“Oggi un veleno si sta insinuando nella nostra vita quotidiana e intacca le radici della democrazia”: è un passaggio di una bella intervista del Presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti su “La Repubblica”. Sono due pagine di riflessioni umane, sulla politica e sulla società, raccolte da Dario Cresto-Dina, che meritano di essere lette e incorniciate.
Grazie all’opera lungimirante di Guzzetti, in questi anni la Cariplo ha sostenuto e promosso centinaia, migliaia di organizzazioni del Terzo settore, che fanno della Lombardia la regione d’Europa più avanzata in termini di solidarietà. Enti e associazioni, di varia natura, con forme giuridiche diverse, senza scopo di lucro, che hanno operato, nell’assistenza, nella cultura, nella edilizia, per i bambini, per i giovani, per gli anziani, per le donne, per i poveri.
Il senso dell’altruismo, dell’impegno solidale di queste entità ha fatto da contraltare a modelli di egoismo sociale, di individualismo, di “arricchimento senza causa” a danno di tutti gli altri, di carrierismo, di lavoro senza fatica, di “bella vita” (denaro, sesso, e tempo senza qualsiasi attività lavorativa), di studio senza impegno individuale.
Ma ecco che, come regalo avvelenato, la maggioranza giallo nera ha inventato con una legge (dal nome fasullo di “spazza corrotti”) una nuova forma di persecuzione: guai alle organizzazioni del Terzo settore, che abbiano anche una sola persona nei loro organismi che abbia avuto una esperienza politica.
“Sono equiparate ai partiti e movimenti politici le fondazioni, le associazioni e i comitati (…) i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero persone che siano o siano state, nei dieci anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali ovvero che ricoprano o abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo al livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali per esservi state elette o nominate”.
Quindi per il terzo settore scattano obblighi di certificazione dei bilanci pari a quelli dei partiti politici, il tutto per prevenire fenomeni di corruzione. E sì! Perché secondo il teorema Davigo e 5S, dove c’è un politico, c’è corruzione.
Come dice Ilaria Borletti Buitoni, in una intervista al “Corriere della Sera, raccolta da Elisabetta Soglio, “chi ha fatto politica ha il virus della corruzione”.
Purtroppo, però, questa idea della politica come portatrice di corruzione, assunta in maniera indiscriminata, non è solo delle 5S. Viene da lontano, anche da chi ha pensato di parare la demagogia giustizialista, mettendo nei moduli per aprire conti correnti la “Dichiarazione di appartenenza/non appartenenza a categorie di soggetti politicamente esposti”.
La verità drammatica è che le forze democratiche e di sinistra non hanno mai fatto i conti con la campagna mediatico-giudiziaria dell’antipolitica, che viene da lontano. Dalla vicenda di “Mani pulite” alle dirette televisive sugli arresti ordinati dai pubblici ministeri alle campagne sulla “casta”, sul rapporto politica, etica e giustizia, è sempre stato un boffonchiare di frasi fatte sulla giustizia, sulla magistratura, confondendo sempre i magistrati inquirenti con quelli giudicanti. Alla fine, i (pochi) difensori dello Stato di diritto sono stati sconfitti e sopraffatti da logiche, affermazioni e azioni demagogiche e illiberali, delle quali questa vicenda del “politico” nel terzo settore ne è l’ennesima manifestazione. Le urla da stadio “Il politico deve morire”, quando non i nodi scorsoi, sono apparsi nelle aule parlamentari come sui mezzi di comunicazione, facendo di tutta un’erba, un fascio.
La cosa che stupisce è la reazione flebile e incerta delle forze intellettuali e politiche democratiche. Siamo in presenza di leggi liberticide, che trasformano la politica in reato – per dirla con Claudio Cerasa del “Foglio” – aggredendo diritti costituzionali.
La vergogna è che quella legge è stata votata da un partito che ha rubato 49 milioni allo Stato italiano, Lega che ha introdotto anche una norma “ad Legam”: infatti nelle cause in corso in alcune Regioni a carico di leghisti imputati per le “spese pazze”, gli avvocati difensori, facendo il loro mestiere, hanno chiesto, in base a quella legge, la derubricazione dei reati da peculato a “indebita percezione di erogazioni da parte dello Stato”, che comporta pene meno severe.
La vergogna è che quella legge non introduce nessun obbligo di trasparenza per la Casaleggio s.r.l. che controlla un partito e due gruppi parlamentari con regole chiaramente incostituzionali. Quindi nessuna forma di controllo su una società privata che gestisce anche la piattaforma Rousseau, pagata obbligatoriamente da deputati e senatori grillini, un sistema informatico considerato molto, molto deficitario sul piano della sicurezza dalla Autorità della Privacy e sanzionato con multe. E del resto i Presidenti delle Camere si sono ben guardati dall’affrontare il problema di incostituzionalità dei regolamenti dei gruppi parlamentari delle 5S, che considerano deputati e senatori dei “portavoce” del duo sovrano Di Maio-Casaleggio.
“La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi. Buonanotte, e buona fortuna”
Luigi Corbani