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La degenerazione urbana (3)

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Il costo delle case e la fuga da Milano

Le considerazioni di Piero Oldani trovano conferma in un articolo di Gino Pagliuca sul “Corriere della Sera” dell’11 gennaio 2023.

“Più di 13 anni senza toccare un centesimo dello stipendio. Questo è quanto, in teoria, servirebbe per comprare una casa da 85 metri quadrati a Milano disponendo di uno stipendio medio. Lo dice uno studio di Tecnocasa che, mettendo a confronto la retribuzione media e il costo medio a metro quadro nelle principali città ricava che nel capoluogo lombardo servono 13,2 annualità di stipendio, a fronte di una media di 6,9 anni. Il calcolo avviene sulla base di un prezzo medio a metro quadrato computato nel 2022 a 4.138 euro… Nel 2008, che in termini reali rappresenta ancora oggi l’anno con i prezzi immobiliari più alti in Italia, Roma prevaleva su Milano: 14,8 contro 14 annualità, ma il distacco si è progressivamente ridotto nel decennio successivo, fino al deciso sorpasso da parte della nostra città, dove, a differenza del resto del Paese, i prezzi sono in salita ormai da cinque anni.

Naturalmente dati come questi sono solo un esercizio statistico ma resta il fatto incontrovertibile per chi consulti una qualsiasi altra fonte attendibile di mercato che Milano ha di gran lunga i prezzi più alti d’Italia e che questo crea in prospettiva problemi di non poco conto perché la città, che non è solo quella della narrazione che la descrive abitata da professionisti, dirigenti e giovani rampanti della moda, del design o del web, potrebbe rivelarsi sempre meno attrattiva per chi svolge lavori fondamentali ma retribuiti modestamente. Un esempio per tutti: gli infermieri.

Si potrà obiettare che l’ipotesi considerata dalla studio è quella, minoritaria sul mercato, di chi compra casa pagandola tutta e subito. Ci sono due strade prima di scegliere il pendolarismo e cioè l’acquisto con il mutuo o l’affitto. Ma oggi a Milano si rischia di cadere, come si suol dire, dalla padella alla brace. Tenendo per buona la media calcolata da Tecnocasa emerge che la casa tipo costerebbe poco meno di 352mila euro. Per comprarla con un mutuo servono almeno 80 mila euro in contanti, considerando il 20% del prezzo e le spese accessorie e un mutuo da 270 mila euro, che a 30 anni oggi costa circa 1.250 euro al mese, una cifra compatibile con un reddito mensile di oltre 3.000 euro, decisamente non alla portata di tutti. Né va meglio con l’affitto; secondo l’ultimo report di immobiliare.it, aggiornato a fine dicembre 2022, il canone medio per una casa da 85 metri quadrati in città è pari a 1.778 euro al mese. Siccome il reddito medio calcolato da Tecnocasa è di 2.250 euro circa al mese una volta pagato l’affitto, si riuscirebbe a malapena a mettere insieme pranzo e cena.”

Da quando non si costruiscono case di edilizia economica e popolare ?

Una ulteriore domanda: da quando l’ente pubblico non costruisce più nulla? Da quando non si costruisce una casa popolare da parte del Comune?

E da quando il pubblico vende tutto il patrimonio immobiliare?

E perché vendere le sedi storiche del Pirellino, sede del Comune, o dell’AEM in corso di Porta Vittoria o il Palazzo dello Sport (oggi chiamato delle Scintille) in piazza VI Febbraio?

Perché non sono i temi sociali o culturali che interessano il Comune di Milano, ma la finanza e la proprietà privata immobiliare.

Ne è una conferma il comunicato della Giunta del 30 dicembre 2022 sull’area dell’ex ippodromo del Trotto: “È stato adottato dalla Giunta il Piano attuativo obbligatorio “PA7 Trotto”, che nei prossimi mesi sarà disciplinato dalla convenzione tra il Comune e la società Prelios SGR SpA per conto del Fondo immobiliare denominato Invictus, per arrivare poi, a inizio 2024, all’apertura dei cantieri. Lo sviluppatore dell’operazione è la società che opera nel settore immobiliare Hines Italy.. L’intervento porterà alla nascita di un nuovo quartiere residenziale, in gran parte costituito da housing sociale, ovvero residenze in locazione a canone convenzionato, frutto di accordi con il Comune di Milano, in forza dei quali saranno realizzati circa 700 alloggi a canoni sociali medi di 120 euro/m annui. Canone che equivale mediamente a circa 600 euro mensili per un ampio bilocale.”

Una parziale buona notizia dunque (le case ad affitto calmierato), anche se è meglio aspettare che la cosa diventi concreta. Ma che bisogno c’è di dire una cosa non vera, e cioè che   il nuovo quartiere residenziale sarà “in gran parte costituito da housing sociale”? Il quartiere a ridosso dello Stadio di San Siro – secondo i dati del Comune – sarà composto di“residenza libera pari a mq 46.041 e contempla altresì la nuova edificazione di mq 43.378 per servizi abitativi sociali in locazione…Esternamente all’anello verde e localizzati in ambito nord sono presenti ulteriori edifici di altezza maggiore”  ai nove piani della residenza): infatti nel rendering si vedono quattro torri.

Prelios e Hines Italia sono impegnate anche a Sesto sulle aree ex Falck, e guarda caso, fino a marzo 2022, Giuseppe Bonomi, oggi advisor del Milan spa, era amministratore delegato di MilanoSesto spa che gestisce le aree: di questa società, sul suo sito, non vi è traccia di composizione del Consiglio di amministrazione, della composizione del pacchetto azionario, degli emolumenti ai dirigenti: insomma tutto quello che nei siti va sotto il nome di “amministrazione trasparente” non esiste.

Comunque, il problema della casa a Milano sembra che per il Comune non esista.

Si noti che “La più aggiornata (2021) radiografia amministrativa sulle case popolari di  San Siro racconta che sui 5.996 alloggi popolari dell’Aler, 1.416 sono stati venduti, e che della quota di 4.285 appartamenti riservati all’affitto, 2.521 sono assegnati, 785 occupati abusivamente, 101 sfitti, 572 in manutenzione e 12 in vendita. I residenti in quelle case sono per la maggior parte italiani (1.966, rispetto a 577 stranieri) mentre tra gli occupanti abusivi gli stranieri (673 case) sono la maggioranza.” Il che significa che il degrado sociale, e quello edilizio e urbanistico vanno di pari passo con i problemi della sicurezza e della legalità.

Ed è evidente che, di fronte a questi numeri,  non si risolvono i problemi con gli sgomberi, se non si trovano alloggi popolari per recuperare in un quadro di legalità gli attuali abusivi. Non sono riuscito ad avere il numero totale di occupazioni  abusive a Milano e il numero di case sfitte, sia nel mercato privato che in quello pubblico. Ma, andando a vedere il quartiere Sant’Ambrogio,  residenti sono stupiti dal numero di alloggi sfitti, non assegnati dalla MM, che ha in gestione il quartiere. Perché rimangono sfitti?

“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”

Luigi Corbani

(venerdì 13 gennaio 2023)

1 thought on “La degenerazione urbana (3)”

  1. Piero Baracchi ha detto:
    Gennaio 16, 2023 alle 5:33 pm

    Il PNRR poteva essere una occasione per realizzare interventi di edilizia popolare con finanziamenti europei. La Regione e il Comune hanno fatto qualcosa in proposito?

    Rispondi

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