Le elezioni locali del 2 maggio nel Regno Unito suggeriscono alcune considerazioni.
Primo. Trovo più che legittima l’indignazione di Valerio Tura e di tanti altri che su Facebook sollevano il problema della pessima “informazione” data sui media italiani a queste elezioni. Si conferma che i media (televisione pubblica, televisioni private e giornali) sono una parte rilevante del problema italiano. Salvo pochissime eccezioni, da venti giorni, siamo subissati di pagine e di servizi sulla tragica farsa 5S-Lega-Siri. Non contenti, non ci fanno mancare il quotidiano comizio del segretario della Lega, in permanente campagna elettorale, che, tra il filo spinato di Orban e il discorso dal balcone di Forlì, non ha il tempo di predisporre un vero piano di sicurezza: parla dei grembiulini a scuola, mentre sparano a una bambina a Napoli. Forse ho visto troppe volte “The Post”, ma i giornali, a mio parere, dovrebbero tutti i giorni chieder conto a Salvini di come fa il Ministro dell’Interno e chi paga i suoi comizi. E che dire delle due altre teste di Cerbero, che riempiono i giornali del loro vuoto intellettuale e politico. Intanto in Libia, come in Venezuela o in Europa, non contiamo nulla. Ma di questo i giornali, le televisioni parlano poco o niente.
Secondo. Le elezioni nel Regno Unito, sia pure locali, non avevano poca importanza, in mezzo al grandissimo pasticcio della Brexit. Ma la cosa non interessa né ai giornali né alle forze politiche italiane. Sentite parlare in campagna elettorale di Europa o dei danni della Brexit ? Ma forse quel voto dà fastidio ai sovranisti nostrani, agli amici di Farage e Corbyn. I grandi sconfitti sono i conservatori, seguiti a ruota dai laburisti e dagli antieuropeisti dell’UKIP. Avanzano i Verdi, che sono europeisti. I grandi vincitori delle elezioni sono i Liberal Democrats (Lib Dems) che fanno un 19% di consensi, ovvero un più 8%. I LibDems sono il risultato della fusione tra il partito liberale e il partito socialdemocratico, iniziata con una intesa elettorale nel 1981: oggi appartengono alla famiglia dei liberaldemocratici europei, all’Alde di cui è parte, per l’Italia, “+Europa”.
Come si vede, dunque, acquistano spazio le forze europeiste, non certo i sovranisti e gli antieuropei. Anzi, alle europee si ipotizza che il fronte antiBrexit si dividerà i voti tra Conservatori, Brexit Party di Farage (attuale alleato in Europa delle 5s) e UKIP: cambiando l’ordine dei fattori, il risultato non muta.
Detto questo, appaiono sempre più ridicoli quelli che presentano il voto delle europee in relazione alla situazione italiana : il voto alla Lega e alle 5S è un voto a perdere, un voto per non contare nulla in Europa. L’obiettivo delle forze europeiste italiane dovrebbe essere quello di conquistare i voti “ a perdere” delle 5S e della Lega, oltre che dei non votanti del 4 marzo 2018.
Il voto che conta è alle forze che si rifanno alle grandi famiglie politiche europee, popolari, socialisti e liberaldemocratici: solo così l’Italia può contare qualcosa in Europa. E da tutte le votazioni (in Spagna, Slovacchia, Finlandia e Regno Unito) la cosa evidente è che si va verso un assetto politico europeo per cui la destra estrema e la sinistra estrema si equivalgono con circa il 15-20% dei voti, ciascun raggruppamento. Il 60-70 % dei voti si concentra su popolari, socialisti e liberal democratici. Quest’ultimi sono in ascesa in quasi tutti i Paesi, ed è anche per questo che è miope politicamente ed elettoralmente la lotta per non far prendere il quorum a “+Europa”. Ed è ancora più assurdo nel momento in cui il voto inglese ha dimostrato che perfino nella patria del dualismo partitico è finita l’epoca del bipartitismo o del bipolarismo.
Terzo. Tentare di ingabbiare la politica nelle leggi elettorali non funziona. Persino nel Regno Unito, ormai, siamo in presenza, e non da oggi, di un sistema politico pluralistico.
Se conservatori e laburisti accentuano le posizioni estremistiche, gli uni a destra, e gli altri a sinistra, al centro si vengono a formare forze politiche che si collocano, su posizioni moderate, conservatrici, riformiste, liberal democratiche. Ed è quello di cui avrebbe urgente bisogno l’Italia: da una parte, una Forza Italia più consistente in grado di frenare la deriva reazionaria a cui Salvini sta portando la Lega; dall’altra, una “+Europa” più forte per liberare dalle contraddizioni interne un PD che non può conciliare al suo interno riformismo e massimalismo, estremismo e liberal democrazia e rischia di perdere ulteriori consensi nel grande pozzo dell’astensionismo.
Con quattro sistemi elettorali in venticinque anni, abbiamo avuto una presunta stabilità di governo, ma una continua instabilità politica, perché all’interno di ciascun schieramento elettorale vi erano una pluralità di posizioni, non mediate dalla politica, ma accettate dalle convenienze elettorali.
Ma prima o poi la politica prende la rivincita, in particolare modo quando c’è una artificiosità dei sistemi elettorali. E allora bisogna tornare a fare politica, senza formule o formulette. In mare aperto, con tutti i rischi che comporta.
“Le colpe, caro Bruto, non sono nelle nostre stelle, ma in noi stessi”. Buona notte, e buona fortuna.
Luigi Corbani