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La partitocrazia e l’interesse del Paese

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La cosa che appare evidente è che gli azionisti del patto di governo agiscono per interesse di partito e non certo per l’interesse del Paese. Questo è il governo del “cambiamento in peggio”. Partitocrazia per eccellenza, ma anche questo è un termine desueto: serviva solo a combattere la “casta”. Adesso che abbiamo i danni di un mero interesse di partito superiore a quello del Paese, il termine non è più di moda.

La visita del vicepremier Dibì a un “gilet jaune”, eversore, golpista, è solo per cercare alleanze per le elezioni europee. Non gli importa nulla di commettere uno “sgarbo” politico e diplomatico nei confronti del Presidente di un Paese  dove esportiamo oltre 40  miliardi di beni e da cui importiamo 30 miliardi di prodotti,  con un saldo attivo di 10 miliardi (dati gennaio- ottobre 2018, del Ministero degli esteri italiano)   Cosa volete che interessino ai grillini gli investimenti francesi in Italia, i dossier Alitalia, Fincantieri, TAV, ecc. ?   Che volete che interessi a Dibì e Dibà  la necessità di avere una intesa  con i francesi per una politica del Mediterraneo, della immigrazione e per un rafforzamento dell’Europa? C’era anche un accordo con la Francia preparato dal precedente governo, lasciato cadere da questi incapaci partitòcrati, che poi mandano i loro servetti in televisione a lamentarsi dell’accordo Francia-Germania. Incapaci e  imbroglioni.

Quello che conta per loro è il voto delle elezioni europee e le alleanze a Strasburgo per avere più soldi e più personale per il gruppo al Parlamento europeo, adesso che il loro gruppo si scioglie con la Brexit  (il capogruppo delle 5 S è quel gentiluomo di Nigel Farage, promotore della “Indipendenza del Regno Unito”) : come vedete sono onestamente disinteressati alle esigenze dell’Italia.

Così per il soggetto nero della compagnia, è più importante un comizio in Abruzzo che il vertice europeo dei Ministri dell’Interno della UE del 6-7 febbraio a Bucarest, convocato dalla presidenza rumena per discutere delle politiche europee sull’immigrazione e della riforma di Dublino.  Ma tanto gli altri Paesi europei sono abituati alle assenze del truce gradasso: anche al Parlamento europeo, alle 22 riunioni sulla riforma del regolamento di Dublino, , né lui né un altro della Lega ci sono mai andati. Su nove vertici convocati  per discutere la riforma di Dublino,  gli altri colleghi Ministri dell’Interno  hanno avuto il piacere di vederlo una sola volta, a una riunione informale a Innsbruck: di fatto, a giugno 2018,  l’Italia ha fatto saltare la proposta del Parlamento europeo e della Commissione europea di riformare il regolamento di Dublino, che prevedeva la distribuzione dei rifugiati in tutti i Paesi europei e il taglio dei fondi europei a quei Paesi che non avessero accettato tale ripartizione.   Cosa volete che importi a lui questa riforma del regolamento di Dublino? Per lui importante è fare il duro che chiude i porti e che non molla, “la Stato sono io e sono al di sopra della legge, perché ho il consenso popolare”: così gli elettori lo votano perché sono stufi di avere le “invasioni” degli africani, mentre a loro  vanno bene le badanti ucraine, moldave, peruviane in “nero” o a loro va bene che non sia cambiato nulla nelle strade, con la stessa microcriminalità e lo stesso racket della droga, della prostituzione, della contraffazione, che c’era prima del governo giallo nero.

Ma ai giallo neri  cosa volete che importi di essere isolati in Europa, e di vedere il nostro Paese considerato nel mondo  poca cosa, di fronte alla vicenda del Venezuela?  Quello che conta per il nero della Lega è il rapporto con Trump, Bannon e dintorni e il voto dei 96.000 venezuelani  (che votano per le politiche italiane), che sembra stiano per la gran parte con Guaidò. Quello che conta per i gialli delle 5S è il rapporto con Putin. Nel giugno 2016 le 5S vanno ospiti al congresso di “Russia Unita”, il partito di Putin,  dove l’attuale Sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri, il consulente informatico Manlio Di Stefano, viene fatto parlare “per primo tra gli ospiti dei partiti stranieri amici, segno della grande considerazione da parte del regime russo verso la forza politica di Grillo e Casaleggio”. Vi ricordate cosa succedeva sulla stampa italiana e sui media quando il Pci andava ai congressi del PCUS: “subalterni alla casa madre” e il famoso “fattore K” erano termini ricorrenti. I tempi cambiano, anche per la stampa e per i media.

C’è anche una divertente concomitanza: nel marzo 2017 Sergej Železnjak, numero due di “Russia Unita”, e presidente della Duma, dichiara che è in atto un dialogo attivo con le 5S su temi legati al mondo giovanile, in particolare ai social network, mentre una delegazione delle 5S, con a capo Dibà, è nel Venezuela di Maduro. Pura coincidenza, ovviamente, non state a pensare male.

Ora, è evidente che  il Presidente della Repubblica sia infastidito da questa situazione, ma al punto in cui siamo, e ne va degli interessi del Paese, sarebbe bene che compia qualche atto formale forte: convochi il Primo Ministro  e anche i ministri,  visto che, su proposta del Presidente del Consiglio, li nomina lui.  È anche vero che di fatto sono stati i due vice primi ministri a indicare il primo ministro, ma questo non toglie che nella forma è il Presidente del Consiglio, responsabile dell’indirizzo del governo. Se non sono capaci o non sono in grado, lui e il Ministro degli esteri, di assicurare una dignitosa presenza dell’Italia, ripeto dell’Italia, sullo scenario internazionale, abbiano il senso di rispetto delle istituzioni e la dignità personale di farsi da parte

Luigi Corbani

 

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