a intervenire di fronte alle distorsioni del mercato “libero”, della libera iniziativa, del libero commercio, della concorrenza. Non c’è qualche contraddizione?
E i cittadini, milanesi e non, che hanno abbandonato il “mercato tutelato” dell’energia, come prevedeva la legge, si trovano cornuti e mazziati dal continuo rinvio dell’entrata in vigore del “mercato libero”, in cui si vorrebbe imporre ai produttori il prezzo “amministrato”.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
Luigi Corbani
(giovedì 13 gennaio 2023)
*”Magadan, Orueta, Porta – Comunidad y patrimonio – in “La Vox”, Buenos Aires, 1985”, citato da Silvana D. Basile in “La valorizzazione del Moderno per una cultura della tutela” nel libro “La Milano moderna di Piero Bottoni 1954-2014 – Storia e attualità di un patrimonio architettonico e urbano”
Ottimo articolo, mi piacerebbe approfondire queste tematiche.
In un precedente intervento su Il Migliorista venivano elencati con precisione i dati relativi alle quote arbitrariamente assegnato ai diversi interventi edilizi avvenuti in Milano dopo l’insediamento del Sindaco Sala e si esprimeva una critica dura al suo personale e spregiudicato comportamento, chiaramente subordinato solo ad interessi immobiliari e finanziari. In ritardo esprimo la mia completa adesione a questa critica.
Nel 2015, alla vigilia della prima elezione di Sala, avevo scritto un testo, (in internet alla voce Alberto Secchi architetto e nel sito http://www.inulombardia.it) da cu stralcio il seguente brano:
“La riflessione su quanto è avvenuto negli ultimi quindici – vent’anni e ancora sta avvenendo nelle trasformazioni della città di Milano – non può essere intesa solo come un impegno culturale ma, mi parrebbe evidente, dovrebbe essere, soprattutto in questo periodo preelettorale, qualcosa di più, non oso dire un inizio di mobilitazione politico-culturale, ma almeno un tentativo di scompigliare le carte di questa “politica d’accatto”, che chiede quasi supplichevolmente di essere rappresentata da personaggi estranei a qualsiasi movimento d’idee (dovrei dire a una qualsiasi linea politica), buoni solo, forse, per una gestione ragionieristica delle risorse, incapaci di guardare avanti in un futuro che non è imperscrutabile solo che lo si voglia vedere; personaggi che, è facile prevederlo, saranno in balia delle suggestioni che in luoghi del mondo degli affari, ma anche della cultura, si avrà cura di allestire.”
Quello che succede oggi era prevedibile fin d’allora, anche se il futuro Sindaco, reduce dall’avventura EXPO, si presentava con un’aureola di efficientismo e pragmatismo che sembrava una garanzia.”
Quindi tu fai bene, sul versante prettamente politico, a denunciare le responsabilità del Sindaco e di una maggioranza subordinata alla sua linea.
Ora con questo intervento de Il Migliorista “La degenazione urbana” si prospettano – come io auspicavo – indirizzi di gestione urbanistica alternativi alla politica attuale di questa amministrazione, cioè del Sindaco ma anche di chi lo sostiene.
Io non posso quindi non essere d’accordo con questa iniziativa che affronta finalmente sostanziali questioni di contenuto, che sono per me condizioni per l’adesione a una linea politica.
Per restare nell’ambito delle cause e degli effetti prodotti dall’attività di questa Amministrazione cito anche un pezzo che avevo scritto sempre in risposta al citato precedente articolo su Il Migliorista, un testo che per pigrizia non ho inviato.
“Questa Amministrazione, vende la quantità e di conseguenza la indiscriminata densificazione, come un “risparmio di spazio” e quindi come un primario ed esaustivo valore ambientale, mentre invece, dove il suolo è scarso, la densità dovrebbe intendersi come una possibilità da utilizzare scegliendo con oculatezza quali funzioni privilegiare per far funzionare meglio la città e renderla più utile e abitabile.
L’idea di densificazione gradita al Sindaco riduce la permeabilità del suolo, aumenta l’inquinamento e realizza luoghi dove abitare (vedi Cascina Merlata, venduto come esempio di “architettura neo milanese”), ove l’aria non circola fra volumi estremamente addensati e il sole sfiora a malapena le finestre delle abitazioni. Questa ideologica e indiscriminata concezione della densificazione moltiplica i costi d’uso della città, rallenta il traffico e consuma il tempo di chi per necessità la percorre, comporta costi sempre maggiori per l’adeguamento del sistema dei trasporti, produce una città sempre più costosa per chi ci vive e quindi più selettiva, che emargina i vecchi e i poveri – la povertà ormai riguarda anche una parte rilevante della borghesia -, una città sempre più usata da una popolazione instabile, che spera solo di poter andare a trascorrer un pezzo di vita altrove e da una popolazione di uomini d’affari in transito”.
Milano e divenuta bulimica vuole tutto dentro di se, invece di essere promotrice di una politica territoriale d’area vasta che valorizzi le peculiari qualità di un territorio, quello lombardo, fatto di una molteplicità di centri urbani tutti strettamente connessi ad un caratteristico intorno produttivo, un valore che deve essere confermato e potenziato nelle sue già evidenti capacità di autogestione, che non ha bisogno di una “capitale egocentrica” ma di un capoluogo che interagisca col territorio in modo integrativo e collaborativo.